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"Sindacati e Confindustria. Accordo unitario sui contratti", di Giuseppe Vespo

Alla fine l’intesa unitaria è arrivata. Confindustria e sindacati hanno siglato un documento comune sulla validità dei contratti e la rappresentatività delle sigle sindacali. La firma è arrivata dopo un confronto «disteso » e attento, che in quasi sei ore ha affrontato i nove punti della bozza presentata dagli industriali e in parte modificata da Cgil, Cisl e Uil. Sul tavolo i temi caldi del confronto di questi mesi: dalle nuove regole per la rappresentanza sindacale, alle garanzie di efficacia per gli accordi firmati dalla maggioranza dei rappresentanti dei lavoratori, fino ad una definizione degli ambiti di interesse dei contratti nazionali e di quelli aziendali. Non si è parlato di deroghe, un termine che non compare nel testo e che non piace alla Cgil e alla Fiom. I metalmeccanici lo hanno ribadito lunedì al direttivo di Corso Italia, dove Susanna Camusso ha chiesto e ottenuto il mandato a trattare e a chiudere la partita sui contratti. Il segretario delle tute blu, Maurizio Landini, il portavoce della minoranza «La Cgil che vogliamo», Gianni Rinaldini e quello della «Rete 28 aprile», Giorgio Cremaschi, avevano espresso il loro «no» all’ipotesi di raggiungere un’intesa con Confindustria, soprattutto se questa avesse in qualche modo avallato le richieste della Fiat, che spinge sull’associazione degli industriali perché non vengano messi in discussione gli accordi separati firmati con Cisl e Uil negli stabilimenti di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Un fronte che si riaprirà comunque il 16 luglio, giorno in cui potrebbe arrivare la sentenza sul ricorso presentato dalle tute blu Cgil contro la newco costituita dal Lingotto nello stabilimento campano. OLTRE IL 2009 Il tavolo di ieri aveva come obiettivo dichiarato la firma di un accordo e il superamento delle divisione nate con la riforma del modello contrattuale del 2009, non firmata dalla Cgil. Un risultato importante, auspicato dal ministro Tremonti che ha ringraziato «Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, Susanna Camusso ed Emma Marcegaglia, per quello che hanno fatto nell’interesse del Paese». Ogni virgola del testo sottoposto alle parti è stata pesata e valutata. La linea seguita per riscrivere le regole delle future relazioni industriali è quella della piattaforma confederale del 2008, che si richiama al modus operandi utilizzato nel pubblico impiego. Quindi la rappresentatività dei sindacati viene tarata sommando il numero certificato degli iscritti a quello delle rsu elette in fabbrica. L’ipotesi di un’intesa aziendale verrebbe così validata dall’ok della maggioranza delle rsu, là dove ci sono. Nelle imprese dove sono presenti solo le rsa – nominate dai sindacati – l’accordo dovrebbe passare il vaglio del voto dei lavoratori. L’ipotesi è che se la rsa dovesse arrivare a un’intesa aziendale, basterebbe l’opposizione di una sola sigla o di una percentuale dei lavoratori in fabbrica per metterlo ai voti. L’altro punto caldo del confronto era la separazione degli ambiti tra contratto nazionale e aziendale, col primoche dovrà definire le regole del secondo.

L’Unità 29.06.11

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“Confindustria e sindacati trovano l’intesa”, di Roberto Giovannini

Quello che Emma Marcegaglia definisce «l’accordo interconfederale trovato nel tempo più breve da sempre» rappresenta forse una svolta. Perché pone fine a una lunga stagione di guerra tra le parti sociali, e di confusione sulle regole delle relazioni industriali. E perché sembra riproporre una volontà di protagonismo di Confindustria e Cgil-Cisl-Uil verso la politica in questo difficile momento economico e sociale. Una volta si sarebbe parlato di voglia di «concertazione».

L’intesa firmata ieri nella foresteria di Via Veneto di Confindustria dopo sei ore di trattativa no-stop – che dovrà però essere validata dal voto dei vari organismi dirigenti sicuramente però non metterà la parola fine ai conflitti e alle polemiche. Su un versante Emma Marcegaglia, sull’altro Susanna Camusso avranno delle belle gatte da pelare nei prossimi giorni. La Fiat, infatti, non trova nell’accordo interconfederale né l’alternatività tra contratti nazionali e aziendali, né la conferma della «piena operatività» e validità generale (anche in vista dei pronunciamenti dei tribunali) degli accordi già firmati a Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Su questo Emma Marcegaglia è stata chiarissima: «l’intesa non guarda al passato, ma al futuro, opera da domani. Se piacerà alla Fiat? Con Fiat parleremo, ma l’accordo va nella logica di rendere più esigibili e certi i contratti aziendali». Quelli futuri: la minaccia di uscita del Lingotto da Confindustria potrebbe dunque diventare realtà.

Ma anche la Fiom insorgerà, e in modo veemente. L’accordo non prevede in modo sistematico il referendum dei lavoratori sui contratti nazionali e aziendali firmati dai sindacati. E soprattutto da domani in poi gli accordi aziendali «alla Pomigliano» (sia pure senza tutte le caratteristiche tanto estreme varate negli stabilimenti Fiat, e con limitazioni fissate nei contratti nazionali) diventeranno effettivamente possibili. E non più contestabili, se firmati dalla maggioranza delle Rsu, le rappresentanze sindacali.

Sono, saranno, i problemi dei prossimi giorni. Intanto c’è l’accordo, nove punti che fissano le regole per i contratti nazionali e aziendali «affiancando» l’accordo del 2009 che la Cgil non firmò. E c’è un allegato che riguarda solo i sindacati: prevede che gli accordi generali vengano votati in una «consultazione certificata» da lavoratori e pensionati, come nel 1993 e nel 2007, e delega alle organizzazioni di categoria la definizione di regole per l’elezione delle Rsu e la firma di contratti nazionali e aziendali «in caso di rilevanti divergenze interne». Non sarà una passeggiata.

Al termine, i commenti dei protagonisti sono tutti positivi. «Sono molto soddisfatta», dice Emma Marcegaglia: «la volontà è di andare avanti assieme spiega – Credo che abbiamo fatto un passo importante e le parti sociali hanno dato un esempio di responsabilità e serietà. Ora si chiude una lunga stagione di divisioni e di separatezza tra di noi». Per Susanna Camusso, numero uno della Cgil, «pensiamo di aver dato un contributo in una situazione difficile per rimettere al centro il lavoro e la contrattazione. Cgil, Cisl e Uil hanno definito norme di democrazia e di coinvolgimento dei lavoratori nell’attuazione degli accordi superando una lunga stagione di incertezze. Abbiamo dato un contributo a rimettere il valore del lavoro e la centralità della contrattazione all’attenzione del nostro Paese e dei lavoratori». «In un momento così delicato per l’economia questo accordo ha un grande, grande valore dice il leader della Cisl Raffaele Bonanni – spero che in questo modo si possa contribuire a ritrovare fiducia nel paese. Un accordo impegnativo e importante che rappresenta anche una occasione di rilancio del movimento sindacale». Per il suo collega della Uil, Luigi Angeletti, è «un accordo molto importante che non serve per regolare i nostri rapporti», ma è stato firmato «nell’interesse dei lavoratori, dimostrando che le regole scritte lontano dai posti di lavoro hanno esaurito la loro funzione». Spara a zero invece Giorgio Cremaschi, presidente del CC della Fiom: «è un accordo che estende a tutti i lavoratori il modello Fiat, è un cedimento gravissimo della Cgil che contrasteremo in Cgil, nelle fabbriche e nel Paese».

Accordi e referendum Ecco tutte le novità

Da scrivere le norme per superare i dissensi sui contratti

L’ accordo firmato ieri non cancella ma integra l’accordo sul modello contrattuale del 2009. Di fatto la Cgil rientra formalmente in quel sistema. Vero è che con poche eccezioni (metalmeccanici e commercio) tutti i contratti siglati dopo sono stati firmati dalle tre sigle rispettando solo in parte le regole del 2009.

I contratti nazionali

Resta fermo il loro ruolo centrale e la non alternatività con i contratti aziendali. Stabiliscono salari e normative per tutto il settore, e gli ambiti possibili in cui i contratti aziendali possono stabilire deroghe. Si possono firmare o non firmare, come oggi, ma il «peso» dei vari sindacati verrà certificato dall’Inps che conterà formalmente il numero degli iscritti alle varie organizzazioni (ponderato con i voti presi alle elezioni delle Rsu). Per sedersi al tavolo un sindacato deve avere almeno il 5% dei lavoratori del settore.

I contratti aziendali

Una volta approvati valgono per tutti i lavoratori e vincolano le organizzazioni aziendali di Cgil-Cisl-Uil. Se stabiliscono clausole di tregua sindacale, le Rsu e i sindacati (ma non i singoli lavoratori, che possono sempre scioperare) devono rispettarle.

Approvare gli accordi aziendali Sono validi se approvati dalla maggioranza dei rappresentanti eletti nelle Rsu. In aziende dove ci sono solo le Rsa (nominate e non elette) sono validi se approvati dai sindacati che hanno la maggioranza degli iscritti certificati dall’azienda. E se un sindacato con il 30% degli iscritti non ci sta, si va al referendum tra tutti i lavoratori.

Deroghe dei contratti aziendali Anche «in via sperimentale» si possono prevedere modifiche rispetto ai contratti nazionali per «specifiche esigenze produttive». Se i contratti nazionali non fissano le regole, per situazioni di crisi o nuovi investimenti (tipo Fiat) si possono stabilire deroghe anche su orari, prestazioni e salario. Ma serve l’accordo dei sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil. Dunque, si possono fare «contratti Pomigliano»; ma devono essere tutti d’accordo.

E se non sono tutti d’accordo?

Il tema resta aperto: i sindacati di categoria, settore per settore, dovranno fissare le regole per fare le piattaforme, far approvare le intese ai lavoratori, e coinvolgerli «in caso di rilevanti divergenze» tra i sindacati.

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“Una firma che apre un’era nuova”, di Nicoletta Picchio

Più di sei ore di trattativa, anche con momenti di difficoltà. Poi, quasi alle dieci di sera è arrivata la firma. Stavolta unitaria: tutti d’accordo, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Un accordo che segna un passaggio storico nelle relazioni industriali e che riguarda la rappresentatività delle sigle sindacali e l’esigibilità dei contratti aziendali.
ROMA
Confermando le previsioni della vigilia, l’intesa firmata ieri stabilisce che se un accordo aziendale viene approvato dalla maggioranza delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie, oppure delle Rsa, le rappresentanze sindacali aziendali, le norme sono efficaci per tutto il personale “in forza” dell’azienda” e vincolano tutte le organizzazioni sindacali che hanno firmato l’intesa. Nel caso degli accordi siglati dalle Rsa è previsto un referendum abrogativo.
È stato uno dei punti più delicati della trattativa, insieme all’aspetto delle possibile modifiche che può contenere il contratto aziendale rispetto a quello nazionale. Nel 2009 è stata proprio la possibilità delle deroghe uno dei motivi per cui la Cgil di Guglielmo Epifani decise di non firmare la riforma della contrattazione.
Ieri, pur con termini diversi, si apre comunque la porta ad «intese modificative» anche in via sperimentale e temporanea.
Una possibilità che vale sia per quelle categorie il cui contratto collettivo le ha già recepite, come hanno fatto per esempio i metalmeccanici (articolo 4 bis), sia per quelle categorie che dovranno ancora farlo. In questo caso vengono specificati gli argomenti su cui si può intervenire: prestazione lavorativa, orari e organizzazione del lavoro. Intese che, viene detto esplicitamente nel testo, hanno efficacia generale come disciplinata nel protocollo.
È stata messa da parte però, per le resistenze della Cgil, la proposta di specificare la validità retroattiva delle norme sull’esigibilità delle intese aziendali. Un articolo che si sarebbe potuto applicare alle intese Fiat di Pomigliano e di Mirafiori, che sono già state firmate nei mesi scorsi (se l’accordo ci fosse già stato, Fiat non avrebbe avuto bisogno di creare newco fuori da Confindustria e di fare nascere le Rsa per avere quanto più possibile la garanzia di gestire gli investimenti).
Il protocollo, comunque, inserisce oltre all’esigibilità degli accordi aziendali approvati a maggioranza dalle Rsu e Rsa, anche il principio di tregua sindacale, proprio per evitare che una volta approvata l’intesa ci sia qualche sigla che proclama scioperi. Saranno i contratti aziendali a definire le clausole di tregua sindacale per garantire l’esigibilità delle intese. L’effetto sarà vincolante per le organizzazioni sindacali che hanno firmato l’intesa e non per i singoli lavoratori (per evitare di incappare nell’incostituzionalità).
Il protocollo, al punto primo, affronta anche la questione della rappresentatività delle sigle sindacali. Il punto di riferimento è stato l’accordo di Cgil, Cisl e Uil del 2008: ci sarà un mix tra deleghe e voti.
Il numero delle deleghe viene certificato dall’Inps e trasmesso al Cnel, che dovrà ponderarlo con i voti delle Rsu. Per la legittimazione a nagoziare è necessario che il dato di rappresentatività per ogni organizzazioni superi il 5% del totale dei lavoratori.
© RIPRODUZIONE RISERVATAUN ACCORDO IN OTTO PUNTI È stato siglato ieri l’accordo interconfederale unitario tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil che in otto punti ha fissato le nuove regole sulla rappresentanza sindacale dopo 17 mesi di divisioni sindacali. L’intesa ha fissato la possibilità di intese modificative ma le parti hanno concordato di mettere da parte la proposta di specificare la validità retroattiva delle norme sull’esigibilità delle intese aziendali EFFICACIA IN PRESENZA DI RSA
pIn aziende in cui sono presenti le Rsa (Rappresentanze sindacali aziendali) i contratti collettivi aziendali sono efficaci se approvati dalle Rsa destinatarie della maggioranza delle deleghe. I contratti vanno sottoposti al voto dei lavoratori entro 10 giorni. Per la validità della consultazione serve la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa è respinta con il voto della maggioranza semplice ESIGIBILITÀ p I contratti collettivi aziendali che definiscono clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva hanno effetto vincolante esclusivamente per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori e associazioni sindacali operanti all’interno dell’azienda e non per i singoli lavoratori RETROATTIVITÀ p Secondo quanto fissato ieri, i criteri introdotti in materia di rappresentanza ed esigibilità non avranno valore retroattivo. È stata messa da parte, infatti, per le resistenze della Cgil, la proposta di specificare la validità retroattiva delle norme sull’esigibilità delle intese aziendali. Un articolo che si sarebbe potuto applicare alle intese Fiat di Pomigliano e di Mirafiori, che sono già state firmate nei mesi scorsi DEROGHE p I contratti collettivi aziendali possono definire, anche in via sperimentale, intese modificative delle regolamentazioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro (ccnl) nei limiti e con le procedure previste dagli stessi ccnl. Ove non previste i contratti collettivi aziendali possono definire intese modificative sugli istituti del ccnl che disciplinano prestazione lavorativa, orari e organizzazione del lavoro CERTIFICAZIONE p Per la rappresentatività delle organizzazioni sindacali si assumono come base i dati associativi riferiti alle deleghe conferite dai lavoratori. Il numero delle deleghe viene certificato dall’Inps. I dati così raccolti e certificati saranno da ponderare con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle rappresentanze sindacali unitarie da rinnovare ogni
tre anni CONTRATTI AZIENDALI pIl contratto collettivo nazionale di lavoro ha la funzione di garantire certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore. La contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge
EFFICACIA IN PRESENZA DI RSU p I contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali firmatarie dell’accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti

Il Sole 24 Ore 29.06.11

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“Contratti, firmato l´accordo tra Confindustria e sindacati Sì della Cgil, ma da Fiat è gelo”,

Accordo fatto sulla contrattazione e la rappresentanza sindacale. Dopo sei ore di trattativa ininterrotta, la Confindustria e le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil hanno raggiunto ieri sera l´intesa sulle regole per la validità e l´efficacia dei contratti. Quasi una svolta nelle relazioni industriali dopo la rottura del 2009 con la Cgil che non sottoscrisse il nuovo modello di contrattazione. «Si chiude una stagione di divisioni», hanno infatti detto, quasi usando le stesse parole, la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, e la leader della Cgil, Susanna Camusso, subito dopo la firma.
Un´intesa benedetta, quella di ieri, dal ministro dell´Economia, Giulio Tremonti: «Grazie a Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, Susanna Camusso ed Emma Marcegaglia. Grazie per quello che hanno fatto nell´interesse del nostro Paese». Una presa di posizione dal doppio valore: da una parte una implicita polemica con la maggioranza che stenta a comprendere fino in fondo la gravità del contesto economico; dall´altra la chiara indicazione del “blocco sociale” (quello dei ceti produttivi) al quale il ministro intende fare riferimento.
D´ora in poi un contratto sarà valido per tutti se sarà firmato dal 50 per cento più uno delle Rsu (le rappresentanze sindacali unitarie) che saranno costituite seguendo due criteri: il voto di tutti i lavoratori e la certificazione degli iscritti alle singole organizzazioni da parte dell´Inps. In sostanza il modello che già si applica nel pubblico impiego. Dove non saranno elette le Rsu e ci saranno solo i rappresentanti scelti dai sindacati (le Rsa) si dovrà fare il referendum e perché passi l´accordo servirà il 50 per cento più uno dei consensi. Il sistema contrattuale resta con due livelli: il nazionale e l´aziendale. Quest´ultimo non potrà esplicitamente derogare al contratto nazionale bensì “adattare” alla singola impresa le regole generali.
Ma la nuova architettura per le relazioni industriali potrebbe non essere sufficiente a trattenere la Fiat-Chrysler all´interno della Confindustria, anche se la Marcegaglia ha detto che risponde alle «istanze» del gruppo automobilistico. Ieri l´amministratore delegato della multinazionale, Sergio Marchionne, ha seguito dal suo ufficio del Lingotto la trattativa romana. Valuterà insieme ai suoi giuslavoristi cosa fare nei prossimi giorni. Ma da quel che scaturiva ieri da Torino il passo successivo sembra ormai quello dell´uscita da Confindustria. Marchionne, d´altra parte, lo ha detto più volte alla Marcegaglia e l´ha spiegato a Bonanni e Angeletti in un incontro a Roma una quindicina di giorni fa. «È stato fatto anche un buon lavoro, ma non sufficiente per risolvere i nostri problemi», è nella sostanza la tesi della Fiat. I cui problemi si chiamano Fiom e i ricorsi giudiziari che i metalmeccanici della Cgil hanno promosso contro i contratti per gli stabilimenti di Pomigliano d´Arco e Mirafiori, costituiti in newco e già fuori dal perimetro confindustriale. Marchionne voleva un “avviso comune” delle parti sociali al governo che poi lo traducesse in una norma di legge. L´unica a poter bloccare i ricorsi della Fiom, destinati in buona parte ad essere accolti favorevolmente dai tribunali. Ma la strada dell´”avviso comune” avrebbe impedito l´intesa anche con la Cgil. «Noi – disse la Camusso – facciamo gli accordi, se ci sono le condizioni, non gli avvisi comuni». Marcegaglia spinta anche da un pezzo della sua base ha scelto di non rompere un´altra volta con la Cgil, dove la Fiom si è comunque schierata contro l´intesa. Per la soluzione indicata da Marchionne si era speso anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che ieri ha cercato di ricomprendere nell´accordo anche il caso Fiat: «Pomigliano e Mirafiori hanno aperto la strada

La Repubblica 29.06.11