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Benessere delle madri: nel mondo l’Italia perde 4 posizioni e va al 21° posto

Dodicesimo rapporto di Save the children. Le donne in Parlamento sono il 20%: meglio di noi l’Afganistan (28%), il Burundi (36%) e il Mozambico (39%). La mappa mondiale delle disuguaglianze. L’Italia perde quattro posizioni nell’Indice delle madri, la graduatoria sul benessere delle madri nel mondo contenuta nel 12esimo rapporto Save the children. Nella classifica che coinvolge 164 paesi, la penisola scivola dal 17esimo al 21esimo posto. “Non si può nascondere una certa preoccupazione – commenta Valerio Neri, direttore generale Save the children Italia – con alcuni indicatori, come la presenza delle donne in Parlamento o il ricorso alla contraccezione, che ci vedono al di sotto di alcune nazioni in via di sviluppo”. Gli fa eco Raffaela Milano, responsabile programmi Italia-Europa di Save the children, secondo cui “la discesa di qualche posizione non è confortante perché riguarda soprattutto i parametri relativi alla condizione della donna e al suo ruolo e riconoscimento sociale”.
Rispetto al passato è calata la percentuale delle donne italiane sedute in parlamento (20%): performance migliori si hanno perfino in Afganistan, dove si raggiunge il 28%, in Burundi (36%) e in Mozambico (39%). Non va meglio se si considera l’indicatore relativo all’utilizzo della contraccezione, che pur restando stabile stride nel confronto con altri paesi: se l’Italia raggiunge il 41% viene comunque superata da Botswana (42%), Zimbabwe (58%), Egitto (58%) e Tunisia (52%). Inoltre, la distanza con l’82% della Norvegia è netta.
Sulla situazione italiana interviene a commento il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, che in un messaggio ufficiale legge i dati come “uno sprone a proseguire con forte determinazione lungo il percorso avviato sin dall’inizio della legislatura dal governo. Una strada che ci ha visti impegnati a potenziare le misure di sostegno alla maternità e all’occupazione femminile, ad aumentare i servizi e le tutele per le donne lavoratrici”. Il ministro aggiunge che “non possiamo lasciare sole queste mamme e i loro piccoli in Italia e in ogni parte, anche la più sperduta, del pianeta in cui ci siano situazioni di povertà e disagio che comportano rischi per la vita stessa”.

Condizione delle madri: la mappa mondiale delle disuguaglianze

La Norvegia è in cima alla lista dei paesi migliori, l’Afganistan primo tra i peggiori. Una su 175 donne norvegesi perderà il proprio bambino prima dei 5 anni, per le afgane il rapporto è di uno a cinque. Se la Norvegia è il paese in cui le madri vivono nelle migliori condizioni, l’Afghanistan è invece all’estremo opposto. Lo riferisce l’Indice delle madri, contenuto nel 12esimo “Rapporto sullo stato delle madri nel mondo” di Save the Children, che stila una classifica mondiale e mette nero su bianco le disuguaglianze a livello planetario. La graduatoria è stata elaborata considerando il livello di benessere materno-infantile in 164 paesi
Ne è emerso che la top ten dei peggiori paesi è composta da Afganistan, Niger, Guinea Bissau, Yemen, Chad, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Mali, Sudan, Repubblica Centro Africana. Al contrario, i 10 paesi in cui il benessere di madri e bambini è massimo sono Norvegia, Australia, Islanda, Svezia, Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia, Belgio, Paesi Bassi, Francia. L’Italia scivola da 17esimo al 21esimo posto (vedi lancio successivo). I parametri presi in esame per la classifica sono vari e vanno dagli indici di mortalità infantile e materna all’accesso delle donne alla contraccezione, dal livello di istruzione femminile e di partecipazione alla vita politica ai tassi di iscrizione dei bambini a scuola.

Confrontando i dati delle performance migliori e peggiori si evidenziano profondi squilibri e disuguaglianze. Alcuni esempi: in Norvegia ogni parto avviene in presenza di personale qualificato, mentre in Afganistan questo accade solo nel 16% dei casi. Ancora: una donna norvegese in media studia per 18 anni e vive fino a 83 anni, mentre una donna afgana studia per meno di 5 anni e vive mediamente fino a 45. Se l’83% delle norvegesi fa uso di contraccettivi e unanie infantile e materna,iori. dei paesi migliori, l’ vita.ssivo)dizioni, l’ primo mese di vita, 8 milioni zi o per tradizione su 175 perderà il proprio bambino prima dei 5 anni, in Afghanistan meno del 16% delle donne ricorre alla contraccezione e una ogni 5 vedrà morire il proprio figlio nei suoi primi 5 anni di vita (così come in Chad e Repubblica Democratica del Congo). “Il che significa che ogni donna, in Afganistan, va incontro alla perdita di un figlio nell’arco della sua vita”. In Finlandia, Grecia, Islanda, Giappone, Lussemburgo, Norvegia, Singapore, Slovenia e Svezia solo un bambino ogni 333 muore prima dei 5 anni.

Gli squilibri non sono meno evidenti considerando altri paesi: una donna ogni 14 in Chad e Somalia rischia di morire durante la gravidanza o il parto, mentre in Italia il rapporto è meno di uno a 15 mila. Non esistono donne in parlamento in Qatar, Arabia Saudita e Isole Solomon, mentre in Svezia quasi il 50% dei posti è occupato da donne. Infine, in Somalia 2 su 3 non sono iscritti alla scuola primaria, ma in Italia, Francia, Spagna e Svezia la maggioranza dei bambini frequenta tutti gli ordini scolastici.

Ogni giorno mille donne e duemila neonati non sopravvivono al parto

Tre milioni di bambini non superano il primo mese di vita, 8 milioni non arrivano a un anno. Neri: “Garantendo la presenza di un’ostetrica sarebbe possibile salvare 1,3 milioni di bimbi”. Ci sono donne, milioni di donne nel mondo, per cui partorire significa accettare il rischio di mettere in pericolo la propria vita e, molte volte, di morire. I dati presentati oggi da Save the children e contenuti nel 12esimo “Rapporto sullo stato delle madri nel mondo” parlano chiaro e raccontano di una sfida quotidiana per la sopravvivenza: la propria e quella del figlio che si porta in grembo. Ogni giorno mille donne e duemila bambini muoiono per complicazioni al momento del parto. Ciò significa che si contano 358 mila donne decedute all’anno e circa 800 mila bambini morti alla nascita. Senza dimenticare tutti i neonati che non sopravvivono al loro primo mese: oltre due milioni di vite spezzate.

Tutte vittime che avrebbero potuto salvarsi se in quei momenti fosse stata presente anche una sola ostetrica. Invece il parto avviene senza assistenza professionale per 48 milioni di donne nel mondo e in totale solitudine per due milioni di queste, sia per la carenza di servizi e strutture sia per vincoli legati alla tradizione. Succede così in Nigeria, il paese con le percentuali più alte di parti “solitari”, dove una donna su 5 partorisce senza assistenza. “Se tutti i parti avvenissero in presenza di ostetriche o di personale sanitario con competenze analoghe – riferisce Valerio Neri, direttore generale Save the Children Italia –, ogni anno si potrebbe salvare la vita di 1,3 milioni di neonati e di decine di migliaia di donne”. Allo stesso modo, milioni di morti infantili dovute a malattie potrebbero essere evitate “con semplici ed economiche misure, dall’allattamento esclusivo al seno, ai vaccini, all’utilizzo tempestivo di un antibiotico o sali reidratanti” aggiunge il direttore. Tutte precauzioni che, però, non sono garantite in paesi quali Afganistan, Niger, Guinea Bissau, Yemen, Chad, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Mali, Sudan, Repubblica Centro Africana: sono questi i 10 paesi in cui i livelli di salute materno-infantile e le condizioni di madri e bambini sono i peggiori al mondo.

Anche quando il neonato sopravvive alla nascita non si può certo dire fuori pericolo: sono 8,1 milioni i bambini che ogni anno muoiono entro il quinto anno di vita, a causa di polmonite, diarrea, malaria. “È inaccettabile che nel ventunesimo secolo un bambino possa morire ancora per una diarrea o una polmonite” commenta amaro Neri, che ricorda il quarto e quinto Obiettivo di Sviluppo del Millennio: debellare entro il 2015 la mortalità materno-infantile. “Gli attuali trend indicano che almeno per alcuni paesi questo obiettivo appare molto lontano – sottolinea –. Tuttavia noi sappiamo che la sfida si può vincere”. Secondo Save the children sono necessari altri 3,5 milioni di operatori sanitari e un aumento del volume di aiuti da parte degli stati donatori, compresa l’Italia: “Esistono soluzioni a basso costo – conclude –, semplici e sperimentate per garantire la salute delle madri prima, durante e dopo il parto e abbattere quindi la mortalità materna e infantile”.
(Dossier a cura di Redattore Sociale)

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