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"La guerra delle prove Invalsi. In alcune scuole faranno media", di Alessandra Migliozzi

Da domani 2 milioni di studenti alle prese con i test.Istituti divisi tra sì e boicottaggi. Più tempo per rispondere. Prove Invalsi al via. Da domani e fino a venerdì oltre due milioni di studenti si cimenteranno con i test di valutazione nazionale che misurano le capacità di apprendimento degli alunni in matematica e italiano. I ragazzi delle seconde superiori partecipano per la prima volta. Alle medie e elementari il quiz è prassi. Ma quest’anno in alcune scuole la prova farà media in pagella: sarà contata come un compito in classe. Non c’è obbligo di legge che lo preveda, ma istituti come la media Settembrini di Roma, hanno deciso di sfruttare l’occasione per poter interrogare i loro ragazzi. In altre realtà, invece, è guerra ai test. Mentre il ministro Gelmini annuncia di voler portare la prova Invalsi alla maturità «dal 2012», decine di collegi docenti hanno deciso di boicottarla. Il ministero ha stigmatizzato la scelta, ma non prevede l’invio di ispettori.
Da domani e fino al 13 dovranno cimentarsi con domande di matematica e italiano poco più di 1 milione di ragazzini di seconda e quinta elementare, 570mila alunni di prima media, 530mila ragazzi delle seconde delle superiori. E ci sono novità: per la matematica, spiega Roberto Ricci, responsabile del Servizio nazionale di valutazione dell’Invalsi, «ci saranno più prove argomentative, come hanno sollecitato i docenti. In generale ci saranno più domande a risposta aperta sia in matematica che italiano». Anche per schivare l’accusa di testificio più volte piombata sull’Invalsi. E «saranno più lunghi i tempi per rispondere». In seconda primaria i minuti per materia passano da 30 a 45, in quinta elementare e prima media da 60 a 75. Alle superiori c’è un’ora e mezza per materia.
I test partono in un clima rovente. Con i Cobas che fanno campagna per boicottarli («sono un tentativo malcelato di valutare i docenti»), genitori che annunciano di non portare i figli a scuola e studenti, come quelli del collettivo romano Senza Tregua, che si preparano a consegnare in bianco. «Per noi – dicono da Senza Tregua – è illegale utilizzare i test per la valutazione interna. In licei di Roma come il Giulio Cesare, l’Orazio, l’Albertelli consegneremo in bianco o non entreremo in classe. Le prove non sono obbligatorie. Poi c’è un problema di privacy: si deve rispondere anche a domande su dati sensibili e le schede non sono anonime».
I collegi docenti sono divisi: ci saranno scuole che non faranno i test, come il liceo De Chirico di Roma, altre dove solo una parte delle classi aderirà, altre dove la partecipazione sarà massiccia. Alla Maffi di Roma molti insegnanti erano per il no, i favorevoli si sono opposti e vogliono andare avanti da soli. Al De Chirico «i professori hanno optato per il no – dice il vice preside – ma prima o poi ci dovremo adattare». In altre scuole la polemica è talmente superata che la novità è un’altra: il risultato del test entra in pagella. «Da noi – spiega Massimo La Rocca, preside della media Settembrini di Roma – 300 ragazzi faranno la prova. Per dare maggiore serietà a questo evento lo scritto Invalsi sarà utilizzato come se fosse un normale compito in classe. Noi crediamo in questo strumento». Anche alla scuola media Boccioni, ancora a Roma, spiega la preside Alessandra Sistopaoli, la prova verrà valutata «come un normale compito. Daremo un voto che farà media con gli altri».
A Milano lo stesso avverrà alla scuola media Manara: «Il voto sarà conteggiato – dice il preside Alfredo Scotto – perché frutto del lavoro degli alunni». Intanto dal rapporto presentato dalla rivista Tuttoscuola emerge un dato preoccupante: la dispersione scolastica è in aumento dopo i primi due anni delle superiori, anche se meno al Sud. I dati dicono che a fine 2007 avevano abbandonato in 95 mila (il 15,4%). A fine 2010 sono stati 103 mila, il 16,7%.

Il Messaggero 09.05.11

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“Tanti insegnanti hanno detto no. Dubbi sull’efficacia dei questionari”, di A. Mig.

Spaccatura profonda al terzo circolo didattico di Bologna: il collegio docenti non è riuscito ad arrivare ad una posizione unanime sui test. Lo conferma il dirigente Stefano Mari. Spaccatura profonda al terzo circolo didattico di Bologna: il collegio docenti non è riuscito ad arrivare ad una posizione unanime sui test. Lo conferma il dirigente Stefano Mari.
Quindi cosa accadrà, preside?
«Accadrà che ci saranno classi dove le prove si faranno e altre dove non si faranno. Poiché non siamo arrivati ad una posizione abbastanza condivisa e unanime e poiché le prove passano sul lavoro fisico e materiale dei docenti, ho lasciato a loro la libertà di scelta. Nella nostra delibera del collegio docenti abbiamo scritto che non ci sentiamo vincolati allo svolgimento e che lasciamo libertà agli insegnanti».
Cosa contestano i docenti contrari alle prove Invalsi?
«Le cause del no sono molteplici. Il timore di fondo è che i dati delle prove diventino un database per valutare i docenti. E siccome lo strumento in sé è criticato l’idea che diventi un mezzo per dare giudizi anche agli insegnanti spaventa. Poi ci sono ragioni di ordine contrattuale: ad oggi non c’è nessun compenso aggiuntivo per chi deve svolgere materialmente i test e correggerli. In generale, comunque, questo strumento di valutazione non convince tutti, anche perché i test sono stati rimessi in discussione pure in paesi dove erano molto radicati».

Il Messaggero 09.05.11

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Scuola, prof verso il boicottaggio “Quei test un´inutile schedatura”, di Salvo Intravaia

Domani al via i quiz di valutazione in 100mila classi Cresce la contestazione contro il sistema Invalsi: “Una violazione della privacy dei ragazzi”. Iniziative di protesta anche di studenti e genitori. Al via tra le polemiche le prove Invalsi 2011. Da domani mattina, per tre giorni, oltre due milioni di bambini e studenti italiani saranno chiamati a cimentarsi con i questionari di Lettura e Matematica predisposti dall´Invalsi: l´Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione. L´obiettivo è quello di saggiare il livello di preparazione degli alunni italiani in due aree scandagliate anche dai test Ocse-Pisa che ci vedono tristemente nelle zone basse della classifica internazionale. Ma su questa tornata di Rilevazione degli apprendimenti incombe la protesta degli insegnanti e di interi collegi dei docenti. Quest´anno, anche presidi, genitori e studenti mostrano di non gradire troppo il “censimento” che passerà in rassegna le competenze in Lettura e Matematica dei bambini delle seconde e quinte elementari, dei ragazzini delle prime medie e, per la prima volta, degli studenti del secondo anno delle scuole superiori: in totale 2 milioni di alunni. E alla fine potrebbero mancare all´appello parecchie delle 100 mila classi italiane previste dall´indagine. Uno scontro di quelli duri che ha richiesto l´intervento della ministra dell´Istruzione, Mariastella Gelmini, che qualche giorno fa, nel corso di una presentazione, ha fatto capire che non intende fermarsi. «Dall´anno prossimo – rilancia – potremo applicare il test Invalsi anche all´esame di maturità».
Per comprendere i motivi di questa levata di scudi, lanciata dai Cobas un paio di mesi fa, basta leggere uno dei tanti volantini che si passano i docenti italiani in questi giorni. In dodici punti i comitati di base della scuola spiegano perché bisognerebbe dire No alle prove Invalsi, di cui mettono in discussione perfino la «scientificità» e la «validità statistica». «Sono la premessa – spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas – alla valutazione e gerarchizzazione retributiva dei docenti, esasperano la competizione e non servono neppure a migliorare la qualità della scuola». Inoltre, «le prove non sono affatto anonime e permetteranno una tracciabilità delle performance dai 7 anni in su: di fatto una schedatura delle competenze di massa e prolungata nel tempo». Tutte motivazioni che hanno convinto migliaia di insegnanti, visto che i collegi dei docenti che hanno deliberato di boicottare le prove sono parecchi.
Del resto, l´impresa non era difficile. Da mesi si discute sulla obbligatorietà o meno per i docenti di partecipare alla somministrazione e alla successiva correzione dei questionari: mansione che non rientra negli obblighi contrattuali dei docenti. Anche un gruppo di presidi – Giancarlo Della Corte e Gian Pietro Demurtas, entrambi di Cagliari, Roberto Cogoni di Oristano e Renata Puleo di Roma – hanno deciso di rompere il ghiaccio, inviando una lettera-appello ai colleghi perché «si astengano da iniziative unilaterali che non tengano in conto della complessità della “macchina scuola”, a scapito di un dibattito serio e condiviso». Insomma, evitino di imporre le prove ai docenti. Anche gli studenti promettono battaglia. Nella Capitale, il gruppo studentesco Senzatregua, cui aderiscono diversi licei della città, boicotterà le prove «disertandole o consegnando in bianco».

La Repubblica 09.05.11