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"Bocciate le università on line. Pochi prof, didattica scarsa", di Alessandra Migliozzi

Ricerca e laboratori non esistono. Dubbi anche sui contratti. Pagella negativa per le università telematiche italiane. Negli anni il sistema ha registrato miglioramenti, ma le ombre (pesanti) restano. E dopo lo stop voluto dall’ex ministro Mussi alla loro proliferazione (ci sono 11 strutture, oltre il 10% del totale delle università) si attende ancora il decreto che deve rimettere mano ai requisiti da imporre a queste realtà che, pur essendo numerose, raccolgono poco più dell’1% degli iscritti nazionali.
A fare il punto della situazione è il Cnvsu, Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario. L’organismo, che ora ha lasciato il posto alla nuova Agenzia nazionale di valutazione, prima di chiudere i battenti ha fatto le ultime ispezioni negli atenei on line confermando i problemi già denunciati in passato. Problemi di cui il ministro Gelmini è stato messo al corrente con una dura lettera in cui gli esperti chiedono un «intervento normativo».
Molte di queste realtà, infatti (con i dovuti distinguo), si reggono su un organico di ruolo ridotto al lumicino, con le lezioni affidate prettamente a ricercatori a tempo determinato (con concorsi locali). Oppure a personale a contratto, che, nel migliore dei casi, è preso in prestito dall’università tradizionale. Altrimenti si chiamano prof che non hanno titoli accademici: il riconoscimento arriva in loco. Tutto, però, avviene secondo le regole: «Ad oggi- dicono dal Cnvsu- si può ricorrere a personale a termine per rientrare nei requisiti minimi. Ma che la qualità della didattica decade». I titoli però no: valgono come gli altri. L’età media degli iscritti è alta (sopra i 25), per lo più si tratta di lavoratori. I laboratori e le strutture tecnologiche non sono sempre all’altezza.
Di fatto questi ambienti di apprendimento rischiano di configurarsi «come dottorifici», sottolinea Guido Fiegna, membro Cnvsu. «Tre ministri, dalla Moratti in poi – aggiunge – dovevano rimettere mano alla questione, nessuno l’ha fatto». L’esame delle telematiche è stato completato da poco. Fra le realtà che hanno destato più perplessità c’è e-Campus, l’ateneo nato dall’omonima Fondazione legata a Francesco Polidori, l’ideatore del Cepu.
L’università di Novedrate è sorta nel 2006 con parere negativo degli esperti Cnvsu, ma da allora i corsi si sono moltiplicati: oggi ha 5 facoltà e tre sedi didattiche. Due, però, spiegano dal Cnvsu, non risultano autorizzate dal Miur: quella di Roma e quella di Messina. Berlusconi ha anche visitato l’ateneo. Intanto gli studenti sono cresciuti meno del previsto e le tasse sono balzate verso l’alto. Il personale di ruolo è ridottissimo. La parte del leone la fanno i 52 ricercatori a termine e le docenze a contratto. Dei professori straordinari in cattedra «nessuno risultava aver conseguito idoneità nelle procedure comparative per professori ordinari». La loro qualifica è arrivata «in base alla riconosciuta (dall’ateneo) elevata qualificazione scientifica e professionale».
Dubbi anche sui contratti stipulati con gli studenti: non sono indicate le modalità di risoluzione. «Un’altra nota dolente – dice Fiegna – è quella della ricerca che praticamente non esiste in molti di questi atenei on line. Noi non siamo contrari all’apprendimento a distanza, ma oggi questo sistema è messo in mano a soggetti che non sempre garantiscono l’uso corretto dello strumento». L’università telematica Leonardo Da Vinci, una di quelle visitate di recente, ad esempio «non ha dipartimenti e fa attività prevalentemente didattica», sottolinea il Cnvsu nonostante l’ateneo sia dipendente dalla Fondazione dell’università D’Annunzio di Chieti-Pescara. L’ateneo Uninettuno invece ha superato molte delle sue criticità. La palla passa alla Gelmini: arriverà il decreto richiesto? Intanto nella riforma dell’università è arrivata l’opportunità di dare a questi atenei fondi sulla base del merito.

Il Messaggero 07.04.11