attualità, politica italiana

"Nel nome della Nazione. Con rabbia", di Stefano Menichini

C’è da aver paura. L’Italia, dopo tanta vuota propaganda sulle sue ottime condizioni economiche, è con un piede nel baratro. Dall’estero arriva un attacco micidiale, e arrivano anche gli ordini su come contrastarlo. La nostra sovranità vale poco più di quella della Grecia.
Chi aveva visto e previsto per tempo i pericoli di oggi è stato tacciato di catastrofismo, di pessimismo. Chi aveva il dovere e la possibilità di mettere il paese al riparo con riforme energiche, a costo di rischiare un po’ del proprio consenso, ha preferito per anni occuparsi d’altro. Soprattutto di se stesso, e dell’edificazione di un monumento al proprio ego. «Il presidente del consiglio migliore degli ultimi 150 anni».
Fa rabbia, in queste ore difficili, ripensare alle vuote fanfaronate di un uomo al quale ora si impone il silenzio, perché il suo silenzio è una delle condizioni della salvezza nazionale. Che condizione pazzesca, per un leader. È meglio dichiararsela, questa rabbia. Perché dar voce al profondo legittimo inguaribile risentimento verso Berlusconi è l’unico modo che abbiamo per accettare il sacrificio che viene richiesto alle opposizioni.
A quelli che «l’avevano detto», e sono stati per questo ridicolizzati per anni, tocca oggi di fare un passo di responsabilità. Un pacchetto sintetico, compatto, di emendamenti alla manovra. Un accordo fra centrosinistra e Terzo polo. La disponibilità a vedere che cosa, di queste modifiche, vorrà fare il governo, senza minacciare ostruzionismi e accettando i tempi rapidi.
Si tratta veramente di un gesto di generosità e di amore verso l’Italia. Si tenga conto che solo Napolitano ha chiesto al Pd e agli altri di farlo. Non una parola, non un invito, non un gesto di apertura è venuto da questo governo frantumato e imbelle, che sarebbe di per sé immeritevole di qualsiasi aiuto.
Ma l’Italia in queste ore si chiama appunto Napolitano, si chiama Draghi, ha i nomi delle grandi imprese che vengono massacrate in Borsa, ha soprattutto i volti dei milioni di lavoratori che sono i veri soggetti deboli della crisi, le famiglie che rischiano di vedere cancellati i propri risparmi.
È per loro, non certo per il corruttore e corrotto Berlusconi, o per il suo superministro con appartamentino regalato da 8500 euro al mese, che bisogna oggi calarsi in trincea e reggere l’urto potente della speculazione.
E quando il peggio sarà passato, se passerà, l’Italia chiuderà definitivamente i conti con «il migliore presidente del consiglio degli ultimi 150 anni».

da Europa Quotidiano 12.07.11

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“Un uomo solo al comando”, di Mario Lavia

Se fosse il caso di scherzarci su verrebbe da dire che c’è un solo uomo al comando, si chiama Giorgio Napolitano. Nella nostra riunione di redazione, qui a Europa, ieri dicevamo che in queste ore Napolitano sta dirigendo il Pd e il Pdl: ed è un altro modo di sdrammatizzare un situazione tragica.
Ma dietro il paradosso c’è la sostanza. Quella vera, corposa. C’è la realtà di un paese senza guida politica, con un premier che si è eclissato, e anzi i suoi aiutanti ne fanno un titolo di merito commettendo un incredibile svarione comunicativo. Con un ministro dell’economia palesemente ammaccato, uno che ha fatto della lezioncina a tutti una scelta di vita e non si accorgeva di Bentley, Ferrari e orologini, affitti non pagati e ville in Costa Azzurra, giri di soldi e raccomandazioni varie, il tutto frullato – almeno secondo le ipotesi dei magistrati – dalle mani del suo più stretto collaboratore.
Così stando le cose, non bisogna aver preso un master ad Harvard per capire che i mercati non credono a questi governanti. Eppure Napolitano ha compreso prima degli altri e meglio degli altri che qui si scherza col fuoco. La manovra non va bene, come il presidente stesso ha fatto notare al governo facendo capire che è insufficiente. Però si sta vedendo che gli sforzi di Napolitano stavolta non sono vani. Non c’è la consueta condivisione pro forma prima di tornare allegramente a fare ognuno come gli pare.
Questa volta il richiamo alla «coesione nazionale» sta funzionando. Tanto che «ha preso nota con viva soddisfazione – ha scritto in una nota – degli annunci venuti dall’opposizione nel senso di un impegno a concorrere a una “rapidissima approvazione” della necessaria manovra finanziaria». Bacchettata a Berlusconi: «Ci si attende che a ciò corrisponda la immediata disponibilità di governo e maggioranza a condurre le consultazioni indispensabili e a ricercare le convergenze opportune».
Ma le domande sono semplici e terribili: per quanto tempo? Cosa succederà dopo l’approvazione della manovra? Basterà questo segnale, pur importantissimo, per placare la speculazione sui mercati? E se le turbolenze invece dovessero proseguire? E se l’attacco all’Italia dovesse rapidamente disvelarsi per un più drammatico attacco all’euro? Che farà il governo, in quel caso? Che farà l’opposizione? Se il duo Berlusconi-Tremonti dovesse davvero gettare la spugna, sarebbero pronte le forze politiche a favorire un governo diverso, tecnico, o di decantazione (le formule lasciamole ai politici, o ai politologi)? Giorgio Napolitano scruta l’orizzonte politico, non vede l’orizzonte rischiararsi ma qualche nube nelle ultime ore le ha dissipate, più o meno da solo.

da Europa Quotidiano 12.07.11

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L’Italia sull’orlo del crack, l’opposizione prova a salvarla

Appello del Colle alla coesione nazionale. Da Pd-Udc-Idv pochi emendamenti
Un lunedì nero: crolla la Borsa, lo spread tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi sfonda quota 300, sprofondano le azioni dei principali istituti di credito che, avendo in portafoglio titoli di stato italiani, hanno visto sfumare gli aumenti di capitale appena varati.
L’attacco della speculazione all’Italia è stato violento tanto da mettere sotto scacco le principali piazze europee. Al punto che la cancelliera tedesca Merkel ha fatto sapere di aver chiamato ieri il premier Berlusconi per sollecitare l’immediata approvazione della manovra.
Oggi scade il termine per gli emendamenti: le opposizioni, guidate dal Pd, presenteranno poche modifiche concordate e chiederanno alla maggioranza che le accolga. Se così non sarà, dem, Idv e Udc non faranno comunque ostruzionismo. «Bene le opposizioni – ha apprezzato Giorgio Napolitano – ora governo e maggioranza ricerchino le convergenze opportune».

da Europa Quotidiano 12.07.11