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"Donne e migranti, con la crisi più discriminazioni sul lavoro", di Giuseppe Vespo

Donne e migranti sono i più discriminati nel lavoro: in tutto ilmondo guadagnano meno e godono di minori tutele. Una situazione che rischia di peggiorare, secondo il terzo rapporto globale sulla discriminazione redatto dall’Ilo, l’International Labour Organization delle Nazioni Unite. In «Uguaglianza nel lavoro: una sfida continua», l’agenzia sostiene che la crisi economica e finanziaria mondiale,«come previsto, si è tradotta in una grave crisi dell’occupazione ». E insieme alla «crisi sociale globale », nonostante «i passi in avanti della legislazione» ha portato «ad un aumento dei rischi di discriminazione contro determinate categorie di persone» tra cui le donne e i lavoratori migranti. Quanto alle prime, si sottolinea come guadagnino dal dieci al trenta per cento in meno rispetto agli uomini. Le donne continuano a subire discriminazioni in termini di tipologia di impiego a cui possono accedere, condizioni di lavoro e opportunità di accesso a posizioni di responsabilità. In media, una lavoratrice guadagna tra il settanta e il novanta per cento di quanto guadagna un uomo, anche se impiegato nello stesso lavoro: «Nonostante i progressi raggiunti in termini di istruzione – è scritto a questo proposito nello studio – il divario salariale esiste ancora e le donne continuano ad essere maggiormente impiegate in lavori mal retribuiti». L’Ilo sottolinea che, «se da un lato sono state introdotte progressivamente misure sulla flessibilità degli orari di lavoro come esempio di politiche a favore delle famiglie, dall’altro la discriminazione legata alla gravidanza e alla maternità rimane ancora un problema diffuso». Dati recenti, peraltro, mostrano che 829 milioni di donne nel mondo vivono in povertà, mentre la cifra equivalente per gli uomini è di 522 milioni. Anche i lavoratori migranti, si legge, «sono spesso discriminati nell’accesso all’impiego e nel lavoro e in molti Paesi sono esclusi dai sistemi di protezione sociale». Difficoltà che hanno in larga parte i «650 milioni di persone con disabilità, com’è dimostrato dal basso tasso di occupazione di queste persone». Secondo Juan Somavia, direttore generale dell’Ilo, sono «periodi di difficoltà economica»come quelli che viviamo a costituire «terreno fertile per la discriminazione nel lavoro e, più in generale, nelle società». Oggi «il rischio è che gli importanti risultati ottenuti nel corso dei decenni vengano compromessi».

L’Unità 16.05.11