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"Asta frequenze fiera dell’inganno", di Paolo Gentiloni*

Lo spettro che si aggira per l’Italia mettendo in allarme i nostri già delicati equilibri finanziari, è elettromagnetico: è la porzione di spettro che è stata messa all’asta. Apertura delle buste e eventuali rilanci sono previsti per inizio settembre su una base d’asta impegnativa: 3,1 miliardi. Se parte di questo incasso non dovesse entrare entro settembre verrebbe compensata da tagli lineari alle spese delle amministrazioni: così è scritto nella legge di stabilità del 2010. Insomma, mentre il Governo è alle prese con la manovra, sul grosso delle entrate di quella precedente gravano serie incognite. L’allarme è giustificato perché la parte più pregiata delle frequenze, la banda 800MHz, è occupata dalle tv locali, molte delle quali non sembrano intenzionate a essere le sole a pagare per liberarla a vantaggio di smartphone, tablet e chiavette usb. A rendere l’affare complicato c’è il fatto che il Governo intende assegnare nelle stesse settimane una seconda porzione di spettro destinata a vecchi e nuovi editori televisivi. In questo caso, però, non con un’asta competitiva ma con un beauty contest. Lo stesso bene pubblico verrebbe in un caso pagato profumatamente e nell’altro concesso gratuitamente. Due dei multiplex gratuiti sono predestinati a Rai e Mediaset. Per convincersene basta guardare il bando per il beauty contest trasmesso dal ministro Romani all’Ue. Non so se tutti gli operatori di telefonia mobile accetteranno di partecipare a un’asta miliardaria per frequenze occupate. Sarà uno dei gialli dell’estate. Certo è che se alcuni decidessero di non partecipare, e se poi l’asta dovesse affogare lentamente in una palude di ricorsi, le conseguenze sarebbero gravi. Non solo per la finanza pubblica, che fa affidamento su quei tre miliardi, ma per le nostre reti di comunicazioni. L’Italia è all’avanguardia per l’accesso alla banda larga da reti mobili e non può certo permettersi di buttare al vento uno dei rari primati nell’uso delle nuove tecnologie.
Per scongiurare questo rischio il Governo ha inserito nella manovra appena approvata misure di ritorsione verso le tv locali recalcitranti e una limitazione alle possibilità di ricorso alla giustizia amministrativa. Una via per provare ad uscire dal pasticcio senza muovere una guerra dagli esiti incerti ci sarebbe. Basterebbe togliere dal beauty contest il lotto B, ossia i due multiplex destinati a Rai e Mediaset, e utilizzarlo per dare frequenze a quelle tv locali che non si accontentano delle compensazioni in denaro previste per liberare la banda 800 MHz destinata all’accesso a Internet. Così il beauty contest, doveroso ma limitato ai 4 multiplex dei lotti A e C, recupera il suo significato: aprire il mercato tv a editori nuovi o non dominanti, ridimensionando le posizioni degli incumbent. A Rai e Mediaset va infatti riconosciuta l’eredità del regime analogico, pari a 4 multiplex ciascuno, ma senza un ulteriore regalo (il quinto multiplex del beauty contest) che l’Ue ha sempre cercato di evitare o almeno di condizionare.
Grazie ai due multiplex non più regalati agli incumbent, il sacrificio di frequenze tv necessario per liberare lo spettro per la banda larga non ricadrebbe più solo sulle spalle delle tv locali. E soprattutto si potrebbe tornare in tutte le regioni a quella proporzione di frequenze –due terzi alle nazionali e un terzo alle locali che è prevista dalla legge e senza la quale i ricorsi alla giustizia amministrativa continuano ad avere molte chance di successo ai danni dell’asta e dei miliardi attesi dalla ragioneria generale dello Stato. Così la tv digitale terrestre potrebbe attenuare la colpa di aver perpetuato la malattia del duopolio dell’era analogica e recuperare parte delle promesse: aprire la tv a maggiore concorrenza e assicurare frequenze alla banda larga. Sarebbe l’uovo di Colombo. Ma a quanto pare Tremonti non se la sente di far prevalere gli interessi dello stato su quelli dell’azienda del premier.
* Responsabile comunicazioni del Pd.

da Affari e Finanza repubblica.it