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Letta: "Il Pd non appoggerebbe mai un governo Maroni", di Carlo Bertini

Questa è la fotografia del crepuscolo di un leader che, dopo aver contribuito a far cadere la Prima Repubblica, ora ricorda l`Andreotti del tirare a campare. Anzi questo finale doroteo di un leader che ricorre al catenaccio lo fa assomigliare più a Forlani e a Trapattoni»: per il vicesegretario del Pd Enrico Letta, « questa giornata è finita nel peggiore dei modi per gli italiani e questo governo o fa subito la manovra oppure se ne vada ».
Quindi le minacce dei Senatùr non sono l`antipasto di una crisi
«Da questa pagina triste emerge la completa inadeguatezza di Bossi a guidare un movimento come la Lega . Ha contribuito ad alimentare questo clima infame gonfiando le illusioni che si possano ridurre le tasse , con l`Italia sotto tiro delle istituzioni internazionali. Il secondo messaggio è: stiamo con Berlusconi ma anche lui è alla fine e quindi galleggiamo; terzo, l`avvertimento a Tremontì, basta sacrifici , certifica che l`asse si è incrinato».

Il quarto messaggio sono gli striscioni su Maroni premier. Voi lo appoggereste un governo a guida leghista?

«No, assolutamente. E comunque da Pontida arriva la conferma che non ci sarà un governo Maroni , ma il tentativo di andare avanti ancora un po`. Penso che ormai bisogna andare al voto , non mi pare ci siano alternative sotto mano. Ma la cosa pesante è che questo governo ha negoziato 40 miliardi di manovra con Bruxelles e quindi o la fa o si dimette . E invece Bossi sostiene l`opposto, mentre ieri il presidente dell` Eurogruppo ha detto che dopo la Grecia c`è l`Italia. E lo ricordo perché qui è passata l`idea che noi siamo quelli usciti meglio dalla crisi… ».

Non è che sta lanciando un segnale anche alla sinistra che non gradisce fare manovre lacrime e sangue?

«Lo dico con nettezza anche rispetto al centrosinistra: non c`è da scherzare. Interessi di bottega e giochi tattici non hanno diritto di cittadinanza: la priorità è voltare pagina. Ci toccherà fare di nuovo la “protezione civile” come nel `96 e nel 2006? Ci accolleremo questa responsabilità , ma andare avanti sulla linea di Bossi ci avvicina ad Atene e non alla Baviera».

La battuta su Bersani e lo spadone di Giussano non aiuta il dialogo con la Lega. Dopo Pontida è tramontato il progetto di cambiare insieme la legge elettorale?

«Noi sfidiamo la Lega e partiamo al suo popolo, che a Gallarate ha votato per noi. Parliamo a quella base e a quelle piccole imprese prese in giro per anni . Non è tattica e ciò che manca nell`analisi di Bossi è un dato semplice: dopo tre anni di governo con Berlusconi, il Carroccio si trova nella condizione in cui il primo capoluogo di regione che il centrodestra amministra, partendo dalla Svizzera in giù, è Roma . E questo vuol dire che oggi gli interessano più i ministeri che i Comuni. Per il resto, ho sempre creduto poco che si riesca a cambiare la legge elettorale in questo Parlamento, ma se c`è la volontà di provarci noi siamo sempre lì con le nostre proposte».

Un`ultima cosa: lei per mesi ha sostenuto che il Pd doveva mollare Di Pietro e ora dopo la tripletta alle urne teorizza l`attacco a tre punte. Come mai?

«La novità principale è che tutto l`elettorato ci chiede unità. Poi l` Idv, che prima puntava a sostituirci, ora gioca un ruolo da alleato e può stare in squadra come fece Di Pietro con Prodi nel 2008, quando fece la sua parte senza provocare mai crisi. E comunque, dopo tutto quello che ha detto Bossi, si avvicina ancor di più la possibilità di un`alleanza col Terzo Polo ».

La Stampa 20.06.11