attualità, lavoro, politica italiana

"Ribellarsi all’instabilità", di Luciana Cimino

I giovani precari prendono la parola. Lo faranno sabato 9 aprile manifestando in tutto il Paese. «Il nostro tempo è adesso», lo slogan. Iniziative senza bandiere politiche in quasi trenta città. Una generazione espulsa dalla vita produttiva e sociale del paese che vuole riprendersi la scena pubblica. Sono respinti dal mercato del lavoro, che quando li accetta lo fa solo a condizioni paraschiavistiche, sono impossibilitati a formarsi una famiglia, ad avere una casa, a coltivare passioni e sogni. Non hanno uno stipendio e non avranno una pensione. Sono i precari italiani. Un’intera generazione, ma c’è chi dice siano due (se si includono tutti quelli che il posto lo hanno perso causa crisi), finora silente ma che adesso si compatta dietro l’appello lanciato in rete dal comitato «Il nostro tempo è adesso» e scende in piazza. Anzi, nelle piazze. Il 9 aprile a Roma, (dove è prevista la manifestazione principale con un corteo che partirà alle 14 da piazza della Repubblica destinazione Colosseo) così come a Milano, Torino, Firenze, Napoli, Palermo, Catanzaro. E in altre 28 città italiane. Ma anche Bruxelles e Washington. Una mobilitazione che è nata dal basso e che vuole rimanere senza “padrini”. Tutti i partiti di sinistra hanno aderito (da Sel, fin dalla prima ora, al Pd e all’Idv) ma per adesso la richiesta dei promotori è di scendere in piazza senza bandiere. Immediato l’appoggio della Cgil con il segretario Susanna Camusso che ha anche diffuso in internet un video appello. Così come al video si sono prestati alcuni volti noti della cultura e dello spettacolo come Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Caterina Guzzanti, Dario Vergassola, David Riondino. Ma saranno le storie di ordinaria disperazione dei precari e delle loro famiglie a prendere la scena. Quelli che non se ne vanno, perché ogni anno sono 45mila i laureati che lasciano l’Italia per cercare lavoro altrove. Ci sarà in piazza, sperano gli organizzatori, tanta parte di quel milione e 500 mila circa di giovani sotto i 34 anni che svolge un lavoro precario e che sono operatori di call center, interinali dello spettacolo, archeologi, ricercatori, insegnanti. E ci saranno anche i giornalisti precari, gli studenti e i giovani imprenditori.
PADRI E FIGLI
E i genitori, come questo che dice in conferenza stampa: «Ho un figlio di 22 anni che stiamo facendo studiare con immensi sacrifici, io e sua madre sognavamo che i nostri sforzi e la sua grande volontà potessero dargli un futuro che fosse migliore del nostro, io sarò in piazza e griderò con forza la mia rabbia». Ma il 9 non sarà solo una giornata in cui «si metteranno in piazza questi temi – fa notare Claudia Pratelli, del comitato “Il nostro tempo è adesso” – vogliamo costringere il Governo a mettere in cima all’agenda la precarietà e non la riforma della giustizia a uso e consumo di qualcuno. La crisi economica ha massacrato i giovani, non è un problema solo nostro: è un problema del Paese se manda al macero una generazione. Si riempiono la bocca in campagna elettorale, poi però sulla precarietà l’azione politica è assente. È insopportabile quello che fa il Governo, adesso basta».

L’Unità 05.04.11

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“Il nostro tempo è adesso”, i precari in piazza.
di Ste. Fel.

Si chiama “Giornata nazionale di mobilitazione”, perché non è uno sciopero (i precari non possono scioperare) e neppure una protesta o una manifestazione. Il 9 aprile, in tutta Italia e non solo, ci saranno iniziative e cortei, a cominciare da quello che attraverserà Roma. “Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”. Questo è lo slogan del comitato promotore, che ieri ha presentato l’iniziativa in una conferenza stampa. Tra i 14 che si sono inventati l’evento ci sono archeologi freelance, imprenditori emigrati all’estero, giornalisti più o meno precari, operatori dello spettacolo. C’è anche una sindacalista “tradizionale”, Ilaria Nani, della Cgil giovani, ma non è una manifestazione sindacale. Soprattutto perché i precari non si fidano dei sindacati (Cisl e Uil, all’inizio, hanno anche approvato il collegato lavoro che ostacola i ricorsi contro i rapporti di lavoro illeciti per i precari). “Vogliamo risollevare le coscienze dei precari, dare un messaggio di riscatto”, dicono dal comitato.
Sul sito ilnostrotempoea desso.it   ci sono le ragioni della manifestazione. Una delle rubriche è dedicata ai numeri della crisi di una generazione silenziosa. Oltre all’ormai cronico 30 per cento di disoccupati tra i ragazzi che hanno tra i 15 e i 24 anni (l’Istat non registra miglioramenti nelle sue stime mensili), ci sono altri dati, come quello pubblicato ieri sugli infortuni sul lavoro. Subiscono un incidente 5,06 lavoratori ogni 100 tra chi ha meno di 35 anni. Per i più vecchi la percentuale scende al 3,7. Altro numero: 45 mila laureati ogni anno fuggono dall’Italia, diventano “Expat”, espatriati.
Il momento non aiuta: tra processi berlusconiani, la guerra in Libia, la catastrofe nucleare in Giappone e un numero di manifestazioni di piazza ormai così frequenti da renderle un appuntamento settimanale. Ma il gruppo de “Il nostro tempo è adesso” confida nel-l’approccio a rete. Sia nel senso del web, affidandosi a donazioni volontarie sul sito della manifestazione, con finanziamento dal basso in stile Obama per garantire l’indipendenza. Ma il modello rete è applicato anche nel mondo reale, preferendo una molteplicità di eventi a un unico grande raduno. Da Trieste a Taranto, da Verona a Siracusa, dalla mattina al pomeriggio.
Sul sito continuano ad arrivare adesioni dalle associazioni di precari che stanno cercando di riempire il vuoto di rappresentanza dovuto allo scarso impegno dei sindacati e dei partiti. Tra le ultime adesioni, quella del gruppo “Fitness precario” di Terni che partecipa alla mobilitazione “per rivendicare il diritto alla malattia, il diritto al riposo retribuito per maternità, i contributi che danno diritto alla pensione, una copertura assicurativa Inail contro gli infortuni sul lavoro, la paga stabilita dal contratto collettivo nazionale di settore”.

Il Fatto quotidiano 05.04.11