attualità, politica italiana

«Niente crisi anche se perdiamo», di Barbara Fiammeri

Silvio Berlusconi continua a ripetere come un mantra che il risultato del voto di Napoli e Milano «non influirà sul governo», la legislaturà «durerà fino al 2013» e nei prossimi due anni saranno realizzate «la riforma del fisco, della giustizia e quella istituzionale». Gli echi dell’ultima performance del premier al vertice del G-8 continuano a rimbalzare mentre il Cavaliere si appresta a salire sul palco allestito in piazza del Plebiscito per chiudere assieme a Gigi D’alessio la campagna elettorale di Gianni Lettieri, il candidato sindaco del centrodestra nel capoluogo partenopeo.
Il pericolo di una debacle è avvertito da tutto lo stato maggiore del partito del premier e dalla Lega che negli ultimi giorni ha lanciato segnali evidenti di insofferenza. Bossi continua in pubblico a mostrarsi solidale con il premier. Ma di un comizio comune neppure a parlarne. Forse anche per questo il Cavaliere ha preferito scendere a Napoli dove il clima è tesissimo: nella notte scorsa qualcuno ha appiccato il fuoco nell’ufficio elettorale di Lettieri. Immediato lo scambio di accuse con l’avversario de Magistris. Il premier si è presentato al comizio dove ha nuovamente promesso uno stop «alle demolizioni delle case abusive». Contemporaneamente, poco lontano dal suo albergo, Luigi De Magistris veniva accolto da migliaia di sostenitori al grido di «sindaco, sindaco».
Sono le ultime inquadrature di una campagna elettorale piena di colpi di scena e di amare sorprese per il Cavaliere e che culminerà nella foto dei risultati definitivi di questi ballottaggi dove in gioco c’è ben più della poltrona di un sindaco.
Le sparate di Roberto Calderoli sul trasferimento dei ministeri culminate nella richiesta, poi smentita, di voler trasferire lontano da Roma anche la presidenza della Repubblica e soprattutto l’assenza pesante di Bossi dalle iniziative organizzate da Letizia Moratti, sono più che un avvertimento. Calderoli ha negato di aver mai detto – come riportato dal Corriere della Sera in un’intervista – di voler trasferire il Capo dello Stato al Nord. Ma il giornale guidato da Ferruccio de Bortoli ha confermato e dopo l’annuncio di querela da parte dell’esponente della Lega ha fatto partire una controquerela. Anche nel Carroccio però la sortita di Calderoli non è stata particolarmente apprezzata. Bossi sta valutando il da farsi ma certo non vuole incrinare il rapporto con il Colle. I sospetti di un disimpegno della Lega si rafforzano anche se non mancano i contrasti interni al Carroccio sulla linea da seguire. Matteo Salvini, uomo di punta della Lega milanese, è stato silurato in una conferenza stampa tenuta da Letizia Moratti insieme a Tremonti. Il sindaco ha infatti annunciato che se vincerà, il ruolo di vicesindaco spetterà a un altro leghista, Roberto Castelli, e che in giunta entreranno esponenti di punta come i pidiellini Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera e Luigi Casero ai quali – sia pure dall’esterno – si aggiungerà l’ex primo cittadino Gabriele Albertini. L’ordine di mettere da parte Salvini (uomo legatissimo a Roberto Maroni) sarebbe giunto da Renzo Bossi, il figlio del Senatur e dal capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni. Salvini non sembra preoccuparsi più di tanto («martedì tornerò a lavorare, con quale ruolo lo decideranno i milanesi). Anzi, aveva già fatto sapere che se non avesse piovuto avrebbe partecipato al concerto del suo gruppo preferito, Elio e le storie tese, organizzato però per il comizio di chiusura di Giuliano Pisapia. Il candidato del centrosinistra si è detto certo della vittoria. In una piazza gremita nonostante il diluvio, Pisapia ha assicurato che sarà il sindaco di «tutti i milanesi» e non cercherà «rivincite politiche» perché – ha detto citando Don Milani – «ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
Nel Pdl ci si prepara al peggio. In pericolo non sono solo Milano e Napoli ma anche Cagliari e Trieste, entrambe governate finora dal centrodestra. «La maggioranza è coesa», sostiene Berlusconi che liquida la vicenda dei ministeri al Nord come mera «campagna elettorale» e si mostra ottimista sulla crisi, sostenendo che l’Italia «è uscita meno peggio di altri» e chi dice che è più povera «finge di non vedere» perché «c’è il lavoro nero».
Il Cavaliere si sente accerchiato e non solo – come spiega pubblicamente – dai magistrati. Teme il disimpegno della Lega, che dialoga con l’opposizione sulla riforma della legge elettorale ma anche le guerre interne al partito.

Il Sole 24 Ore 28.05.11