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"La schedina di Bersani", di Mario Lavia

Dunque, in tasca Bersani ha questa schedina: 1-1-X-X. Sarebbe quella vincente. Un’asticella bassa, un ombrello in grado di evitare i goccioloni. Un risultato che verrebbe definito buono, a protezione del tranquillo corso bersaniano che ieri David Sassoli ha definito da «forza tranquilla» a cospetto del quale nessuno, nel Pd, potrebbe porre la questione dell’insufficienza del segretario.
1-1 significa la vittoria al primo turno di Fassino a Torino e Merola a Bologna, X-X vuol dire Pisapia e Morcone al ballottaggio. Facile? Non è detto.
Anche se vanno dette due cose: che Fassino è preoccupato per l’enorme numero di liste e il conseguente rischio di dispersione del voto che gli impedirebbe di vincere al primo turno anche dando per scontata una percentuale abbastanza inevitabilmente inferiore a quella del suo predecessore. La seconda cosa è che Merola – a detta degli osservatori ma anche di qualche compagno di partito – ha via via denunciato limiti d’immagine e di proposta che a fronte del competitor leghista “dal volto umano”, Manes Bernardini, gli potrebbero precludere la vittoria già lunedì.
«L’epoca della diversità di Bologna è finita, e lo stiamo vedendo in questi giorni nei quali regna la mediocrità », sospira un parlamentare dem di casa. Al contrario è evidente che una vittoria “subito” degli unici esponenti targati Pd nelle città che contano sarebbe una bella boccata d’aria pura: ma va annotato che ieri sera il timore di non farcela prevaleva. Azzeccare X-X (mandare al ballottaggio Pisapia e Morcone) è la cosa più difficile. E la più importante.
«Tutta l’Italia guarda a Milano», ha detto Bersani spiegando ai suoi che «per noi andare al ballottaggio con la Moratti sarebbe la vera vittoria», anche se al Nazareno tutti mettono nel conto che al secondo turno «sarebbe durissima». In parole povere, Pisapia sindaco ce lo vedono in pochi (tra l’altro pare che non ci sia alcun effetto positivo dopo le calunnie morattiane), ma politicamente sarebbe un trionfo aver reso competitivo il centrosinistra milanese. Una vittoria dell’avvocato, poi, sarebbe davvero il “miracolo a Milano” che Bersani non avrebbe difficoltà a intestarsi, pur essendo il successo del candidato di Vendola.
E va anche previsto che se Giuliano dovesse essere battuto già lunedì non mancherebbe chi nel Pd sarebbe lesto a sottolineare le sue caratteristiche di sinistra-sinistra, unfit per un città come Milano.
Napoli è un’altra incognita. Non nel senso che si è persino rassegnati ad un cambio («sarebbe fisiologico») del colore della giunta, dopo un ventennio di centrosinistra peraltro con più ombre che luci e la figuraccia delle primarie.
Ma lo smacco vero sarebbe quello di non portare Morcone al ballottaggio, vederselo battuto da quel De Magistris che agli occhi di mezzo (e più) Pd rappresenta il dark side della politica e che rischia di passare alla storia come l’uomo che sostanzialmente caccia il Pd da Napoli. «In questo caso, Bersani avrebbe un problema serio», si sussurra in ambienti fioroniani.
Se 1-1-X-X sarà, Bersani potrà esibire un portafoglio abbastanza ricco: conferma alla grande a Torino e Bologna, perdita “fisiologica” di Napoli, rinascita a Milano pur nella sconfitta al secondo turno.
Per sovrammercato, una buona prova a Trieste (dove la destra è divisa) e magari a Pavia (sostiene D’Alema) renderebbero il quadro ancora più roseo.
Ma, c’è un “ma” grosso come una casa. Se anche solo uno di quei quattro risultati più importanti dovesse essere diverso, le cose si complicherebbero.
E se addirittura il risultato di lunedì sera fosse X-X-2-2 (Fassino e Merola al ballottaggio, Morcone fuori battuto da De Magistris, Pisapia sconfitto al primo turno) è certo che la discussione in casa Pd sarebbe accesa. Con quali esiti è difficile dire.
Lo scenario più probabile è quello di una sorta di tregua estiva, seppure segnata da una ripresa polemica di Walter Veltroni («seguire la linea della Santa alleanza non ci ha portato da nessuna parte»).
Ma in autunno tutto diverrebbe possibile. Ivi compreso un esame senza ipocrisie sull’affidabilità del progetto-Pd soprattutto se i dati di lista dovessero segnalare un’ulteriore emorragia: «Quando prendemmo il 33 per cento quelli che nel partito parlarono di sconfitta, ora col 25, 26 parleranno di vittoria», lamentano nel’inner circle veltroniano.
Anche se è vero che la parola “congresso” pare essere stata espunta dal lessico dem, è sicuro che più d’uno – non solo dal MoDem ma anche da Area Democratica – chiederebbero una riflessione sullo stato del partito e sul gruppo dirigente. Mentre i dalemiani tacciono, il franceschiniano Fiano ha dovuto chiarire di non aver adoperato la parola “verifica” ma ha confermato che se il voto dovesse risultare non felice si aprirebbe una riflessione. Che per altri assomiglierebbe tanto ad una vera e propria resa dei conti. Senza escludere nulla.

da Europa Quotidiano 14.05.11

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Bersani, l’obiettivo pd nelle grandi città «Due vittorie subito e due ballottaggi», di Monica Guerzoni

In piazza Maggiore, luogo simbolo e scrigno dei «ricordi più belli» , si materializza a sorpresa Romano Prodi. Pier Luigi Bersani lo prende per mano e insieme tagliano la folla, diecimila persone. «La Lega fonda la sua campagna elettorale sulla paura e noi non dobbiamo, non possiamo avere paura» , sprona il padre nobile del Pd, accolto dall’applauso più caldo. L’abbraccio con il leader certifica il valore della sfida. «La volgarità di Berlusconi è diventata la sua bandiera» , sferza l’ex premier. E il segretario confessa: «È la piazza che mi fa battere il cuore…» . Bersani i suoi elettori è andato a stanarli uno per uno, palco dopo palco. E da Bologna, dove chiude la rincorsa elettorale del Pd, Bersani scuote il ramo dei delusi: «Ci sono elettori del centrodestra che sono un po’ scossi e ammaccati…» . Dopo le sferzate ai grillini, l’appello ai moderati è l’ultima carta prima del silenzio. «Solo odio, aggressione, diffamazione, promesse a vuoto — attacca il leader democratico— Berlusconi la butta in rissa, perché vuole eccitare la tifoseria» . Bersani smentisce di aver invocato la «spallata» , ma sente che i cittadini di Bologna, di Milano, di Torino, di Napoli, di Trieste o di Cagliari hanno fretta di «andare oltre Berlusconi» . E si augura che usino la scheda per spazzar via il governo, non solo a livello locale. «Non aspettiamo l’ora x, ma vogliamo che da queste elezioni venga un segnale chiaro» , scandisce Bersani, che ai fedelissimi ha confidato il suo ottimismo. La previsione del segretario è «una vittoria a Torino e Bologna» , anche se la frammentazione, con «tante candidature e tante liste » , ha portato un filo di fibrillazione negli staff di Fassino e Merola. Quanto a Milano e Napoli, al di là degli entusiasmi da comizio, Bersani non si fa illusioni su una vittoria al primo turno: «Contiamo di giocarcela al ballottaggio» . Nell’insieme, si riterrà «vincitore se ci sarà un’inversione di tendenza rispetto all’abbrivio vincente di cui gode il centrodestra» . Il cuore della sfida è Milano, dove da tre lustri il centrosinistra non agguanta un ballottaggio. Ma i leader del Pd fiutano che «l’aria è cambiata» . D’Alema parla di «derby possibile» e Bersani sfida il ministro Calderoli: «Ditegli che perde a Milano e perde anche a Bologna» . L’ordine di scuderia è ostentare sicurezza, ma al vertice del Pd si teme un blitz televisivo del premier. Dovesse accadere, Bersani è determinato a «scalare i tetti» dell’Agcom: «Non è accettabile che Berlusconi faccia quel che vuole alla modica cifra di qualche multa» . Il dalemiano (milanista) Matteo Orfini teme che il Cavaliere possa «strumentalizzare» la festa dello scudetto del Milan e violare la legge con un maxi spot elettorale. E Anna Finocchiaro denuncia: «Altro che par condicio, è uno scandalo!» . Di Pietro chiede un voto che cancelli il «neofascismo di ritorno» . Vendola si aspetta «un gesto di sinistra, di libertà, di ecologia» . E Casini descrive Berlusconi come un animale feroce: «Non è un Lassie e non è un cane lupo, è un lupo. E con il lupo bisogna stare attenti…» .

La Repubblica 15.04.11