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Legge elettorale, Bersani s’arrabbia: «La nostra proposta è al Senato», di Maria Zegarelli

Le acque sono agitate nel Partito democratico. Onde alte provocate dal dibattito sui referendum sulla legge elettorale tanto che alla fine il segretario Pier Luigi Bersani per la seconda volta nel giro di poche ore torna a invitare tutti i big del partito ad attenersi «alla proposta del partito» che non è certo il referendum abrogativo del Porcellum firmato Passigli e non è neanche quello pro-Mattarellum di cui è capofila Arturo Parisi che ieri mattina si è incontrato a Santi Apostoli con Walter Veltroni, Pierluigi Castagnetti, Achille Passoni e diversi altri parlamentari Pd. «I referendum li promuove la società civile, esprime tutti i referendum che vuole, uno, due, ma anche 5 o 7 dice il segretario in Transatlantico i partiti invece hanno il loro da fare in Parlamento: perché le leggi elettorali per bene si fanno in Parlamento». E il Pd una sua legge ce l’ha, «una proposta giusta e buona», firmata Bressa, sui cui dettagli ancora si conosce poco, ma che di sicuro «non è un ritorno al proporzionale, prevede i collegi e il doppio turno» e dà la possibilità «ai partiti di presentarsi con i propri simboli». Bersani non ci sta a vedere il partito spaccarsi tra chi sostiene Passigli e chi no. «Ora aggiunge annunciando di voler stringere i tempi incontrerò i direttivi dei gruppi e la presenteremo in Senato chiedendo che sia incardinata rapidamente». Il testo finale sarà messo a punto nella direzione del partito che dovrebbe esserci fra una decina di giorni e partirà da quello discusso durante il «caminetto» del mese scorso: un sistema misto con l’attribuzione del 65% dei seggi in collegi uninominali a doppio turno, una quota proporzionale del 30% su base nazionale e un diritto di tribuna del 5% per i partitini. Parisi che dopo l’incontro del mattino con i sostenitori del ritorno al Mattarellum a dare il via alla macchina del quesito referendario, con il costituzionalista Stefano Ceccanti che aveva detto «Alea iacta est», il dado è tratto, si parte, «se non vi saranno fatti nuovi», nel pomeriggio è tornato a incalzare Bersani: «Sono anche disposto a sospendere l’iniziativa se però Bersani mi presenta tutto il menù: dica come è fatta la proposta, la sottoponga a organismo di partito e si voti. E lo si faccia però ad horas». Tanto più che l’Udc di Casini già si è espresso a favore del quesito Passigli, tanto più che la Cgil sta raccogliendo le firme. Il rischio, anche secondo Veltroni, è che si raccolgano le firme per il referendum Passigli, che si abroghi il Porcellum e si ripiombi in piena Prima Repubblica, con una legge elettorale ancora peggio di quella attuale. Per questo Veltroni lancia l’appello «Il Pd chieda a Passigli di ritirare il suo referendum». Su questo tutti d’accordo: da Rosy Bindi a Enrico Letta a Vannino Chiti, secondo cui sarebbe assurdo «dividersi sui referendum». «Il nostro è un referendum di società civile, in tutta Italia c’è gente che l’ha firmato: io non posso decidere», risponde Passigli, che poi, rivolgendosi a Parisi e Veltroni aggiunge: «Se si dichiarano disponibili a raccogliere con noi le firme per abolire le liste bloccate, poi possiamo dire per il resto decida il Parlamento. In questo caso non abbiamo nessuna preclusione a ricercare altri accordi. Se invece dicono che le liste bloccate non vanno toccate, è evidente che vogliono tenersi il “porcellum”». E ieri in Transatlantico non sono mancate le allusioni anche alla mano lunga di Massimo D’Alema sull’operazione Passigli. Il ragionamento: il referendum è difeso anche da Matteo Orfini, vicino a D’Alema, secondo cui il fronte Parisi, Veltroni, Castagnetti avrebbe come obiettivo proprio quello di affossare il quesito affossa Porcellum, e sono note le sintonie del presidente del Copasir con l’Udc sull’argomento. «Io sono favorevole alla proposta di legge del Pd che rappresenta un ragionevole sistema di doppio turno che consente la formazione di maggioranze omogenee risponde D’Alema senza troppi giri di parole .Detto questo, seguo con animo aperto tutte le iniziative ma non sponsorizzo, non aderisco e non firmo. È una calunnia, un metodo di lotta politica basato sull’attribuzione di posizione ad altri». Disquisizioni inutili, poi, aggiunge, quelle sui referendum, perché «l’idea che quello pro Mattarellum ci restituisca il Mattarellum non è detto».

L’Unità 07.07.11