scuola | formazione

"La smettano di chiedere soldi vogliono solo screditare il governo", di Alberto Custodero

Il ministro dell´Istruzione Mariastella Gelmini: episodi simili in molti istituti per far credere che affamiamo i ragazzi. Alcuni dirigenti scolastici sanno amministrare bene, altri no e cercano di incolpare noi delle loro mancanze. «Sono contraria ai contributi chiesti ai genitori per le spese di funzionamento delle scuole. Oggi i soldi ci sono e chi se li fa dare dalle famiglie lo fa per attaccare il governo». Il ministro dell´Istruzione Mariastella Gelmini si dice «depressa e frustrata» da mesi di accuse di aver tagliato i fondi alla scuola. E ora vede nei presidi che in molte regioni d´Italia chiedono i contributi volontari ai genitori (addirittura rendendoli “obbligatori” come alla D´Azeglio di Torino), un attacco politico.
Scusi ministro, ma a Torino la preside chiede il contributo alle famiglie perché è rimasta con 4 mila euro in cassa. E le famiglie appartengono alla borghesia della città, potenziali elettori del centrodestra. Come fa a vedere in tutto questo “un attacco al governo”?
«Non conosco nel merito il caso di Torino, però la richiesta da parte dei presidi di contributi ai genitori degli alunni avviene in tutta Italia. Ed è per questo che dico che è una forma per criticarci, per far passare il messaggio che noi affamiamo la scuola per costringere le famiglie a pagare».
Se è così, allora perché in molte zone d´Italia i presidi chiedono i contributi “volontari”?
«Non è che noi siamo brutti sporchi e cattivi e tagliamo i fondi alle scuole. La storia dei tagli all´istruzione inizia nel 2007, quando il ministro dell´allora governo Prodi era Fioroni. Ma se chiedere soldi ai genitori in quegli anni passati aveva un senso, oggi quel senso non c´è più».
Perché ieri aveva senso, oggi no? Cosa è successo?
«Il ministro Fioroni aveva previsto un taglio di 45 mila unità nella scuola. Quella riduzione di organici poi ritirata aveva fatto scattare la clausola di salvaguardia, un meccanismo che prevede che i tagli se non li fai su un capitolo, ricadono su un altro. Nel nostro caso furono tagliati circa 200 milioni dal fondo di “funzionamento”. Anche se resto dell´idea che i soldi ai genitori non si debbano chiedere, ecco perché dico che in quel periodo i contributi ai genitori avevano comunque un senso».
Tutta colpa della “clausola di salvaguardia” allora. E oggi perché i presidi non dovrebbero più chiedere il versamento volontario di contributi?
«Perché oggi i fondi ci sono. Nel 2007 la spesa di funzionamento scolastico era di 765 milioni di euro. Nel 2011 quel fondo è di 774 milioni, 38 milioni dei quali destinati alla “Tarsu”, la tassa raccolta rifiuti. In realtà i soldi al fondo funzionamento sono aumentati di 200 milioni di euro perché abbiamo risparmiato alla voce “pulizia”».
Come avete ottenuto questo taglio dei costi di pulizia?
«Nel 2007 si spendevano per pulizia 617 milioni di euro. Con una mia direttiva, ho disposto di acquistare servizi di pulizia mediante gara d´appalto e nella misura pari ad un bidello per ogni bidello mancante anziché acquistare servizi pari a due bidelli per ogni bidello mancante come avveniva nel 2007. In questo modo i costi per pulizie sono passati dai 617 milioni di 4 anni fa ai 407 milioni di quest´anno».
Se il fondo funzionamento ha addirittura 200 milioni in più rispetto al 2007, allora perché i presidi continuano a lamentare di avere le casse vuote?
«Ci sono presidi capaci che sanno amministrare bene, razionalizzando le risorse che hanno a disposizione. E poi ci sono altri presidi che invece non riescono a gestire le scuole con i fondi interni e li chiedono alle famiglie. Penso che scaricare sui genitori le spese di “funzionamento” della scuola sia un meccanismo che non condivido perché oggi le risorse ci sono e sono sufficienti».

La Repubblica 07.04.11

******

“Scuola al verde, le famiglie paghino 50 euro”, di A.CUS.

Torino, la richiesta della preside di una elementare. Ma i genitori insorgono. “In cassa solo 3900 euro, così non possiamo comprare neanche sapone e carta igienica”. La scuola è in bolletta, la preside rende obbligatorio il contributo “volontario” annuo di 50 euro a famiglia. E i genitori insorgono. Accade a Torino, scuola elementare Roberto D´Azeglio (fratello del marchese Massimo) in zona Gran Madre, quartiere pre collinare fra i più esclusivi della città abitato dalla borghesia torinese. «Quando sono arrivata alla direzione della scuola – spiega la preside reggente, Maria Luisa Vighi Miletto – ho trovato in cassa appena 3 mila e 900 euro. Cosa potevo fare con quella miseria? Nulla. È così che ho chiesto alle famiglie un contributo annuo di circa 5 euro mensili, per un totale di 50 annui». Ma la maggior parte dei genitori è insorta quando ha saputo che quel contributo non aveva più il carattere della volontarietà, ma diventava un vero balzello, una sorta di minitassa sulla carta igienica visto che questi soldi fra l´altro erano destinati a coprire le spese cosiddette di “funzionamento” della scuola.
«Il termine volontario – ribadisce la preside – sottende l´obbligarietà in quanto l´attuale situazione finanziaria non consente più un contributo basso da parte delle famiglie. E solleva gli insegnanti dalla responsabilità di chiedere e gestire i soldi di un presunto fondo cassa all´interno delle singole classi a mo´ di stillicidio». Cinquanta euro per circa 500 famiglie avrebbero portato nelle casse dissestate della elementare per benestanti circa 25 mila euro per finanziare sapone e carta igienica. «Ma anche – aggiunge Vighi Miletto – lavagne interattive, corsi di lingua, sostituzione di macchinari e fotocopiatrici, risme di carta, messa in rete della scuola, insegnanti di appoggio per disabili e emergenze varie». «Non comprendo però – si sfoga la preside – le ragioni di tanta reticenza da parte di alcuni genitori nonostante l´utenza appartenente a questo Circolo sia più benestante di utenti di altre sedi. Il loro contributo è importante per ottimizzare le risorse al meglio e garantire una scuola di innovazione e qualità». «Non è certo un problema la cifra che ci è stata chiesta – spiega una delegata di classe – ma è una questione di principio. Se la scuola dell´obbligo è pubblica, deve essere gratis, finanziata dallo Stato, dal ministero dell´Istruzione. Altrimenti diventa una forma occulta di privatizzazione dell´istruzione». «Se i genitori la prendono così – conclude la preside reggente – non c´è problema: ritiro la proposta del contributo di 50 euro, restituisco i soldi a quelli che l´hanno già pagato. E si va avanti così, con quel che offre lo Stato, 3mila e 900 euro per una scuola con 500 alunni».

La Repubblica 07.04.11