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"Occupazione giovanile. Troppi laureati. La favola reazionaria del ministro Tremonti", di Pietro Greco

I ragazzi italiani con laurea sono il 19% Nella Ue il 30%. È una favola. Reazionaria. È una favola quella che in questi giorni vanno raccontando non solo il (recidivo) ministro dell’Economia, ma anche sociologi ed economisti di grande notorietà, secondo cui nel nostro Paese ci sono «troppi» laureati e che un giovane italiano su tre è disoccupato perché, a causa della sua cultura, rifiuta il lavoro manuale. Che, invece, ci sarebbe.
Basta fare una banale analisi comparata – sulla base di dati dell’Ocse o di Eurostat – per verificare, invece, che è esattamente il contrario. In Italia i laureati sono troppo pochi: appena il 13% della popolazione tra i 25 e i 64 anni. Contro il 24% della Germania, il 26% della Francia, il 28% della Spagna, il 31% della Gran Bretagna. Anche i giovani laureati sono troppo pochi: i ragazzi italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni con la laurea sono il 19%, contro il 30% degli altri Paesi europei e il 60% della Corea del Sud. Non è vero che la laurea è un fattore frenante dell’economia. Nel 1980 la Corea vantava una percentuale di laureati (meno del 10%) inferiore a quella italiana (poco più del 10%) e un reddito procapite pari a un quarto di quello italiano. In 30 anni la ricchezza in Corea è aumentata a una velocità superiore a quella di ogni altro Paese al mondo (esclusa la Cina) e 4 volte superiore a quella dell’Italia: tanto che oggi il reddito medio pro capite di un coreano ha superato quello di un italiano. Ciò è avvenuto anche perché Seul ha puntato come nessun altro su una cultura universitaria di massa: oggi la Corea detiene il record mondiale di laureati tra i suoi giovani.
Siamo, infatti, entrati nella società e nell’economia della conoscenza. E la Corea lo ha capito prima e meglio degli altri. Ma non si tratta di un pensiero economico isolato, se l’Unione europea invita i suoi stati membri a raggiungere almeno il 40% di giovani laureati. Tutti gli altri Paesi dell’Europa (e del mondo) si stanno adeguando, solo da noi il numero di iscritti all’università diminuisce: proprio come chiede (e non solo a parole) Tremonti.
I laureati italiani, dunque, non sono troppi. Sono troppo pochi. Ma anche l’altra parte della narrazione è una favola senza agganci con la realtà. Un recente rapporto di Alma Laurea dimostra sia che l’occupazione tra i laureati (77%) è più alta che tra i diplomati (66%), sia che lo stipendio medio di un laureato anche in Italia è del 55% superiore a quello di un diplomato. Quindi se avete dei figli, malgrado tutto, fateli laureare.
Ma perché è reazionaria, la favola di Tremonti? Per due motivi. Perché prefigura un’Italia ottocentesca, con il lavoro intellettuale destinato a pochi ricchi e il lavoro manuale a bassi salari per tutti gli altri. Ma soprattutto perché un’Italia così sarebbe fuori dall’economia della conoscenza – l’unica possibile, oggi – e dunque sarebbe destinata a un declino economico, oltre che sociale, civile, ecologico, ancora più profondo di quello attuale.

L’Unità 20.04.11