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"Agguati e sparatorie. La Capitale violenta e il flop di Alemanno", di Mariagrazia Gerina

In campagna elettorale aveva promesso più sicurezza, tre anni dopo i fatti di sangue si ripetono e i clan hanno le mani sulla città. Mancano agenti e volanti, il sindaco non fa niente. La criminalità che avanza spargendo piombo e sangue, anche in pieno giorno, anche a due passi dal tribunale. E quella che si-
lenziosamente si è presa anche i bar e i caffé più in vista della capitale. Le «due facce» della criminalità che sta affermando il suo dominio sulla città, si sono date appuntamento ieri mattina a Roma. Mentre in via Grazioli Lante, nel residenziale quartiere Prati, un commando uccideva con nove colpi di pistola Flavio Simmi figlio di uno dei componenti della Banda della Magliana -, a due passi dal Parlamento e dalla sede del Consiglio dei ministri, l’Antimafia sequestrava l’Antico caffé Chigi, finito sotto le grinfie della ‘ndrina dei Gallico. «Alemanno può anche dire che è tutto a posto, ma io di fronte a fatti del genere sono un po’ meno tranquillo di lui», osserva Enzo Ciconte, esperto di criminalità organizzata.
Altro che «Roma sicura», come prometteva la destra, dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani, durante la campagna elettorale che portò Alemanno in Campidoglio. «A Roma oggi c’è un problema di sicurezza grosso come una casa e non mi sembra che chi governi la città abbia fatto nulla fin qui per cominciare ad affrontarlo», avverte Enzo Ciconte. La violenza che ha lasciato a terra il rampollo della Banda della Magliana è l’ultimo di una lunga scia di omicidi, tutti concentrati nel giro di pochi mesi, che raccontano una «recrudescenza» della violenza criminale e una «dinamica tra bande che vogliono affermare il loro predominio». E soprattutto, non si capisce chi se non l’amministrazione comunale dovrebbe far suonare l’allarme sull’infiltrazione della criminalità organizzata nelle attività commerciali, che è l’altro grande corno del problema sicurezza a Roma. «Possibile che la criminalità organizzata si infila nelle attività commerciali ed edilizie e nessuno si accorge di nulla? Possibile che il sindaco non senta nemmeno il bisogno di convocare attorno a un tavolo i commercianti romani?», si domanda Ciconte.
In realtà, a questo punto, neppure Alemanno sembra stare troppo tranquillo. Ieri, dopo l’omicidio di via Grazioli e il maxisequestro antimafia, ha voluto fare il punto della situazione, prima con il prefetto e poi con il questore. E infine ha chiesto un incontro al ministro dell’Interno Maroni. «Ci chiediamo se ci sia qualcosa che non funziona» e «se questa città ha le spalle coperte rispetto ai problemi di sicurezza», spiega candidamente, a tre anni dalla firma del patto per Roma sicura. E la lotta al degrado, le volanti, il poliziotto di prossimità, gli sportelli antiusura promessi nel Patto firmato 3 anni fa? Dati alla mano Siap e Silp Cgil, raccolti dal Pd di Roma in un dossier che fa venire i brividi tra poliziotti e vigili urbani, oggi mancano all’appello almeno 4mila agenti. In un municipio come Tor Bella Monaca, esteso quanto l’intera città di Napoli, c’è un solo commissariato e un solo poliziotto ogni 1.845 abitanti. Ancora peggio va a Ostia dove il rapporto è di un poliziotto ogni 2.302 abitanti. Di notte, ci sono solo 12 volanti in servizio per l’intera città. Ovvero una volante ogni 233mila abitanti, che diventano una ogni 58.300, contando anche le autoradio. «Mentre aumenta la presenza di clan criminali e si registra una escalation di delinquenza e violenza, assistiamo paradossalmente ad una riduzione dell’organico», riassume il Silp Cgil di Roma e del Lazio. «La città potrebbe avere più pattuglie e più uomini ma Alemanno non ha fatto nulla per affrontare il problema», attacca il responsabile sicurezza del Pd Emanuele Fiano. «Ormai dice il capogruppo capitolino del Pd Umberto Marroni siamo all’assalto alla Capitale, ma governo e giunta capitolina sembrano del tutto inadeguati ad affrontare la gravità della situazione». E «in assenza di un presidio da parte delle istituzioni denuncia il consigliere Pd Paolo Masini , il tessuto economico romano è sempre più vittima di traffici, racket e usura».

L’Unità 06.07.11

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“Roma criminale, così agiscono i clan” De Cataldo, scrittore e magistrato: “Ma non parliamo di nuova Banda della Magliana”
intervista di Giovanna Vitale

C’è una forte attenzione da parte di cosche e ‘ndrine: la città è ricca e desta molti appetiti, ma è capace di reagire
Si rischia di ripetere l´errore degli anni ’70 trascurando questa emergenza per dedicarsi a politiche securitarie

Tiene molto alla premessa, Giancarlo De Cataldo, magistrato prima ancora che scrittore: «Sull´omicidio in Prati ci sono indagini in corso e bisogna rispettare il lavoro degli inquirenti. Detto questo, non parlate di Banda della Magliana. Quella è tutta un´altra storia».
Ma non intravede dei legami con quel mondo, che pure lei conosce bene per averlo raccontato in un romanzo di successo e in un seguitissimo serial tv?
«Intanto la vittima non era il figlio di un componente della Banda, il padre fu assolto ed è uscito dall´inchiesta. Purtroppo a Roma c´è il vizio di richiamarla sempre, senza considerare che quella è stata l´unica organizzazione criminale che ha avuto contatti con la mafia, i servizi deviati, la politica: ha fatto leggenda e non tutto quello che si poteva scoprire è stato ancora scoperto. Sappiamo molto del livello militare, ma tante penetrazioni del potere non sono state smascherate fino in fondo. È una stagione che non torna più».
Eppure sono in molti a prefigurare la riedizione di qualcosa di simile: a Roma si è tornato a sparare per strada, si moltiplicano i regolamenti di conti con morti ammazzati. Alla fine dei ´70 non iniziò così l´epopea di “Libano” & Co?
«Mah, ci può essere gente che si autodenomina, magari gli piace rifarsi a una Banda che a Roma ha dettato legge, ma da questo a esserlo ce ne passa. Non stiamo parlando della mafia: il Libanese, il Freddo, Dandi durarono 5 anni nel momento di massimo fulgore. Nella capitale esistono famiglie e gruppi di malavita ben radicati».
Quindi non trova alcuna similitudine tra i fatti di allora e quelli di oggi?
«Come scrittore direi che c´è un gruppo di giovani emergenti che vuole farsi largo nel mondo criminale con qualche vecchio che gli sta alle spalle».
Ci vede pure lo zampino dei clan?
«È un fatto che Roma sia molto vicina a zone in cui è accertata la penetrazione di camorra e ‘ndrangheta. Oggi hanno sequestrato il Caffè Chigi: non è il primo e non sarà l´ultimo, sulla città c´è una strategia di attenzione di cosche e ´ndrine. Che a Roma non hanno mai smesso di operare: non è terra vergine, è città ricca che desta molti appetiti ma sa anche reagire. Non c´è l´omertà che c´è altrove, il tessuto sociale è forte, sebbene messo in crisi da un´impennata di violenza».
Fenomeni che si tende a sottovalutare?
«Guardi, la Banda della Magliana fu molto aiutata nella sua espansione dal fatto che le forze dell´ordine erano tutte concentrate sull´emergenza di allora: il terrorismo. Non vorrei che si ripetesse lo stesso adesso: negli ultimi anni ci si è occupati soprattutto di microcriminalità, non si è fatto altro che ripulire le strade da zingari e prostitute, attuare politiche securitarie».
Secondo lei di chi è la colpa del fallimento di queste politiche?
«Sarà sicuramente mia che ho scritto due romanzi sulla Banda della Magliana», ride De Cataldo, una volta persino definito “cattivo maestro”. «Eppure il Caffè Chigi non l´hanno sequestrato a me ma ai calabresi. E quelli non hanno certo bisogno di ispirarsi a un libro per far bene il proprio lavoro».
Lei parla di impennata criminale, sa spiegarci le cause?
«Innanzitutto la crisi economica. Che favorisce due categorie criminali: chi ha i soldi e li deve ripulire, strozza e compra negozi e bar per trasformarli in centri di riciclaggio; e poi i disperati, che si giocano il tutto per tutto alzando il livello di violenza sulla strada».
E poi?
«Il modello di città. La capitale ha perso in termini di solidarietà e di aggregazione. Una certa Roma aperta e solidale è stata sostituita da una Roma impaurita e ripiegata su stessa. E questo è un male».
Come se ne esce?
«Negli anni ´70 l´esperienza dell´Estate romana fu un rilancio dello stare insieme in un momento in cui tutto era consegnato alla cupezza del terrorismo. Bisogna tornare a occupare le strade in modo gioioso per evitare che le occupino i violenti».

La Repubblica/Roma 06.07.11