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"Alta produttività e ricerca gli «asset» della Germania", di Rossella Bocciarelli

Saranno pure meri confronti congiunturali, però lasciano di stucco: gli ultimi numeri diffusi da Eurostat descrivono un paese, la Germania, che sembra avviato verso un nuovo miracolo economico e un altro, l’Italia, per descrivere il quale bisogna rispolverare la frase attribuita a Galileo Galilei: “Eppur si muove”. Nell’ultima settimana abbiamo scoperto che il Pil tedesco viaggia al +4,9% tendenziale mentre quello italiano cammina all’1%; la produzione industriale tedesca ha una crescita annua a due cifre(+10,9%) mentre quella italiana è aumentata in un anno del 3,1 per cento. Inoltre il tasso di occupazione delle persone in età compresa fra i 15 e i 64 anni in Germania è oggi del 71,1% mentre in Italia si colloca al 56,9%, cioè 14 punti in meno. Ma anche se guardiamo al reddito delle famiglie, vediamo che nell’arco di un decennio il reddito reale di quelle tedesche è salito dell’11% e quello dei nuclei italiani è sceso del 4 per cento. Ma perché l’unico confronto con la Germania che non fa rattristare gli italiani è quello calcistico? «All’origine della forza dell’economia tedesca – osserva Sergio De Nardis, chief economist di Nomisma – c’è un fatto virtuoso: una straordinaria crescita della produttività . Questo ha riguardato in particolare la produttività manifatturiera, salita in Germania nel periodo pre-crisi tra il 2002 e il 2007 del 19 per cento». Ma non basta. Negli ultimi anni la Germania ha fatto una impressionante cura dimagrante per cogliere tutti i vantaggi della moneta unica. Ha messo mano ai conti pubblici, ha modernizzato il ciclo produttivo delle proprie imprese, ha reso più flessibile il mercato del lavoro, pur di rendere l’economia più competitiva.
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Le principali differenze
LA CRESCITA DEL PIL
LA PRODUZIONE INDUSTRIALE
TASSI DI OCCUPAZIONE

GERMANIA
In un Paese che invecchia rapidamente, imprese e Governo puntano a migliorare i livelli di produttività per mantenere gli stessi livelli di produzione e di prosperità. Oltre a modernizzare gli impianti, il Paese ha eliminato le barriere all’ingresso in molti settori, salvo quello bancario
I senza lavoro sono scesi sotto i 3 milioni, ai minimi degli ultimi 20 anni. Grazie alla ripresa economica, ma anche all’introduzione di contratti a tempo determinato e a tempo parziale e alla scelta di ridurre i salari reali, con aumenti salariali inferiori all’inflazione
Nel bilancio 2011, il governo Merkel ha promesso 13 miliardi di euro di investimenti in R&S. Tra il 1998 e il 2009 la quota di spesa in ricerca e sviluppo è passata dal 2,27 al 2,78% del Pil. Gli investimenti non sono calati neppure durante la drammatica recessione del 2009
Oggi l’export vale circa il 50% del Pil. Nel 2010, il Paese ha esportato beni in tutto il mondo per 952 miliardi di euro. Il 66% ha avuto come destinazione laUe. Il resto è andato nelle Americhe, in Asia e in Africa. Nel 2011 sarà celebrato il 60° anniversario delle relazioni tedesco-indiane
Il governo Merkel ha messo a disposizione 9,75 miliardi di euro per rafforzare la logistica. Che già ora fa della Germania il crocevia europeo. Non solo per il trasporto aereo. Duisburg è il più importante porto fluviale d’Europa e si punta con forza sull’alta velocità ferroviaria
Accantonata per ora la promessa di ridurre le imposte perché vanno prima risanati i conti. Già attivi per le Pmi incentivi fiscali (almeno nei primi anni di vita) e agevolazioni nel rapporto con atenei e centri di ricerca. Nel 2010 sono nate circa 425mila start-up (+3% sul 2009)
ITALIA
Tra il 2000 e il 2009 la produttività del lavoro italiana è pari a -0,5 per cento in media d’anno, con un valore aggiunto pari a un-0,2% medio annuo e una crescita delle ore lavorate (0,4% medio). Particolarmente forte è la riduzione tra il2007-2009 (-2,7% in media d’anno)
L’Fmi ha appena consegnato una lettera all’Italia nella quale sottolinea il “dualismo” del mercato del lavoro. Il problema più acuto è la disoccupazione nel Mezzogiorno e quella giovanile (per ogni adulto disoccupato in Italia ce ne sono 4 giovani)
Gli obiettivi di Lisbona stabilivano un obiettivo pari al 3 per cento per la spesa in Ricerca e sviluppo: l’Italia si colloca ancora all’1,3 per cento.Larga parte di questa spesa è concentrata nel Centro Nord, a parte il Lazio, dove sono tutti gli enti pubblici di ricerca
Anche in Italia l’export è tornato ad aumentare con l’arrivo della ripresa internazionale, ma il contributo netto è relativamente piccolo perché appena si verifica un recupero dell’economia questo mette in moto immediatamente nella nostra economia molte importazioni
Nel libro bianco Ue sul trasporto ferroviario i nodi irrisolti: mancanza di infrastrutture adeguate al trasporto moderno; assenza di interoperabilità tra reti e sistemi; poche ricerche sulle tecnologie innovative. A giugno 2010 la rete ferroviaria si sviluppa per 5,5 km per 100 km² di superficie territoriale
Secondo l’Ocse l’Italia è il terzo Paese al mondo per pressione fiscale. Nella classifica stilata dall’organismo basato a Parigi la pressione fiscale italiana che è stata pari al 43,5% del Pil nel 2009, viene collocata al terzo gradino, dopo Svezia e Danimarca.

Il SOle 24 Ore 15.05.11