attualità, politica italiana

"Autonomie verso lo strappo", di Eugenio Bruno

Ormai lo «strappo» istituzionale è consumato. Assente Tremonti che per il momento rifiuta anche solo contatti telefonici, assente Berlusconi che ancora non concede l’incontro «urgente» chiesto a gran voce. Così ieri sindaci, governatori e presidenti di Provincia hanno dovuto prendere atto della rottura dei rapporti col Governo sulla manovra. Solo una brevissima apparizione – presenti i ministri Fitto, Sacconi e Calderoli – in Conferenza unificata per esprimere la profonda insoddisfazione verso il decretone. Un breve scambio di vedute dai toni anche aspri, e poi via. Al momento i rapporti restano sospesi. Col cammino del federalismo fiscale in bilico, i servizi sociali e sanitari a rischio, i cantieri fermi, gli investimenti al palo, i fondi alle imprese in naftalina. L’universo delle autonomie, compatto, è pronto a dare battaglia aldilà degli schieramenti.
Dall’Esecutivo ieri sono arrivate timide aperture, tutte da verificare nei fatti. Fitto s’è detto sicuro («pur nell’asprezza dei toni di oggi rispetto ai rapporti istituzionali») che l’incontro richiesto si potrà fare presto. Mentre Calderoli, riconoscendo come «ragionevoli» le critiche a una manovra che arriva in un «momento eccezionale», ha socchiuso la porta alla possibilità di riconoscere più credito agli enti virtuosi. Un leit-motiv soprattutto leghista ma non è detto che basti. Ormai anche i governatori con i conti in regola sulla sanità, cominciano a dire che di questo passo tutti finiranno sotto la scure dei piani di rientro.
Sull’altare della manovra estiva dell’anno scorso e di quella di questi giorni, Regioni ed enti locali contestano di aver subito tagli pesantissimi che li mettono in ginocchio e che ne mettono a repentaglio autonomia e operatività complessiva. La stima a regime, nel 2014, degli interventi sul patto di stabilità e sulla sanità è di 15,6 miliardi: 9,1 miliardi sulle Regioni, 5,3 sugli enti locali, 11,2 miliardi sul fondo sanitario. I governatori lamentano di aver pagato un conto pari al 46% del totale, contro una spesa che è il 16,2% di quella pubblica. E i sindaci non sono da meno, col sovrappiù di un fondo sociale che dal 2008 al 2011 s’è ridotto del 75% circa, di quelli per la famiglia e per gli affitti dell’80 per cento. Sacrifici a cui si aggiungono il taglio il 41% del fondo di riequlibrio del federalismo e quello del 10-15% su spesa sociale e istruzione citati da Osvaldo Napoli (Pdl) presidente facente funzioni dell’Anci.
I Comuni fanno pressing: «Senza un incontro con Berlusconi e Tremonti – avvisa Napoli – non proseguiremo alcun rapporto con il Governo». E l’Anci ha già chiesto un’audizione alla commissione Bilancio del Senato che esaminerà la manovra. D’accordo anche le Province: il presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione (Pdl), teme una drastica riduzione degli investimenti pubblici visto che «il 70% proviene dagli enti locali». Per non parlare dei temuti effetti sul federalismo, che può morire prima di nascere.
Per le Regioni la rottura con l’Esecutivo è già in atto. «Siamo di fronte a un conflitto istituzionale gravissimo che può essere ridotto solo dal presidente del Consiglio a cui chiediamo con urgenza un incontro» ha dichiarato Vasco Errani (Emilia Romagna, Pd), rappresentante dei governatori. E il presidente lombardo Roberto Formigoni (Pdl) non è da meno: «Se non ci sarà un incontro saremmo di fronte a qualcosa di inaudito e mai visto prima ma sono convinto – ha aggiunto – che prevarrà la logica del confronto. Correggere la manovra è possibile». A sua volta il leghista Luca Zaia (Veneto) sposta la mira sui servizi a rischio: «Non vorremmo tagliare quei servizi che i cittadini hanno conosciuto e che è giusto che continuino ad avere».

GLI EFFETTI
Governatori e sindaci sul piede di guerra Formigoni (Lombardia): senza confronto saremmo di fronte a qualcosa di inaudito Napoli (Anci): tagliato il 41% dei fondi per il federalismo fiscale
Le aperture dell’Esecutivo Per il ministro degli Affari regionali Fitto il vertice sarà fissato presto Calderoli apre a modifiche sui criteri per determinare la virtuosità
La sforbiciata Con un taglio «lineare» Napoli perderebbe il 51% delle risorse compartecipate, Torino e Genova il 45% mentre Milano e Roma il 43 per cento

IL Sole 24 Ore 08.07.11