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Donne nei Cda, 'sì' bipartisan. Camera dà il via libero definitivo

Il ddl è stato approvato con 438 sì, 27 no e 64 astenuti. La componente femminile nei Consigli dovrà essere di un quinto a partire dal 2012 e di un terzo dal 2015. La Camera ha approvato in via definitiva il testo sulla parità di accesso nei Cda delle società quotate in mercati regolamentati. La legge è passata con 438 sì, 27 no e 64 astenuti. Il via libera bipartisan arriva dopo quello avuto dal Senato: il testo passa ora alla firma del capo dello Stato per la promulgazione e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
A favore hanno votato tutti i gruppi parlamentari, mentre hanno dichiarato in aula la loro astensione i sei parlamentari radicali eletti nel Pd. “Come Radicali siamo sempre stati contrari alle quote”, ha spiegato Rita Bernardini. Con loro, in dissenso dai rispettivi gruppi, le deputate leghista Manuela dal Lago e dell’Udc Luisa Capitanio Santolini.

La legge in pillole. Ecco, in sintesi, cosa stabilisce la nuova legge:
– QUOTE ROSA DI UN TERZO: I consigli di amministrazione e gli organi di controllo delle società quotate e delle controllate pubbliche non quotate dovranno essere composti da un quinto di donne a partire dal 2012 e da un terzo dal 2015.
– SANZIONI: in caso di inadempienza ci sarà una diffida da parte della Consob a reintegrare il cda o i collegi entro quattro mesi; in caso di ulteriore inadempienza scatteranno un’ulteriore diffida di tre mesi e le sanzioni pecuniarie: da 100 mila a 1 milione di euro per i cda e da 20 mila a 200 mila per i collegi sindacali. Qualora le società non si dovessero adeguare entro i sette mesi concessi dalle due diffide scatterà la decadenza del consiglio d’amministrazione o degli organi di controllo.
– ENTRATA IN VIGORE: la legge entrerà in vigore dopo un anno esatto dalla pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale.

Favorevoli e contrari. Contro la legge, diversamente dal proprio e dagli altri gruppi, si sono espressi in aula i deputati Pdl Andrea Orsini, Fabio Garegnani, Emerenzio Barbieri, Giancarlo Lernher. “Il sistema delle quote lo considero – ha detto Orsini- illiberale e grave: lo stato non può scegliere in tutto o in parte la composizione di Cda societari. La libertà di impresa e i diritti di ogni cittadini, non sono divisibili: devono andare tutti nella stessa direzione che non è certo quella delle quote” . “Le quote – ha fatto eco Garegnani- sono profondamente discriminatorie: e sono profondamente offensive per la diginità della donne, non a sua tutela”. “Le quote si conciliano ben poco – ha aggiunto Barbieri- con lo spirito liberale del nostro movimento politico: rinnegano la meritocrazia, creano riserve indiane”. “Sono offensive per le donne e un grave vulnus al principio di vera uguaglianza”, ha aggiunto Lerner. “Io sono al di là delle quote rosa, sarei favorevole delle quote azzurre, quelle maschili: trovo le quote avvilenti”, ha voluto mettere agli atti per parte sua Alessandra Mussolini. ”Si tratta di una norma che colma un ritardo storico, perché spinge in una direzione che porta il Paese più vicino all’Europa”, è stato il commento di Dario Franceschini, che ha anche sottolineato che si tratta di un’iniziativa parlamentare del Pd.

Da Carfagna a Mosca: “Un grande giorno”. “È un grande giorno per il Paese. Una grande occasione per dimostrare non siamo democrazia dimezzata. È un testo condiviso, equilibrato, avanzato: mi onoro di averla proposta e portata avanti; è una legge epocale di cui ringrazio tutti: governo, ministro Carfagna, gruppi parlamentari e le commissioni e le centinaia di donne che mi hanno sempre sostenuta”, ha detto in Aula Lella Golfo, deputata Pdl, coautrice con la Pd Alessia Mosca della proposta di legge approvata.
“L’Italia ha preso oggi una decisione di portata storica, ha fatto un importantissimo passo in avanti sulla strada della valorizzazione del talento e delle energie femminili”, è stato il commento di Mara Carfagna, ministro per le Pari Opportunità. “Grazie a un percorso condiviso di maggioranza e opposizione, al lavoro di donne e uomini di valore e a una discussione franca ma mai eccessiva, è stata scritta una legge equilibrata, graduale e temporanea, che consente una maggiore partecipazione delle donne senza compromettere la libertà di impresa” conclude il ministro. “Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato per questa legge: purtroppo i maschietti di questo Parlamento quando si tratta di ‘tutelare’ le donne si prodigano mentre quando si tratta di attribuire responsabilità di potere si tirano indietro “, ha detto dai banchi del Pd Paola Concia. “Le quote – ha affermato fra l’altro in un appassionato intervento la presidente Fli della commissione Giustizia Giulia Bongiorno – sono oggi necessarie, ma per prime le donne sanno e devono impegnarsi perché siano transitorie e limitate: un momento di mero passaggio”.

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“Rivoluzione rosa nelle aziende donne obbligatorie nei cda”, di Luisa Grion

Dal 2012 al femminile un posto su cinque, dal 2015 uno su tre. La riforma diventa legge dello Stato e riguarda società quotate e società pubbliche. Per chi non rispetterà le quote previste multe e decadenza degli amministratori. Le quote rosa sono legge: le società quotate in Borsa e quelle a partecipazione pubblica dovranno far spazio, nei loro vertici, alle donne. Più che una spontanea apertura al femminile, quindi, si tratterà di un obbligo: i consigli di amministrazioni e gli organismi di controllo delle due tipologie d´impresa dovranno essere composti, a partire dal 2012, da un quinto di donne (il 20 per cento). Ma dal 2015, con il nuovo mandato, la presenza femminile dovrà salire ad un terzo (33,3 per cento).
Trattandosi di legge, il mancato rispetto sarà punito: prima con un semplice richiamo, poi con una sanzione pecuniaria, infine con la decadenza del cda o dell´organismo di controllo. O meglio: se le quote non saranno rispettate la Consob invierà una diffida alla società chiedendo di mettersi in regola entro quattro mesi. Se l´azienda persisterà nel suo comportamento, scatterà un´ulteriore avvertimento a tre mesi e l´obbligo di pagare una multa che potrà andare dai 100 mila a 1 milione di euro per i cda e dai 20 mila ai 200 mila euro per i collegi sindacali. Ma se, nonostante i ripetuti interventi, le femmine resteranno ancora senza la quota minima di poltrone, dopo sette mesi scatterà la decadenza del cda o dell´organismo di controllo stesso.
La legge è stata varata ieri, in via definitiva, dalla Camera con un voto bipartisan: 438 sì, 27 no e 64 astenuti. Le nuove norme, entreranno i vigore ad un anno esatto dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma per via delle naturali scadenze dei mandati, saranno a pieno regime nel 2015. Nel frattempo hanno prodotto molta soddisfazione e qualche nota polemica.
L´idea di ottenere un riconoscimento al lavoro femminile attraverso il meccanismo delle quote non è infatti mai piaciuta ai radicali: ieri i loro sei deputati sono stati fra i 46 astenuti, ma a votare «no» sono stati anche alcuni rappresentanti della maggioranza e dell´opposizione, sia maschi che femmine. «E´ una legge contraria al rispetto del diritto civile e delle istituzioni» ha detto Fabio Garagnani del Pdl. Ma anche da sinistra è arrivata qualche critica: «Non c´è niente di peggio delle quote. Lo dico io che sono abituata ad essere una quota per definizione, vorrei che le donne arrivassero ai vertici per quello che valgono, non perché rientrano in quote» ha commentato Ileana Argentin deputata del Pd donna e disabile.
Ma di gran lunga è prevalsa la soddisfazione e la sensazione di aver varcato una soglia importante: «La decisione è di portata storica» ha detto il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna; «un passo avanti che fa onore al Parlamento» ha commentato la collega dell´Ambiente Stefania Prestigiacomo. Stesso entusiasmo per l´opposizione: dal capogruppo del Pd Dario Franceschini, secondo il quale «la norma colma un ritardo storico e ci porta più vicini all´Europa», a Rosy Bindi. «Qualcosa si muove – ha detto – ora vigileremo sull´attuazione». La più soddisfatta di tutti è stata Lella Golfo, parlamentare del Pdl, prima firmataria del testo approvato: «Questa legge – ha detto – è un passaggio importante che riguarda le donne fortunate, perché già in possesso dell´ esperienza e dei requisiti necessari per entrare nei cda, ma anche quelle meno fortunate, perché le norme possono creare un circolo virtuoso e fare da traino».
Ora, incassato il risultato per le società quotate e quelle partecipate molto resta da fare, specialmente per quanto riguarda la politica: anche qui la tendenza è bipartisan. «Diamo il buon esempio: bilanciamo la composizione per sesso anche per l´ufficio di presidenza e del collegio dei questori della Camera» ha chiesto Alessandra Mussolini, Pdl, definendosi «al di là delle quote rosa». «Ora la politica ha meno alibi – ha detto Anna Finocchiaro del Pd – è chiaro che il prossimo passo è portare più donne in Parlamento».

La Repubblica 29.06.11