attualità

"Italia, ciò che l'Ocse non dice", di Irene Tinagli

Esame superato, ha liquidato Tremonti. E il Rapporto Ocse sull’Italia presentato ieri è già archiviato. Un risultato un po’ asciutto per un rapporto tanto atteso e presentato in pompa magna alla presenza di 4 ministri del governo. In effetti il messaggio lanciato dalla sintesi e dalla conferenza stampa è stato piuttosto neutro: situazione difficile ma in stabilizzazione, la ripresa è lenta ma si intravede, gli interventi di rigore sono stati giusti ma potrebbe esserci bisogno di nuove manovre. Niente insomma su cui fare grandi titoli. Tutto nella norma.

Eppure andando oltre la sintesi del rapporto si notano delle cose interessanti. Ci si accorge, per esempio, che circa il cinquanta per cento del lavoro riguarda l’università e la riforma Gelmini, con un’analisi molto approfondita di tutti i suoi aspetti, a livello quasi di singolo emendamento. Un’analisi certo molto articolata e ben fatta, sulla cui utilità però resta qualche dubbio visto che è ormai troppo tardi per fare eventuali modifiche legislative e troppo presto per fare un bilancio sulla sua efficacia. Non a caso la riflessione dell’Ocse sulla riforma è ricca di «dovrebbe» e «potrebbe».

Un altro trenta per cento del rapporto è occupato da analisi su questioni ambientali legate all’energia, i rifiuti e l’acqua. Un’analisi argomentata ed interessante che però non si sbilancia con nessuna raccomandazione specifica tranne una: totale privatizzazione dell’acqua e della sua gestione da effettuare quanto prima. Senz’altro un’informazione molto utile considerato che tra poco avremo un referendum su questo tema. Così come sarà molto utile per i milanesi, che tra pochi giorni dovranno andare a votare, sapere che l’unico esempio «virtuoso» riportato dal rapporto Ocse riguarda proprio la città di Milano, citata come primo caso in Italia ad introdurre l’Ecopass. Infine, il restante venti per cento del rapporto fa una panoramica sui conti pubblici, con apprezzamenti alle riforme delle pensioni attuate negli ultimi venti anni e un’estesa analisi del programma del ministero dell’Economia sull’auspicata Riforma del Fisco che «dovrebbe» dare un contributo importante alla semplificazione. Si raccomanda di proseguire la lotta all’evasione, anche se si sconsiglia il ricorso a condoni fiscali come quello dell’anno scorso.

Insomma, il rapporto fornisce senz’altro informazioni utili per capire alcune cose che sono state fatte e altre che si ha intenzione di fare. Stranamente, però, sono assenti analisi su temi chiave dell’economia italiana come la concorrenza, le liberalizzazioni dei servizi e delle professioni, il dualismo del mercato del lavoro e le infrastrutture. Pur essendo menzionati nella sintesi iniziale, questi aspetti non vengono poi sviluppati con analisi dettagliate, grafici e riflessioni su cause, conseguenze, su ciò che è stato fatto e soprattutto ciò che si dovrebbe fare. Alla produttività del lavoro, elemento cardine della competitività di un Paese, e che in Italia non solo non è cresciuta ma è diminuita dal 2000 ad oggi, sono dedicate 20 righe. La disoccupazione e l’inattività giovanile, un dramma che affligge milioni di giovani italiani, è totalmente assente. Nemmeno un grafico di confronto con la situazione di altri Paesi, per esempio.

Un’assenza che colpisce in modo particolare perché proprio l’Ocse, in altri rapporti precedenti, aveva ripetutamente enfatizzato questi aspetti come priorità per il Paese. Nel rapporto «Going for Growth» pubblicato meno di un mese fa, la breve scheda dedicata all’Italia citava proprio tra le priorità, oltre alla riforma dell’università, anche l’incremento della concorrenza, le liberalizzazioni, l’abbassamento delle tasse sul lavoro e la riduzione del dualismo nel mercato del lavoro. Una scheda necessariamente breve, affiancata a quella di decine di altri Paesi, che non consentiva un’analisi approfondita. Quale occasione migliore del rapporto sull’economia del Paese per dare all’Italia indicazioni più dettagliate su questi aspetti così importanti? E’ un vero peccato aver sprecato questa opportunità. L’Ocse è una delle istituzioni internazionali più autorevoli sul fronte dei dati statistici e delle analisi economiche, con un’arsenale di eccellenti economisti che sarebbe stato saggio sfruttare più a fondo. Forse se si fosse aspettato un po’ a presentare il rapporto, magari verso l’estate, ci sarebbe stato tempo per fare un’analisi più completa. Senza contare che in questo modo si sarebbe anche evitato di cadere in periodo elettorale, così come era nelle tradizioni dell’Ocse.

Comunque tutto è bene quel che finisce bene. Tremonti è stato molto soddisfatto e ha dichiarato: «Dobbiamo continuare nel futuro questo rapporto con l’Ocse, di cui apprezziamo l’indipendenza, l’oggettività delle osservazioni e la capacità di analisi». Dando un po’ l’impressione che, in realtà, a passare l’esame sia stata proprio l’Ocse.

La Stampa 11.05.11