attualità, politica italiana

"La rete gelatinosa di affari e amicizie", di Fiorenza Sarzanini

Ci sono le nomine ai vertici degli Enti e le assunzioni delle amanti; le informazioni riservate carpite spiando le inchieste e i ricatti agli imprenditori per farsi consegnare Rolex e soggiorni in hotel di lusso.C’è la rete di relazioni che arriva ai livelli più alti delle istituzioni e degli apparati e quella che pesca nel sottobosco delle forze dell’ordine. C’è, ed è questo a colpire, un intreccio di legami tra personaggi che riemergono dalla vecchia Repubblica e uomini che invece dovrebbero rappresentare il nuovo. Perché Luigi Bisignani e Alfonso Papa alla fine sono le due facce della stessa medaglia, uniti da un filo che parte dalla P2 e arriva ai giorni nostri. Bisignani ha 58 anni, Papa 41. Li divide una generazione, li unisce una irresistibile attrazione verso il potere che consente loro di occupare le poltrone e così pilotare l’assegnazione degli appalti pubblici, il flusso dei finanziamenti alle imprese, addirittura le proposte legislative. Ma anche di alzare il telefono e far ottenere alla propria fidanzata un contratto a tempo indeterminato con l’Eni oppure una consulenza con un’azienda di Finmeccanica. Il Piano di Rinascita nazionale della P2 -alla quale Bisignani era iscritto -era un progetto che mirava a condizionare le istituzioni fino al limite della sovversione. Queste nuove aggregazioni hanno ambizioni molto meno elevate, ma— a quanto pare— uguale capacità di insinuarsi nei Palazzi e inquinare la capacità di funzionamento dello Stato. Nella sua ordinanza il giudice di Napoli ha fatto cadere alcune accuse mosse dai pubblici ministeri, come la corruzione, perché ha ritenuto che non fossero sufficientemente provate. E soprattutto quelle dove labile è il confine tra l’attività di lobby e il reato. Ha accantonato— proprio perché non supportata da elementi concreti— l’ipotesi di associazione a delinquere. Il seguito dell’inchiesta dirà se le contestazioni di concussione, rivelazione di segreto e favoreggiamento siano fondate, ma il quadro già emerso appare inquietante. Soprattutto perché a confermarlo, almeno nelle parti più significative, è stato lo stesso Bisignani. La sua scelta di presentarsi davanti ai magistrati ammettendo e spiegando quello che già emergeva nelle conversazioni intercettate non è bastato ad evitargli l’arresto, sia pur attenuato con la detenzione a casa. Ma è servito all’accusa che nelle sue dichiarazioni ha trovato riscontri importanti, soprattutto sull’attività di spionaggio delle indagini in corso. Non c’è — almeno a leggere le prime carte processuali — un vero progetto politico in questo nuovo gruppo, forse impropriamente chiamato P4. Ma questo non lo rende meno pericoloso. Anche perché mostra una capacità di ricatto che si alimenta con la raccolta di notizie riservate sulla vita privata dei personaggi pubblici. Un condizionamento che sono le stesse istituzioni — facendo pulizia al proprio interno — a dover fermare.

Il Corriere della Sera 17.06.11

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