attualità, politica italiana

Copertina sull'Italia "Silvio ha fregato un intero Paese", di Milena Grieco

«Unfit to govern», indegno o inadatto a governare. Prima Pagina The Economist. Nel 2001 una famosa copertina dell`Economist riassunse in poche parole il motivo per cui Silvio Berlusconi non avrebbe mai dovuto diventare primo ministro: «Unfit to govern», indegno o inadatto a governare, per il conflitto d`interessi causato dalla sua posizione di imprenditore più ricco d`Italia e padrone di un impero mediatico, e per i molti processi per corruzione e altri reati che gettano un`ombra sulla sua onestà.
Dieci anni sono trascorsi e oggi il settimanale britannico (che in realtà è ormai poco britannico bensì globale, vendendo fuori dal Regno Unito l`80 per cento della sua tiratura di un milione e mezzo di copie) dedica una nuova copertina a Berlusconi, (l’articolo in originale) con un titolo ancora più severo: «The man who screwed an entire country», testualmente «L`uomo che ha fottuto un intero paese», con un doppio senso sui suoi problemi giudiziari per il «bunga-bunga», perché il verbo «screw» significa sia letteralmente fottere, sia fregare, rovinare, distruggere. Un titolo impresso su una fotografia del Cavaliere, come sempre sorridente.
Quelli che non sorridono più sono gli italiani, afferma però l`Economist in un editoriale e in un inserto speciale di 14 pagine sul nostro paese. «Come leader nazionale, Berlusconi è stato un disastro», sostiene il giornale, «per tre ragioni».
La prima sono gli scandali di sesso, per i quali è ora sotto processo. La seconda sono gli scandali finanziari, gli imbrogli, le evasionifiscali, le bustarelle, peri quali ha subito innumerevoli processi e non ha ancora finito. Ma la terza ragione è in fondo la più grave, scrive il settimanale: «La sua totale indifferenza per le condizioni economiche del suo paese». L`inserto rileva che negli ultimi dieci anni il pil italiano è cresciuto in media dello 0,25 per cento annuo, «migliore solo di quello di Haiti e Zimbabwe in tutto il mondo».
E ancora: un quarto dei giovani (molti di più al Sud) sono disoccupati, la partecipazione della donne al lavoro è al 46 per cento, la percentuale più bassa d`Europa, siamo all`80esimo posto nell`indice della Banca Mondiale sui paesi in cui «fare affari», al 46esimo in quello del World Economic Forum come «competitività».
Conclusione: «Le conseguenze dell`era Berlusconi graveranno sull’Italia per anni a venire». Potenzialmente l’Italia «ha tutto quello che serve per ripartire», e lo ha dimostrato in altre occasioni, come quando ha fatto le riforme per entrare nell’euro, ma per riuscirci e per far decollare l`economia «serve un cambiamento politico».

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Un Paese fottuto da un uomo solo. L’Economist e il tramonto di B.
di Caterina Soffici

Londra Ogni volta che gliela ricordano, l’ex direttore Bill Emmott ridacchia sotto il pizzetto: “Con quella copertina sono diventato famoso nel vostro paese. Il giorno che ho lasciato l’Economist ho ricevuto tre offerte di collaborazione: erano tutte da giornali italiani”. E infatti quella copertina è rimasta nella storia: Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy, “inadatto a governare l’Italia”. Era il 2001. Sono passati dieci anni e nel numero in edicola oggi il settimanale inglese ci va giù ancora più pesante: “L’uomo che ha fregato un intero paese”. Sempre lui. Sempre Silvio nostro, che se allora querelò, questa volta potrebbe direttamente chiedere l’arresto dei responsabili del giornale. La copertina, un Rapporto Speciale sull’Italia di 14 pagine in occasione dei 150 anni dell’unificazione (“Per un nuovo Risorgimento”) e un editoriale di fuoco che non lasciano dubbi interpretativi: “L’era Berlusconi graverà sull’Italia per anni a venire”.
UN’ANALISI impietosa e lucida, come si dice in questi casi, che noi purtroppo conosciamo bene, ma che letta con l’occhio di un anglosassone è abbastanza impressionante e fa concludere: “Non vediamo alcun motivo per cambiare il verdetto del 2001”. E infatti Berlusconi è stato così incapace di governare che mentre tutti gli altri paesi crescevano, l’Italia nell’ultimo decennio ha avuto una crescita bassissima: solo il Pil di Zimbabwe e Haiti dal 2001 è cresciuto meno di quello italiano.
L’Economist (del cui speciale, in edicola da oggi, riportiamo alcuni stralci in queste pagine) ricorda che B. è stato il più longevo presidente del Consiglio italiano dai tempi di Mussolini, ci descrive come un paese vecchio e corrotto, in mano alle corporazioni (ce n’è per avvocati, farmacisti, tassisti), dove un gruppo ristretto di forti privilegiati vive bene a scapito di molti senza tutele e disoccupati, dove una casta di politici e dirigenti tiene in mano le sorti di un paese (l’età media del primo ministro in Italia si aggira sui 62 anni, Berlusconi ne ha 74, Cesare Geronzi anche, Antoine Bernheim ha lasciato Generali a 85, e anche i boss mafiosi seguono l’andazzo: Bernardo Provenzano ne aveva 73 quando è stato arrestato), con un sistema bancario ingessato, un quarto dei giovani è disoccupato, con la percentuale di donne lavoratrici più bassa dei paesi occidentali, una università disastrata e in mano ai baroni, dove il familismo amorale è la regola, dove i giovani laureati scappano all’estero per sfuggire al sistema delle raccomandazioni e delle conoscenze.
QUANDO è andato al potere Berlusconi aveva promesso riforme liberali, ma fa notare l’Economist che le amministrazioni Pdl e Lega sono quelle che hanno meno liberalizzato i servizi. Malgrado tutti i suoi processi per corruzione e frode (senza contare la saga di Ruby e del Bunga Bunga), un terzo degli italiani continua a crederlo vittima dei giudici di sinistra e lui continua a spacciare la favola che non è mai stato condannato, anche se non è vero, perché molti processi si sono conclusi con condanne poi lasciate cadere per procedure barocche o andati in prescrizione, grazie a leggi che si è fatto su misura.
“Tra una battaglia giudiziaria e l’altra” scrive l’Economist, qualche riforma l’ha fatta, come la Biagi e quella dell’Università. Avrebbe potuto fare di più se avesse usato il suo potere e la sua popolarità per fare altro anziché difendere i suoi interessi personali” scrivono. Comunque, malgrado Berlusconi e tutti i danni che la sua politica ha causato, l’Italia si salva. “È un paese ricco, in pace e civilizzato che non sembra essere troppo in crisi” dice il report, ma non può più vivere di rendita. “Potrebbe andare avanti in questo modo, impolverandosi e invecchiando sempre più, ma restando a galla agevolmente”. E questa sembra la cosa più probabile. Ma il paese ha bisogno di un nuovo Risorgimento, come quello che portò all’unificazione 150 anni fa. Per recuperare il tempo perso ci vorranno anni di duri sacrifici. E, va da sé, un cambio di governo.

da Il fatto Quotidiano 10.09.11