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"In un Carroccio inquieto cresce la tentazione di smarcarsi" di Massimo Franco

I maligni potrebbero pensare ad un’uscita concordata con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Ma la raccomandazione con la quale ieri la Commissione europea ha chiesto all’Italia di «essere pronta» a scongiurare qualsiasi aumento della spesa pubblica era nelle cose. Rimanda alle «debolezze strutturali» della sua economia. E ricorda che la credibilità del piano che corregge i conti è «credibile fino al 2012» : non fino al 2014. Il fatto che il documento spunti dopo l’incontro ad Arcore fra Silvio Berlusconi, la Lega e lo stesso Tremonti, conferma soltanto quanto sia difficile sciogliere «il dilemma fra rigore e sviluppo» . Le parole affidate da Umberto Bossi alla Padania di ieri parlano di un premier paladino di una riduzione delle tasse; e di un ministro dell’Economia a difesa dei conti pubblici. La novità è che Bossi li invita a «trovare la quadra» . È un linguaggio abbastanza inedito. Fino al voto amministrativo di metà maggio, il capo del Carroccio parlava di Tremonti come dell’unico esponente del governo del quale ci si dovesse fidare: le tensioni di solito si registravano fra il superministro e i colleghi del Pdl. L’apparente equidistanza fra Berlusconi e Tremonti lascia dunque indovinare un’incrinatura. Attenzione ai conti e ai mercati, è la premessa. Ma «alla fine Tremonti dovrà trovare il modo di ridurre un po’ le tasse per le famiglie e per le imprese» , insiste il leader dei lumbard. Si tratta di una pressione non da poco: sebbene senza conseguenze, per ora. Non lo permettono i costi che una simile riforma implicherebbe. In più, Berlusconi e Bossi sono sì d’accordo a proseguire la legislatura; ma con agende tutte da verificare. Il premier oggi riunirà i vertici di un Pdl che dopo la designazione di Angelo Alfano alla segreteria politica non trova ancora pace. E le iniziative leghiste sui ministeri trasferiti a Nord, con Roberto Calderoli che deposita alla Corte di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare e raccoglie le firme, sarebbero una reazione ad impegni disattesi da Berlusconi. Spie di un nervosismo crescente come i «contratti territoriali» riesumati dal figlio di Bossi, Renzo. È un leghismo inquieto, quello che si prepara al raduno tradizionale di Pontida del 19 giugno. Stavolta non si preannuncia come una passerella vittoriosa ma come una «via crucis» di fronte a militanti frustrati dalla sconfitta elettorale; e desiderosi di ricevere un messaggio di chiarezza sul centrodestra, sulle prospettive del federalismo, sulle nuove ondate di immigrati. Dopo i ballottaggi la Padania aveva perfino pensato ad un titolo di prima pagina nel quale voleva chiedere alla base se non fosse meglio andare avanti da soli. Non se n’è fatto nulla: ha prevalso la lealtà verso il governo Berlusconi. Ma i colloqui di Arcore sono stati giudicati scoraggianti: anche per le tensioni fra il premier e Tremonti. Quando Bossi chiede a entrambi di trovare una soluzione, di fatto si sfila e li osserva quasi da una certa lontananza. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, però, è esplicitamente favorevole alla riforma fiscale. E sembra che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, prema per una presa di posizione dura sulle scelte economiche. Insomma, tutto lascia pensare che a Pontida si tireranno somme amare: nulla che lasci presagire un lieto fine. Se non c’è una sterzata, la Lega vede altre sconfitte dietro l’angolo. Così, è costretta a sperare che prevalga la ricetta dello «sviluppo» berlusconiano, nonostante le incognite che apre nei rapporti con l’Europa. Ma rimane scettica comunque, di fronte ad uno sfondo che non era stato mai così destabilizzante nella sua inconcludenza. Se non cambia nulla nelle prossime due settimane, la minaccia che il fondatore del Carroccio, oggi ministro delle Riforme, sarebbe tentato di lanciare è quella delle proprie dimissioni dal governo. Può darsi che si tratti soltanto di pretattica: di un disperato tentativo di costringere palazzo Chigi a decisioni che esita a prendere. Certamente, però, è anche il segno che i malumori dentro il partito di Bossi stanno lievitando in maniera preoccupante. L’ «asse del Nord» appare lontano anni-luce.

Il Corriere della Sera 08.06.11