attualità, lavoro

"Se lo stagista sta perfino dal benzinaio", di Bruno Ugolini

L’Italia ribolle.Non c’è solo la tensione politico sociale che accompagna l’operato di un governo intento a difendere i propri privilegi di casta. Non c’è solo l’assillo di una mancata operazione umanitaria che dovrebbe accompagnare l’esodo dalle terre africane. C’è anche lo scoppio di grandi irrisolte questioni sociali. Già il movimento delle donne è sceso in piazza per rivendicare e consolidare un ruolo di autonomia e libertà, con lo slogan «Se non ora quando». Ora, su questa falsariga, senza la paternità dei partiti politici, occupa la scena il popolo dei precari. Quelli organizzati dalla Cgil «non più disposti a tutto»,ma anche quelli che si sono dati appuntamento per il 9 aprile in tutta Italia. Il loro slogan stavolta è «Il nostro tempo è adesso». L’appello è firmato da una schiera di «atipici». Tra gli altri: l’archeologo Salvo Barrano, il portuale Pierpaolo Pirisi, il ricercatore Luca Schiaffino, l’avvocato Alessandro Pillitu, l’operatore call center Francesco Brugnone. Denunciano una situazione insostenibile. Ha accompagnato questo movimento l’illustrazione di tre proposte di esponenti del Pd (Stefano Fassina, Cesare Damiano, Fausto Raciti). Il ricorso ai precari, si è convenuto, rappresenta un danno per la produttività e l’efficienza del Paese. Alcune indicazioni riguardano gli stage (ora usati anche alle pompe di benzina e dai tabaccai, come ha testimoniato Eugenia Voltolina). Tra le misure: limite di 9 mesi, contratto scritto, borsa di studio e rimborsi. L’intento è quello di arrivare a una «precarietà zero».Con una escalation propositiva che riguarderà anche uno Statuto del Lavoro Autonomo (sarà presentata il 18 aprile a Milano), per concludersi a settembre con una Festa nazionale del lavoro. Cento rivoli, dunque, di un movimento che precede e contribuisce allo sciopero generale organizzato dalla Cgil per il 6 maggio. Uno sbocco necessario, da sostenere senza esitazioni, più che indugiare nelle polemiche (8 ore si 8 ore no). Oltretutto perfino chi «possiede» un contratto «stabile» non riesce a rinnovarlo. Come dimostrano le recentissime cifre dell’Istat: 7 milioni di lavoratori sono in questa condizione malgrado le esultanti dichiarazioni di chi, due anni fa, nel 2009, varava un assetto contrattuale senza l’impaccio della Cgil. Avrebbe dovuto inaugurare una nuova era. Non è così, come ha dimostrato anche lo sciopero dei trasporti. Per non parlare dei problemi occupazionali messi in mostra a Roma nella manifestazione Cgil mirata a una «rinascita fondata sul lavoro». Mentre nel pubblico impiego – dove permane un blocco perfino della democrazia sindacale – oggi ci si lamenta per le sentenze che danno ragione ai precari e impongono costose stabilizzazioni. Verrebbe voglia di dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso. Invece di prendersela – anche in questo caso – con i giudici sovversivi.

L’Unità 04.04.11

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“I giovani contro la precarietà. Sabato in piazza in tutta Italia”, di Federico Pace

Il 9 aprile manifestazioni nelle grandi metropoli e nei piccoli centri. Ma anche all’estero. Ci saranno i ricercatori e gli addetti dei call center. I neoimprenditori e gli operatori dello spettacolo. Chiedono più diritti e opportunità. E dicono: “E’ arrivato il tempo per un’azione comune, perché ormai si è infranta l’illusione della salvezza individuale”. Il tempo è adesso. I giovani non vogliono più aspettare. Sabato 9 aprile saranno nelle piazze e nelle strade per manifestare e chiedere maggiore attenzione e più diritti. Per dire ai politici e ai decisori che è arrivato il momento di affrontare davvero la questione giovanile. Una questione che tutti riconoscono come indissolubilmente legata alla ricchezza di una nazione, ma per cui ancora nessuno, nel nostro Paese, ha fatto davvero qualcosa di rilevante.

Gli appuntamenti si terranno in tutta Italia, nelle grandi metropoli e nei piccoli centri. A Roma si annuncia una street parade che andrà da piazza della Repubblica fino al Colosseo. Lungo il percorso ci saranno rappresentazioni e “scene” delle situazioni emblematiche della precarietà. A Napoli un corteo si muoverà da piazza Mancini fino a piazza del Gesù. A Milano l’evento si terrà nel primo pomeriggio alle Colonne di San Lorenzo vicino Porta Ticinese. A Torino a piazza Vittorio alle 15. A Genova l’appuntamento è invece previsto per le cinque del pomeriggio a via San Lorenzo. Ma non solo. Manifestazioni sono annunciate anche a Parma, Modena, Lecce, Catanzaro, Siracusa e Cosenza. E anche Bari, Lodi e Bergamo.

Dai ricercatori ai call center. Tutto ha preso le mosse dal comitato “il nostro tempo è adesso” (www. ilnostrotempoeadesso.it) 1 e dal manifesto redatto dai quattordici promotori. Tra loro ci sono realtà, associazioni
e reti sociali che rappresentano buona parte degli universi che stanno pagando a più caro prezzo le trasformazioni dei rapporti e delle condizioni del mondo del lavoro. Trasformazioni acuite ancor di più dalla crisi di questi ultmi anni. Gli interinali, gli stagisti, i ricercatori precari e quelli che non ce la fanno più a rimanere in Italia e se ne vanno all’estero per avere una chance all’altezza delle proprie competenze e ambizioni. Ci sono gli operatori dello spettacolo, quelli che lavorano nei call center, gli archeologi, i giornalisti precari e anche i giovani imprenditori. Spesso ragazzi talentuosi a cui vengono negate le occasioni e le opportunità a cui hanno diritto.

La risposta dall’estero. Oltre a quelli già in calendario, in queste ore si stanno aggiungendo molti altri appuntamenti. Non solo in Italia. Il tam tam è arrivato oltre i confini nazionali e la voglia di partecipare è stata espressa anche da chi si trova lontano. Da chi conosce bene, per averlo vissuto sulla propria pelle, il mancato riconoscimento del talento. A Bruxelles, nel cuore dell’Europa, ci saraà una manifestazione. E in questi giorni si stanno prendendo accordi per simili avvenimenti anche a Londra e Washington, due delle mete più frequenti per i “cervelli” in fuga dal Belpaese. Tante, inoltre, sono state le adesioni alle manifestazioni del 9 aprile da parte di figure di rilievo. Dal sociologo Luciano Gallino all’attore Ascanio Celestini. Dallo scienziato Giorgio Parisi a Dario Fo.

I diritti negati e il rischio “generazione perduta”. Le questioni in ballo sono tante. I giovani chiedono il rispetto del diritto allo studio e del diritto alla casa. L’attuazione di politiche che prevedano redditi di sostegno e un welfare anche per chi ne è rimasto per troppo tempo escluso. Sentono di avere anche loro bisogno di “realizzare la propria felicità affettiva”. Oltre, ovviamente, a reclamare forse il diritto più essenziale di tutti: il diritto al lavoro. Nell’ultimo Quarterly Review della Commisione europea viene sottolineato come tra i più grandi paesi membri il tasso disoccupazione giovanile sia cresciuto in particolare in Spagna, Polonia e più marcatamente in Italia e nel Regno Unito. Gli autori del rapporto hanno richiamato l’attenzione, ancora una volta, sul fatto che la mancanza di lavoro per i più giovani rimane una sfida cruciale e hanno lanciato l’allarme riguardo le preoccupazioni crescenti del potenziale rischio di una “generazione perduta”.

Originalità e ironia. Le iniziative di sabato nelle diverse città si annunciano originali nelle forme. D’altronde nell’avvicinamento ce se sono stati già alcuni assaggi. Il 17 marzo a Roma, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è stato improvvisato un flash mob alla Galleria Alberto Sordi. Qui un guardiano “maturo” davanti a una porta tricolore impediva l’ingresso ai giovani. Sempre a Roma, a Via Condotti, si è tenuto un altro flash mob, con dei ragazzi in corteo ciascuno con una sedia con la scritta “se la sedia è il benefit ce la portiamo noi”. Il tutto difronte alla sede di una società romana che aveva diffuso un’offerta di stage in cui proponeva come benefit sedia e postazione internet.

Nel manifesto del comitato i promotori scrivono che è arrivato il tempo per “un’azione comune, perché ormai si è infranta l’illusione della salvezza individuale. Per raccontare chi siamo e non essere raccontati, per vivere e non sopravvivere, per stare insieme e non da soli”. Dopo il grande movimento che ha attraversato l’università e le scuole italiane, sembra forse arrivato per i giovani il tempo di una più decisa voglia di partecipare, di raccontarsi, anche con autoironia, e di riappropriarsi di tutto quello che, fino ad ora, gli è stato negato.

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