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"Su Fincantieri il governo sapeva tutto", di Gianni Del Vecchio

«Mentre i governi degli altri paesi europei che hanno interessi nel settore navale hanno sempre portato avanti politiche protezionistiche, in Italia il settore è stato quasi del tutto abbandonato a se stesso e, esauriti i finanziamenti previsti sino a qualche anno fa, si è assistito ad un blocco quasi totale delle commesse con annullamento di contratti già stipulati o richieste di posticipare le consegne di navi già in costruzione. L’Italia finora non ha fatto niente di concreto per sostenere il settore, e la cantieristica in particolare». Il virgolettato in questione potrebbe essere di qualunque esponente dell’opposizione, da Bersani a Vendola, interessato a pochi giorni dai ballottaggi ad attaccare in modo strumentale l’esecutivo, caduto sulla colpevole ignoranza del piano industriale di Fincantieri, che prevede il licenziamento di 2550 operai e la chiusura di due cantieri e mezzo.
Invece no. Le parole vanno fatte risalire a quasi due anni fa, novembre 2009, e sono state scritte da Raffaele Lauro, senatore Pdl di area scajoliana, in una mozione dal titolo indicativo: “Sostegno all’industria cantieristica italiana”. Lauro, peraltro, all’epoca dei fatti aveva più di un piede nel governo, visto che era il consigliere di Claudio Scajola, allora ministro dello sviluppo economico.
La mozione quindi dimostra fuori da ogni ragionevole dubbio il dolo dell’esecutivo nell’aver ignorato per mesi e mesi la cantieristica italiana, nonostante fosse perfettamente consapevole dell’ineluttabilità di una crisi che mette in ginocchio un settore fino a poco tempo fa uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana.
E anche adesso, se non bastasse, gli elefantiaci tempi di reazione del ministro Romani, che ha convocato il tavolo con azienda e sindacati solamente fra sette giorni, confermano una squadra ormai allo sbando, senza uno straccio di strategia industriale.
Del resto, cosa ci si può aspettare da un premier, Berlusconi, che per ben sei mesi (dalle dimissioni di Scajola alla nomina di Romani) ha tenuto le riunioni a palazzo Chigi senza il ministro dello sviluppo economico, secondo per importanza solo all’Economia? Siccome però al male non c’è mai fine, un’altra vicenda industriale è lì a ricordarci come anche quando Berlusconi interviene non è che le cose si risolvano. Anzi.
Lufthansa ha annunciato l’abbandono dell’aeroporto di Malpensa, portando con sé un milione di passeggeri ma soprattutto svuotando uno scalo già penalizzato dalla fuga di Alitalia, dipartita “benedetta” dallo stesso Berlusconi in cambio del salvataggio della compagnia di bandiera.
In questo modo, quello che doveva essere l’hub italiano rischia di diventare una cattedrale nel deserto, per lo più usata come bancomat dalla politica locale: la Moratti, azionista dello scalo in veste di sindaco di Milano, ha deciso quest’anno di intascare un dividendo straordinario di 110 milioni di euro. Quando le imprese sono al servizio della politica e non viceversa.

da Europa Quotidiano 26.05.11