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Bindi: «Se il vento sta cambiando è anche merito delle donne»

«Se il vento cambia è anche perché le donne hanno dato inizio alla stagione del cambiamento dal 13 febbraio scorso. Le donne sono il motore determinante». Così Rosy Bindi, presidente del Pd, nel suo intervento alla conferenza nazionale delle donne che si sta svolgendo al Radisson hotel di Roma. «Siamo dentro una fase politica delicata – ha aggiunto – c’è uno scollamento tra società italiana e chi rappresenta con la maggioranza il parlamento. Questo scollamento ci preoccupa perché è molto distante da ciò che esprime il Paese con le ultime elezioni e con i referendum».

Bindi ha poi voluto «ringraziare chi ha diretto l’Unità in questi anni. Un grande ringraziamento a Concita De Gregorio per il suo impegno».

Sulla polemica che ha investito il manifesto della festa dell’Unità a Roma, ha preferito invece alleggerire gli animi: «Oggi mi sono messa i pantaloni. Anche se non diamo più di tanto peso al manifesto, è però necessario riflettere sugli stereotipi». Chiarendo: «Si poteva evitare la manipolazione un po’ maldestra di un manifesto più famoso. Non ci scandalizzano due belle gambe, e se siamo contente di aver regalato lo slogan lo siamo un po’ meno perché non è stata rispettata l’integrità della nostra persona». Ciò detto, la presidente del Pd invita «a non enfatizzare oltre e a non dare importanza a questa vicenda».

La riunione è stata convocata per annunciare una legge di iniziativa popolare sulla quale il Pd intende raccogliere migliaia di firme per chiedere la maternità universale a carico della fiscalità generale, il congedo di paternità obbligatorio di 15 giorni, un piano straordinario di asili nido, l’abolizione delle dimissioni in bianco a causa delle quali, secondo le promotrici, 800 mila donne sono costrette a lasciare il lavoro alla nascita del primo figlio.

Tra i molti interventi previsti quelli di Roberta Agostini, Anna Finocchiaro, Rosy Bindi, Marina Sereni. Parteciperanno inoltre le donne della segreteria nazionale del Pd e numerose rappresentanti degli enti locali, del mondo imprenditoriale e delle associazioni.

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Conferenza nazionale delle Donne democratiche.

“Il nostro tempo è adesso”, Relazione di Roberta Agostini, portavoce delle donne del PD

Lo slogan che abbiamo voluto per la seconda riunione della Conferenza, “il nostro tempo è adesso”, è stato, come sapete, lo slogan dei giovani precari e delle manifestazioni che qualche mese fa hanno occupato le piazze italiane e riprende quel “se non ora quando”delle donne il 13 febbraio. Sono state mobilitazioni che hanno rimesso in movimento un Paese che pareva addormentato, incantato dalle promesse e dalla retorica berlusconiana e che hanno ruotato intorno a richieste molto concrete (la scuola, l’università, il lavoro, le politiche sociali) ma anche intorno alla rinascita di nuove passioni civili e di nuovi sentimenti pubblici e collettivi.

Noi ci siamo. Siamo stati parte di un movimento di riscossa e ne abbiamo raccolto la spinta progressiva ed ideale incrociando le domande che sono salite dal paese con la nostra proposta ed il nostro profilo politico e progettuale. Lo abbiamo fatto con il lavoro messo in campo in questi mesi, con le assemblee nazionali che hanno discusso ed approvato proposte: sul fisco, sull’ambiente, sulla scuola, sulla cultura.Con la manifestazione nazionale che abbiamo organizzato al Circo Massimo. Con la Conferenza sul Lavoro che si è svolta qualche giorno fa, con la nostra Conferenza nazionale delle Donne, con il lavoro che tutti i giorni i circoli, gli amministratori, gli iscritti fanno sul territorio. Lo stiamo facendo con la discussione che ieri si è aperta in Direzione sul Partito e che proseguirà con la conferenza d’organizzazione.

La vittoria ai referendum e alle elezioni amministrative che segnano un passaggio decisivo nella vita politica del paese è anche il frutto anche del lavoro di tutte noi. I quattro mesi che ci separano dalla prima conferenza nazionale sono stati intensi ed appassionanti. In moltissime città che sono andate al voto, le conferenze sono state attive protagoniste della battaglia politica. Ci siamo date parole d’ordine ed una consapevolezza comuni, 10 impegni per una città amica delle donne, e nella campagna elettorale, nei comitati, nelle liste, da elettrici moltissime donne sono state protagoniste attive. Oggi le città nuove hanno anche tante donne nelle giunte: a Bologna, Torino, Milano, Napoli, Trieste, Cagliari il vento è cambiato anche per le donne. In queste città l’impegno per le giunte paritarie è stato rispettato ed è stato il simbolo del cambiamento delle classi dirigenti e delle priorità della politica. Questo risultato è stato anche un nostro successo, il frutto di un lavoro politico e culturale che ha segnato la nascita del partito e che è contenuto in due parole del nostro statuto: democrazia paritaria.

La strada da fare è ancora molta, pensiamo alla difficoltà dell’elezione delle donne nei consigli comunali, o agli ostacoli che ha incontrato la legge sulle quote rosa nei Cda. Ma dove abbiamo lavorato in squadra i risultati sono venuti e se questa forza collettiva la costruiamo intorno a contenuti proposte regole io penso che possiamo accorciare le distanze che ci separano ad esempio da molti paesi europei. Martedi prossimo la Camera licenzierà definitivamente la legge sulle quote rose sui cda. I nostri gruppi parlamentari, con grande tenacia, sono stati protagonisti ed hanno reso possibile la speriamo prossima approvazione definitiva del testo. Ora chiediamo con grande forza che il Parlamento approvi una modifica della legge elettorale per i comuni che contenga la doppia preferenza di genere. La ministra all’inizio della campagna elettorale ha depositato un testo simile al nostro. Bene, siamo contente. Ora la si approvi, prima della prossima tornata amministrativa. Raccoglieremo migliaia di firme e organizzeremo una campagna nazionale perché siamo stanchi delle false promesse di un governo ormai logoro. Dobbiamo interrogarci e capire fino in fondo la fase nuova che sembra essersi aperta in Italia Per la prima volta dopo tanti anni forse si è incrinata la narrazione che il centro destra ha proposto al paese, la ricetta individualista, populista e plebiscitaria è stata messa in discussione dalla crisi e dall’inefficacia delle politiche del governo.

Forse cominciano a fare meno presa le risposte basate sul mito di un ruolo taumaturgico del mercato, sul’illusione protezionista, sull’erosione del welfare come risposta alla crisi, sull’ostilità verso gli immigrati, sulla marginalizzazione del lavoro, dei giovani delle donne Il nesso tra questione democratica e questione sociale che abbiamo tenuto come stella polare della nostra impostazione politica ha incrociato la voglia di partecipazione popolare, la richiesta di un nuovo rapporto tra democrazia e mercato, di un nuovo ruolo di governo dei processi economici e sociali da parte della politica. L’Italia ci ha detto che cambiare è possibile e che intorno ad un nuovo senso civico e di comunità si può provare a cambiare strada e che questo Paese non si salva se si aggravano disuguaglianze e povertà.

Per prime lo hanno detto le donne. Il punto di svolta è stato il 13 febbraio e le grandi manifestazioni che hanno attraversato il paese perché hanno colpito al cuore i caposaldi i fondamenti i comportamenti del berlusconismo rivendicando la dignità, come ciò che non ha prezzo e non può essere comprato e venduto, come il cuore della condizione umana che accomuna uomini e donne e che è insopportabile che per le donne non valga perché possono essere comprate e vendute anche sul mercato della politica e nello stesso tempo rivendicando di essere una forza per il futuro del paese e protestato per la marginalizzazione e l’esclusione crescente dalla scena pubblica del paese. I dati Istat ci parlano di una condizione delle donne italiane ormai insostenibile, aggravata da tre anni a questa parte: bassissimo tasso di attività femminile, grande peso del lavoro di cura, il tasso di natalità è il più basso d’europa. Le donne italiane fanno una gran fatica ad entrare in un mercato del lavoro che poi le penalizza in termini di carriere, posizioni di responsabilità e retribuzioni, ne sono espulse, spesso con la pratica delle dimissioni in bianco, quando provano ad avere un figlio, si fanno carico di un lavoro di cura sempre più gravoso a fronte di un welfare debole ed inadeguato. Nello stesso tempo il 60% dei laureati è donna. A fare i conti con le interruzioni forzate del lavoro sono le giovani e le donne del sud.

Questa situazione non è più sopportabile. Le donne sono state il pilastro sul quale si è retto il nostro sistema di welfare. Cosa il governo pensa di fare di fronte all’evidenza che sotto i tagli al welfare, le donne, come giustamente sottolinea l’Istat, non ce la fanno più? La destra al governo ha fatto una scelta strategica: ha deciso di ridurre il welfare e di utilizzare le famiglie come ammortizzatore sociale; è andata avanti con tagli ciechi alla spesa, come denunciamo da tempo, soffocando l’economia ed alimentando fenomeni recessivi ed aumento della disoccupazione. Solo qualche giorno abbiamo organizzato la primavera delle politiche sociali, mobilitandoci x rendere evidenti i danni della cancellazione di servizi, un vero e proprio ritiro delle strutture dello stato sociale e cancellazione dei diritti sostituiti –forse – dall’elemosina del ministro Tremonti. Siamo stati in piazza con le associazioni per protestare contro i tagli al fondo sociale, che sono tagli che bruciano perché pesano su coloro i quali avrebbero maggiore bisogno di tutele e sostegno.

Le donne sono state le più penalizzate dentro una politica che dura ormai da tre anni e non ha portato il Paese da nessuna parte, ma solo alla stagnazione e all’immobilismo. Non solo tagli, cancellazioni di leggi, ma elevare l’età pensionabile delle donne del pubblico impiego senza restituire nulla di quei 4 miliardi di risparmi in 10 anni alle politiche di sostegno al lavoro femminile e alla conciliazione è un vero e proprio scippo, che continuiamo a denunciare contro il quale ci siamo opposti in Parlamento e abbiamo dato e daremo il nostro sostegno alle decine di associazioni che hanno protestato contro questo Ma alla destra ancora non è bastato: non è sufficiente che sulle donne italiane ricada per intero il peso del lavoro di cura e che nulla sia previsto per riequilibrare una situazione che vede le italiane lavorare in casa in media 4 ore di più dei coetanei uomini. Ora si annuncia l’aumento dell’età pensionabile anche nel settore privato per continuare a fare cassa sulle spalle delle donne. Il quadro desolante che emerge dalle intercettazioni che sono sui giornali di un governo trincerato nei palazzi e colluso con i poteri occulti, l’inerzia sulle questioni economiche e sociali, l’assenza di prospettiva ci dice una cosa: che questo governo se ne deve andare.

Noi, abbiamo la consapevolezza della complessità delle forze che si sono messe in movimento e abbiamo la responsabilità di consolidare questa fase che si è aperta nel paese e di darle una prospettiva, uno sbocco politico di aprire le porte e di recuperare il rapporto con la vita delle persone ed i problemi del paese. La nostra conferenza nazionale sul lavoro ha messo al centro da tre parole: lavoro, persone democrazia. Io credo che per dare corpo e sostanza a queste tre parole non possiamo non partire dalla condizione descritta dall’Istat. Non è un caso se al centro del nostro programma di riforme c’è l’obiettivo strategico dell’incremento del tasso di occupazione femminile: 3 milioni di donne in più al lavoro avrebbero un effetto straordinario in termini di crescita del paese. Quali politiche attivare dentro quel grande piano per l’occupazione femminile e giovanile che è la nostra proposta. Io credo che dobbiamo ripartire dal grande tema del lavoro di cura che con la crisi, con l’erosione del welfare pubblico e con la trasformazione delle famiglie è diventato un grande questione politica urgente, uno di quei bisogni attorno ai quali organizzare la risposta sociale, al centro di una strategia di innovazione e rilancio del welfare.

Facciamo 4 proposte in base alle quale scrivere una legge di iniziativa popolare.

Primo: chiediamo di reintrodurre la norma vs dimissioni in bianco, che questo governo ha cancellato nei primi mesi dal suo insediamento, perché cessi lo scandalo delle donne costrette a dare le dimissioni, magari perché aspettano un figlio. L’Istat ci ha parlato di 800.000 donne che lasciano il lavoro e non tutte volontariamente.

Due: vogliamo che la maternità sia davvero un diritto universale, estendendo l’indennità al 100% della retribuzione per tutte e tutelando anche le donne che non lavorano. Dobbiamo riaffermare il valore sociale della maternità.

Tre: Introduciamo il congedo di paternità obbligatorio, perché vogliamo parlare di condivisione e non solo di conciliazione. Attraverso una cultura nuova che redistribuisca le responsabilità equamente nello spazio pubblico ed in quello privato.

Quattro: dobbiamo almeno avvicinarci all’Europa attraverso un piano straordinario di asili nido, che non solo consente alle donne di lavorare, ma innesca un processo virtuoso perché mette al lavoro imprese e persone. Noi crediamo che soprattutto in un momento di crisi e di tagli di bilancio, le risorse vanno impiegate laddove c’è più bisogno e laddove innescano processi di crescita.

Sono proposte che possiamo fare perché poggiano sulla nostra storia, su leggi che hanno nomi e cognomi, che hanno cambiato la vita delle donne e che sono state fatte tutte da noi. Tutta la buona legislazione italiana che tutela la maternità ed il lavoro delle donne e che spesso è disapplicata o non adeguatamente finanziata è stata varata negli anni del centro sinistra al governo: le leggi che stabiliscono il diritto all’assegno universale di maternità (448 e 488), la legge 53 sui tempi, la legge 188 sulle dimissioni in bianco, la legge sull’imprenditoria femminile e potrei continuare. Puntare sulle capacità femminili e sulle donne come risorsa per la crescita del paese, significa davvero costruire un’alternativa radicale al disastro rappresentato dal governo e alla cultura politica che il centro destra esprime. Non si tratta solo di un elenco di proposte. Faremo una grande campagna, raccogliendo firme ed interloquendo con i movimenti, le donne e gli uomini perché vogliamo dare un messaggio chiaro e vogliamo che a cambiare sia la cultura del paese. In questi giorni si è accesa una polemica sui manifesti del Pd di Roma.: in molti li hanno criticati, altri li hanno difesi; io dico sinceramente che, come ho già avuto modo di spiegare, quei manifesti li avrei fatti diversamente e che la festa si poteva pubblicizzare bene anche uscendo dagli stereotipi e che questa si sarebbe stata una novità. Non penso che sia moralismo.

Bisogna prendere atto che è cresciuta una sensibilità sul tema della rappresentazione del corpo e del ruolo delle donne che anche noi come PD abbiamo contribuito a far crescere con le battaglie negli enti locali, in Parlamento. Io so che in chi ha scelto quei manifesti non c’è stata ovviamente nessuna intenzione offensiva, ma dobbiamo tutti insieme interrogarci su quanto è accaduto negli ultimi anni, sulla cultura del paese, e sul senso comune che attraversa tutti, i generi, le generazioni, e mi auguro che davvero, come è già stato detto dalla segreteria di Roma, la festa possa essere la sede di un dibattito pubblico molto serio e nel merito. Quest’anno è la prima volta della nostra festa: le donne democratiche per la prima volta a Marinella di Sarzana in un bellissimo posto di mare organizzano 10 giorni, dal 7 al 17 luglio, per incontrarsi, discutere approfondire tutti i temi della nostra agenda politica. Parleremo anche li di rappresentazione del corpo delle donne, di economia e lavoro, di sociale e di cultura, di democrazia paritaria e di Europa. Sarà l’occasione per rilanciare temi e proposte politiche ma anche una festa per conoscersi di più con quante vorranno partecipare. Ad ottobre, il 21 ed il 22 di ottobre, un venerdi ed un sabato abbiamo in programma una grande assemblea nazionale delle amministratrici, per confrontarci sulle politiche locali e su come essere possano rappresentare uno snodo fondamentali delle riforme che proponiamo al paese.

Dal 3 al 5 novembre stiamo lavorando con Livia Turco e la fondazione Jotti ad un seminario rivolto alle donne più giovani sulle leggi che hanno cambiato il paese e sulla storia ed il pensiero delle donne. Io credo che entro dicembre noi dobbiamo completare il percorso di insediamento delle conferenze regionali che ancora mancano Questo è il programma di lavoro che vi propongo Nello slogan “il nostro tempo è adesso” c’è un’urgenza che preme nel paese. Molte di noi andranno a Siena il 9 ed il 10 discuteremo di come proseguire nella strada che si è aperta il 13 febbraio, su quali proposte e con quali modalità. Io la sento anche come una nostra responsabilità, quella di dare seguito al movimento. Il bellissimo video che convoca l’assemblea finisce con le due attrici che lasciano le buste della spesa e dicono “ora senza le donne non si governa”. Io vorrei dire che noi stiamo da protagoniste dentro questa fase di cambiamento ed in questa assunzione di responsabilità abbiamo promosso la conferenza con l’ambizione di rappresentare con le nostre diverse storie, esperienze, culture politiche e con il nostro progetto la speranza di cambiamento per il Paese .

www.partitodemocratico.it

qui gli interventi alla Conferenza delle donne democratiche