attualità, politica italiana

"Questione economica e missioni militari Il falso pacifismo della Lega", di Luigi Bonanate

L’entità della spesa militare dipende dai fini politici che persegue, i quali — se sono buoni — non possono essere limitati dai livelli di spesa. Che per ridurre la spesa pubblica si potessero tagliare gli impegni all’estero l’aveva già pensato Obama, l’avevano seguito Francia e Gran Bretagna e ora, come al solito, ecco l’innovativa idea che la salvezza dei conti italici giungerà dall’abbandono a loro stessi di quei popoli al benessere dei quali tenevamo tanto!
Delle due, una: o le operazioni militari congiunte hanno fini sacrosanti che giustificano qualsiasi tipo di spesa, per il semplice motivo che i valori che difendono non si possono sottoporre a calcoli ragionieristici (democrazia, libertà, benessere, così come salvaguardia della pace internazionale, o suo rafforzamento); oppure all’estero si va soltanto per affermare la propria potenza, per comprare qualche pozzo di petrolio in più, per scaricare delle nevrosi o per punire dei fantasmi che hanno cercato di irriderci, e che abbiamo impiegato 10 anni a scovare!
Avremmo creduto che le ragioni che giustificano gli impegni militari internazionali degli stati dipendessero da calcoli strategici finalizzati a obiettivi politici ben chiari: scopriamo invece ora che sì, in Libano bastava mandarne un po’ meno, di soldati, nei Balcani in fondo, ma che cosa ci facciamo ancora? E la Libia, poi… quante grane ci ha creato questo Gheddafi. Prima si faceva baciar la mano, e ora non se ne vuole neppure andare… Scherziamo per non dirci quanto grave sia questa situazione: le guerre recenti, a cui anche l’Italia ha partecipato, hanno causato la morte di più di 100.000 persone. Dobbiamo dedurne che se avessimo sprecato meno denaro, avremmo sparso meno violenza evidentemente inutile nel mondo, e sarebbero morti meno soldati occidentali. Se la concezione dominante della politica internazionale è quella secondo cui ogni stato vi fa le comparsate che gli convengono di volta in volta — vendere e consumare più armi, occupare siti petroliferi, digrignare i denti per spaventare Ahmadinejad e l’Islam — dovremo una volta per tutte dirci che in Afghanistan non siamo andati per punire i terroristi delle Twin Towers, in Iraq non ce ne importava nulla della brutalità di Saddam; nei confronti di Gheddafi poi il problema non era la democrazia ma il petrolio, tant’è vero che nei confronti di una Siria senza petrolio a nessuno è venuto in mente di attaccare Assad che fa a sua volta sparare sulla folla. Non manca che un tocco: evidentemente i militari hanno ingannato i politici. Altrimenti, se tutte insieme, le massime potenze del mondo si sono fatte tenere in scacco da un pugno di mujaieddyn, allora forse sarebbe stato meglio risparmiarli fin dall’inizio, i soldi.

L’Unità 11.07.11