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"Il nostro stage è una garanzia", di Cesare Damiano

È una situazione che non può più essere tollerata. In Italia, ogni anno, ci sono 300mila stagisti nei settori privati che arrivano a 500mila se si considerano anche gli enti pubblici. Più o meno altre 300mila persone sono i praticanti che varcano la soglia di studi e aziende per aprirsi l’accesso a una professione. Un esercito di giovani che sta ancora studiando o è in possesso di un titolo di studio elevato, spesso utilizzati come veri e propri dipendenti, ma senza stipendio e senza diritti. E, in molti casi, soprattutto senza prospettive concrete. Una stortura che si aggiunge alle tante che già caratterizzano il nostro mercato del lavoro e che contribuisce a rendere ancora più incerto e precario il futuro delle nuove generazioni.
Per correggere queste distorsioni e cercare di invertire la rotta il Pd ha presentato una propria proposta di legge, di cui sono primo firmatario, che ha come obiettivo principale quello di stimolare le imprese a trasformare queste forme di lavoro in contratti a tempo indeterminato.
Il progetto è stato realizzato attraverso una stretta collaborazione con il Forum lavoro del Pd, i Giovani democratici, l’associazione 20 maggio flessibilità sicura e l’associazione Lavoro&Welfare giovani.
E proprio per impedire che i periodi di formazione siano utilizzati dalle aziende per tamponare gratis buchi di organico, la proposta del Partito democratico prevede che gli stage non abbiano durata superiore ai nove mesi, che non possano essere usati per sostituire personale e che sia vietata ogni forma di attività manuale.
Sempre con l’intento di evitare abusi, le aziende con meno di 15 dipendenti possono avere un solo stagista all’anno.
Non solo. Accanto a questi limiti, agli stagisti deve essere anche garantita – accanto alla formazione – una borsa di studio pari almeno al 30 per cento dello stipendio di un lavoratore del settore e comunque non inferiore ai 400 euro al mese. Oltre alle spese di trasporto, ai buoni pasto e alle assicurazioni (infortuni e responsabilità civile).
La proposta del Pd prevede anche sanzioni e incentivi. In caso di gravi violazioni, il tirocinio deve venire infatti trasformato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, mentre chi assume uno stagista ha diritto all’applicazione di consistenti agevolazioni fiscali.
Per chi mira invece ad accedere a una professione per la quale devono essere sostenuti esami di stato, il progetto di legge prevede l’istituzione, previo accordo con le parti sociali, di un contratto di praticantato in grado di garantire i permessi per lo studio e l’aggiornamento professionale e di regolare gli orari di pratica, i rimborsi spese e i compensi.
I cambiamenti avvenuti in Italia negli ultimi 25 anni nel mercato del lavoro hanno prodotto, secondo stime ufficiali (Istat, Isfol e gestione separata Inps), un milione e 400mila lavoratori atipici (collaboratori a progetto dei settori privati, collaboratori coordinati e continuativi della pubblica amministrazione, associati in partecipazione, collaboratori occasionali e lavoratori che cedono i diritti d’autore nei settori dell’informazione e dello spettacolo), due milioni e mezzo di contratti di lavoro a tempo determinato e in somministrazione, 400mila false partite Iva, tre milioni di partite Iva individuali e professionisti senza tutele.
Nonostante questa deregulation il tasso di occupazione è al 56,7 per cento, uno dei più bassi d’Europa. I disoccupati sono due milioni e 145mila, mentre la disoccupazione giovanile arriva al 29,4 per cento. Un quadro nerissimo.
Le responsabilità, prima che della crisi, vanno ricercate nelle (non) scelte di competitività delle imprese, nella mancanza di strategie politiche e nella logica del laissez-faire tanto cara alla destra (quando si tratta di economia). La flessibilità insicura e senza regole ha prodotto pesanti conseguenze sulle persone, sulle famiglie e soprattutto sui giovani. È urgente invertire la rotta e la strada da seguire è quella di offrire autentiche opportunità in campo professionale.
Berlusconi e il suo governo non possono continuare a far finta di niente di fronte a una situazione del mercato del lavoro giovanile diventata ormai esplosiva.

da Europa Quotidiano 09.04.11