attualità, politica italiana

"Berlusconi a Deauville fa fumo e alza sabbia", di Francesco Lo Sardo

Un uomo prigioniero dei suoi incubi: il premier in Normandia non si ferma più e rincara la dose.
«En effet, tout, à Deauville, est prétentieux… beaucoup de sable et beaucoup trop de poudre aux yeux», scriveva già la celebre Guide Conty, per turisti della Belle Époque bocciando come un bidone la località della Bassa Normandia: molta sabbia e troppo fumo negli occhi.
Così è stata anche la rovinosa seconda giornata di Silvio Berlusconi nella Deauville di cent’anni dopo, nei giorni del G8: altra sabbia e fumo negli occhi, sollevati da un imbarazzante Cavaliere in versione stalker che per il secondo giorno consecutivo ha molestato tutti con le proprie poco edificanti grane giudiziarie, riarpionando Obama durante la passeggiata dei capi di stato e di governo verso il Cercle des propriétaires, il prestigioso circolo dei proprietari delle più celebri scuderie di cavalli e scaricando sul malcapitato presidente russo Medvedev un torrente di vocali e consonanti contro i magistrati italiani che lo perseguitano.
Altro che vergogna e contrizione per l’agguato ad Obama del giorno prima. I capi di stato e di governo che arriveranno a Roma giovedì prossimo 2 giugno invitati da Giorgio Napolitano per i 150 anni dell’unità d’Italia, sono avvisati. «Ho preso la decisione ogni qualvolta incontro altri capi di stato e di governo di spiegargli che cosa succede in Italia», ha minacciosamente annunciato nel primo pomeriggio Berlusconi comparso in una solitaria conferenza stampa, rabbuiato e cupo, leggendo un foglietto di accuse lunari contro «i giudici che interferiscono nella politica italiana», dopo essere stato tenuto in isolamento per due giorni dai grandi della terra che non gli hanno concesso un minuto di incontri bilaterali.
Una performance internazionale inqualificabile, censurata da Michele Vietti, vice presidente del Csm (e cioè numero due di Giorgio Napolitano che presiede l’organo di autogoverno della magistratura) con parole di fuoco: «Fare una caricatura grottesca della magistratura italiana a livello internazionale non aiuta un sano equilibrio tra i poteri né le riforme…».
Chissà se Barack Obama, che l’altro giorno ascoltava sbigottito il miliardario di Arcore che denunciava l’esistenza di «una dittatura dei giudici di sinistra in Italia», avrà capito cosa diceva Berlusconi: «Non so, ma noi abbiamo capito, purtroppo », ha scosso la testa Vietti.
Ne ha dette anche altre, ieri, Berlusconi, al G8 sulla primavera araba. La più divertente: «Non ho mai usato toni estremistici in campagna elettorale». La più bizzarra: la denuncia di una sentenza che lo condanna a pagare 750 milioni, che ha definito «un tentativo di aggredirmi anche patrimonialmente». La più inquietante: «Non me ne vado finché non avrò riformato la giustizia».
Parole, queste ultime, che gettano nella disperazione un Pdl col morale sotto i tacchi, lacerato, a pochi giorni dall’annunciata batosta elettorale. Nessuno ieri nel Pdl ha speso una parola per difendere le esternazioni del Cavaliere a Deauville.
Persino Alfano s’è tirato indietro: «Parlo solo di riforme della costituzione». Il ministro degli esteri Frattini ha tentato di farlo, ma con argomenti da diagnosi psichiatrica alquanto controproducenti: «Le parole di Berlusconi denotano una profonda sofferenza umana». In più, nel caos del Pdl, Frattini ha fatto sapere di volere, in sintonia con Scajola, la testa di Verdini e La Russa, mentre il capo dei circoli del Pdl Valducci, finora tra i berluscones più obbedienti, s’è messo a chiedere anche lui le primarie sulla scia di Formigoni e Alemanno.
La Polverini, socia del sindaco di Roma nella costruzione di una nuova corrente del centrodestra ha intanto annunciato la fine della coalizione nel Lazio, accusando il Pdl di «comprare» i consiglieri della sua lista. Tutto crolla, in vista del voto di Milano.
Moratti dà il colpo finale: il suo vicesindaco sarà Castelli, non Salvini. Uno schiaffo ai maroniani, la maggioranza della Lega in città: la sconfitta, ora, è certa.

da Europa Quotidiano 28.05.11

******

“Solo Napolitano parla col mondo”, di Mariantonietta Colimberti

Al presidente della repubblica tocca tenere alto il nome dell’Italia: ieri ha visto il capo della Casa Bianca.
Tre giorni di celebrazioni della festa della repubblica. Saranno le occasioni in cui le strade di Giorgio Napolitano e di Silvio Berlusconi torneranno ad incrociarsi. Perché dal 28 aprile, data dell’ultima volta che il presidente del consiglio, accompagnato da Gianni Letta, è salito a Quirinale a parlare di Libia, ma soprattutto ad annunciargli l’intenzione di nominare un battaglione di sottosegretari, non c’erano più state occasioni di incontro. L’ultima foto ufficiale che li ritrae vicini, invece, data 17 marzo 2011, giorno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia.
Da allora, il fossato si è ulteriormente approfondito: mentre Berlusconi continuava a parlare e soprattutto a sparlare di giudici, di sinistra paraterrorista, a fare una campagna elettorale sempre più scomposta, con insulti agli avversari e occupazione di televisioni, il capo dello stato proseguiva nel suo caldo dialogo con il paese, ovunque accolto da applausi ed ovazioni. Una linea ferma e costante, incentrata nella difesa della Costituzione, delle istituzioni e della loro dignità, dei giudici e del loro sacrificio.
Il fossato è apparso plasticamente incolmabile lo scorso 9 maggio, giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo e delle stragi. Berlusconi quella mattina era a Milano per il processo Mills e nelle pause dell’udienza definiva i giudici «cancro della democrazia».
Proprio nelle stesse ore, Napolitano parlava dei magistrati uccisi, ne ricordava i nomi dinanzi ai familiari che aveva abbracciato, e la voce gli si spezzava per la commozione, come altre volte in occasioni analoghe.
È tutto così chiaro, in Italia ma ormai anche all’estero, che il presidente della repubblica difficilmente riterrà necessario intervenire direttamente per esprimere un qualsiasi giudizio o monito sulle ultime intemerate pubbliche di Berlusconi a Deauville.
Napolitano, ieri e oggi a Varsavia per il vertice dell’Europa centro-orientale, eviterà di commentare all’estero i comportamenti di Berlusconi, anche se istituzionalmente molto scorretti e denigratori del nostro paese.
Del resto, di Barak Obama, incontrato e salutato calorosamente ieri sera, il capo dello stato italiano è da tempo interlocutore privilegiato, al punto che c’è chi ritiene che tra i due ci sia stato anche un incontro riservato a New York, alla fine di marzo. L’imminenza del voto dei ballottaggi, inoltre, è un ulteriore elemento a favore del mantenimento del riserbo da parte del nostro capo dello stato.
Lunedì sarà un altro giorno e lo scenario che si presenterà richiederà una rinnovata attenzione e capacità di guida. Il Berlusconi che andrà al Quirinale per il ricevimento di martedì 31 e che parteciperà alla festa della repubblica il 2 giugno insieme ad altri 42 capi di stato e di governo sarà con ogni probabilità un leader ancor più fiaccato della vigilia. Se la reazione inclinerà più verso la depressione o, invece, verso comportamenti aggressivi e parole fuori controllo si vedrà. Come si dovrà vedere anche cosa farà la Lega, il cui asse col Quirinale è apparso negli ultimi tempi decisamente appannato, nonostante qualche parola riparatrice in extremis di Umberto Bossi.
Infine, per Berlusconi c’è la spada di Damocle del dibattito parlamentare chiesto proprio da Napolitano dopo la nomina dei nuovi sottosegretari.
Martedì a Montecitorio si riunirà la conferenza dei capigruppo per stabilirne la data. Il tempo del governo potrebbe essere segnato. Al Quirinale, i capi del mondo incontreranno l’unica personalità alla quale italiani di ogni orientamento riconoscono autorevolezza.
«Sento la fiducia degli italiani di tutte le idee politiche» disse lo stesso Napolitano a Firenze lo scorso 12 maggio.

da Europa Quotidiano 28.05.11