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Ilo (Ufficio internazionale lavoro): “Nuove forme di discriminazione. E le più antiche sono risolte a metà”

Rapporto ‘Uguaglianza nel lavoro: sfida continua’. Le donne continuano a essere penalizzate. Difficoltà per i disabili. Razzismo e discriminazioni sulla base degli stili di vita. Nuove discriminazioni e vecchi problemi risolti a metà. È questo il quadro mondiale delle discriminazioni sul mondo del lavoro delineato dal rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro (Ilo) dal titolo “Uguaglianza nel lavoro: una sfida continua”. Secondo il rapporto, infatti, tra i problemi ancora irrisolti o risolti soltanto in parte c’è la discriminazione delle donne, il razzismo, la religione, ma tra le nuove forme, l’Ufficio internazionale del lavoro ci sono anche gli stili di vita.

Donne e lavoro. Negli ultimi decenni, spiega il rapporto, i progressi in materia di pari opportunità nel mondo del lavoro sono stati importanti. Tuttavia le disuguaglianze salariali persistono. Le donne, denuncia il rapporto, guadagnano in media il 70-90% di quanto guadagnano gli uomini. Donne discriminate anche a causa della gravidanza e della maternità, nonostante negli anni siano state introdotte progressivamente misure sulla flessibilità degli orari di lavoro come esempio di politiche a favore delle famiglie.

Le molestie sessuali. “Le giovani donne, non autonome finanziariamente, single o divorziate, e le lavoratrici migranti sono i gruppi più vulnerabili”, spiega il rapporto, che denuncia come le molestie sessuali siano ancora un problema significativo nei luoghi di lavoro. “Fra gli uomini – precisa lo studio – le vittime sono il più delle volte i giovani, gli omosessuali e i membri delle minoranze etniche o razziali”.

Razzismo. “Combattere il razzismo è oggi più che mai una questione prioritaria”, spiega il rapporto. “Gli ostacoli che impediscono il libero accesso al mercato del lavoro devono essere ancora rimossi, in particolare per le persone di origine africana o asiatica, per le popolazioni indigene e le minoranze etniche e, soprattutto, per le donne che appartengono a questi gruppi. I lavoratori migranti sono spesso discriminati nell’accesso all’impiego e nel lavoro, e in molti paesi sono esclusi dai sistemi di protezione sociale”.

Religione. La discriminazione per motivi religiosi è in crescita. È in aumento, infatti, secondo lo studio, il numero di donne e uomini discriminati per tali motivi. “La discriminazione per ragioni di opinione politica – aggiunge lo studio – tende ad essere più frequente nel settore pubblico dove l’appartenenza alle idee politiche del governo in carica può essere un elemento determinante per accedere ad un posto di lavoro”.

Disabilità. Secondo quanto riporta lo studio dell’Ilo, circa il 10% della popolazione mondiale, ovvero circa 650 milioni di persone, presenta una disabilità fisica, mentale, sensoriale o intellettuale. Di questi, oltre 470 milioni sono in età lavorativa. “Secondo i dati disponibili, il tasso di occupazione di queste persone è molto più basso rispetto alle persone che non hanno disabilità”. Le Nazioni unite, inoltre, stimano che l’80% delle persone con disabilità nei paesi in via di sviluppo vive nella povertà, molti dei quali nelle aree rurali, mentre secondo la Banca Mondiale, il 20% dei poveri del mondo soffre di qualche forma di disabilità.

Hiv/Aids – “La discriminazione nei confronti di persone con Hiv – spiega il rapporto – può manifestarsi attraverso l’imposizione di analisi obbligatorie o in cui la volontarietà è solo apparente o la confidenzialità dei risultati non è garantita. Uno studio nell’Asia orientale commissionato dall’Ilo ha rivelato che alcuni datori di lavoro facevano eseguire test, che formalmente erano volontari ma che in pratica erano imposti, per poter avere il contratto di lavoro”. Tuttavia la Conferenza internazionale del lavoro ha adottato una raccomandazione che garantisce la protezione contro la discriminazione nelle assunzioni e nei luoghi di lavoro, nonché contro il licenziamento motivato dall’effettiva o supposta contrazione della malattia.

Età – Secondo una ricerca effettuata dalla Commissione Europea nel 2009, spiega lo studio, il 58% degli europei ritenevano che la discriminazione per età fosse molto diffusa nel proprio paese, rispetto al 42% dell’anno precedente. In totale, il 64% degli individui intervistati si aspettava che la crisi economica avrebbe aumentato l’incidenza delle discriminazioni per età nel mondo del lavoro.

Orientamento sessuale – “L’omosessualità in molti paesi è ancora considerata come un crimine”, aggiunge lo studio. Secondo alcune fonti, la differenza salariale tra omosessuali ed eterosessuali varia dal 3 al 30%. “Le coppie composte da individui dello stesso sesso non sempre godono degli stessi vantaggi delle coppie sposate, ed il diritto di includere il compagno all’interno dei piani di assicurazione sanitaria e di altri benefici connessi all’attività lavorativa non sempre viene garantito”.

Stile di vita – In alcune regioni e paesi del mondo, la discriminazione basata sullo stile di vita è divenuta una questione di grande attualità, specialmente in relazione al tabagismo e all’obesità. La questione è ancora concentrata in un numero limitato di paesi industrializzati e nel prossimo futuro nuove analisi di monitoraggio e ricerche faranno certamente luce sui modelli emergenti, in modo da rendere possibile la definizione, da parte di governi e parti sociali, di orientamenti ed interventi appropriati.

La risposta dell’Ilo. Per contrastare la discriminazione l’Ilo raccomanda la promozione della ratifica universale e dell’applicazione delle due Convenzioni fondamentali sull’uguaglianza e la non discriminazione; lo sviluppo e la condivisione di conoscenze sull’eliminazione della discriminazione nell’impiego e nelle professioni; lo sviluppo delle capacità istituzionali dei costituenti dell’Ilo nell’attuazione più efficace del diritto fondamentale di non discriminazione nel lavoro; e il rafforzamento dei partenariati internazionali con attori principali che si occupano di uguaglianza. La ratifica delle due Convenzioni fondamentali dell’Ilo sono state ratificate rispettivamente da 168 e 169 Stati, su un totale di 183 Stati membri dell’Ilo. “Quando il numero delle ratifiche supererà il 90%, l’obiettivo della ratifica universale sarà a portata di mano”.

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