attualità, economia, politica italiana

"La manovra per i prossimi tre anni: 87.700.000.000", di Paolo Baroni

Tagliate le detrazioni su asili nido, spese sanitarie, mutui casa, assicurazioni e ristrutturazioni. Col rush finale Senato-Camera (ieri il primo sì, oggi pomeriggio il voto di fiducia finale a Montecitorio) la manovra cresce ancora sino a toccare un valore cumulato di 87,7 miliardi. «A regime» la legge taglia-deficit in effetti «vale» meno, circa 47 miliardi di euro, ovvero la cifra che serve per portare in pareggio i nostri conti entro il 2014. Rispetto alla correzione iniziale (2 miliardi quest’anno, 6 il prossimo, 17,8 nel 2013 e 25,3 l’anno successivo), con il passaggio in Senato ieri si sono aggiunti interventi per altri 2 miliardi quest’anno, 5,5 per il 2012, 6,5 per il 2013 e 22,6 miliardi per il 2014, importi che fanno lievitare il totale grezzo della manovra sin quasi a quota 90 miliardi. Molti tagli e, potenzialmente, anche nuove tasse. Ogni famiglia, stima la Cgil, perderà tra i 1200 ed i 1800 euro l’anno per effetto della tagliola su bonus e detrazioni che in assenza della riforma fiscale scatterà nel 2013.

L’effetto «salvaguardia»
Dal punto di vista contabile di tratta di un risultato certamente molto significativo, è il cosiddetto «segnale» che l’Italia doveva mandare ai mercati internazionale ed ai nostri partner europei. Dal punto di vista sociale la manovra rappresenta invece un vero e proprio sacrificio. Perché oltre alle misure sulle pensioni, sui ticket sanitari, e alla tassazione dei depositi, la quadra si ottiene inserendo nel decreto che verrà approvato stasera dalla Camera quella «clausola di salvaguardia» che Tremonti in un primo momento aveva previsto per la legge delega di riforma fiscale-assistenziale. Per rafforzare la manovra il governo ha infatti deciso di far entrare subito nel decreto il taglio di tutte le agevolazioni fiscali con l’obiettivo di recuperare un gettito a regime pari a 20 miliardi (di cui 4 già nel 2013). Per la Cgil la stima è nettamente superiore: 8 miliardi nel 2013 col primo taglio del 5% e addirittura 32,2 l’anno seguente. Il problema è che a differenza di quanto aveva spiegato mercoledì il relatore di maggioranza Gilberto Pichetto Fratin i tagli non saranno più selettivi, in maniera tale da poter distinguere una voce dall’altra, ma lineari.

Ovvero uguali su tutte le voci. Per cui, se entro il 30 settembre del 2013 il Parlamento non avrà licenziato la delega, scatterà una vera e propria stretta che colpirà 483 tra bonus ed agevolazioni. Un «tesoro» che vale oltre 160 miliardi di euro e che va dalle detrazioni a favore delle famiglie, comprese quelle con famigliari a carico, agli asili nido, dagli sgravi per gli studenti universitari a quelli dei lavoratori dipendenti. Verranno ridotte le deduzioni Irpef sulla previdenza complementare, sugli assegni destinati al coniuge, e sui contributi ai domestici, come le spese mediche per i portatori di handicap. Quindi verranno sforbiciate le detrazioni Irpef sulle spese sanitarie, anche quelle destinate ai portatori di handicap, sui mutui casa, sulle assicurazioni vita ed infortuni, sui corsi di istruzione e le spese funebri, sulle attività sportive e gli studenti fuori sede. Tra le altre detrazioni e deduzioni che subiranno il taglio lineare anche quelle per il risparmio energetico, le ristrutturazioni edilizie, il terzo settore e le Onlus. Il salasso colpirà anche le imprese, piccole o grandi che siano, perché la scure calerà anche sulle agevolazioni Iva, sulle agevolazioni legate alle accise, sugli sconti legati ai redditi di impresa e gli enti non commerciali.

Più tasse per tutti
Aumenteranno insomma le tasse per tutti. Come aveva preannunciato l’altro giorno il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che come misura alternativa indicava la possibilità di aumentare i tagli alle spese. A regime, nel 2014, l’abbattimento dei bonus vale 20 miliardi, quindi, fanno presente fonti tecniche del Senato, circa 1,2% del pil. Di conseguenza la pressione fiscale raggiungerà la non invidiabile quota 43,7%. Nel passaggio passaggio notturno tra la Commissione bilancio e l’aula del Senato sono spuntate nella notte altri ritocchi ed altre novità.

Le ultime novità
Innanzitutto è sparito il tetto dell’1% per la deducibilità degli ammortamenti dei beni devolvibili per tutti i concessionari, durante contestato da Confindustria, l’associazione degli industriali. Al suo posto viene aumentata dello 0,3% l’aliquota Irap per i concessionari non autostradali, che sale quindi dal 3,9% al 4,2%. I comuni, invece, hanno ottenuto a loro volta un ammorbidimento del patto di stabilità interno e quindi molti comuni ora potranno spendere quegli avanzi di bilancio che finora non potevano usare per gli investimenti.

Liberalizzazioni
Rinvio ai confronti con le categorie
Su privatizzazioni e liberalizzazioni (temi che dovevano essere il piatto forte del governo più liberale della Repubblica) si è deciso di rinviare tutto. Nello specifico, entro il 2013 arriverà il via libera a uno o più piani di privatizzazioni per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali. Quanto alla liberalizzazione delle professioni, alle quali in una prima stesura della manovra era stato dedicato un ampio articolato, il governo ha deciso di fare marcia indietro dopo la levata di scudi degli avvocati e dei notai. Per ora tutta la materia è demandata al confronto con le categorie, ma – in ogni caso – gli ordini professionali non verranno aboliti. Dopo 8 mesi tutto ciò che non sarà regolamentato sarà libero.

Comuni
Arriva il nuovo patto di stabilità
Per gli enti locali sono confermati i tagli di 3,2 miliardi per il 2013 e 6,4 dal 2014. E’ stato tuttavia introdotto un nuovo patto di stabilità interno che serve a premiare i comuni (o le provincie) che siano stati particolarmente attenti alle gestione delle risorse. I tagli, dunque, saranno più severi per i comuni spendaccioni e premieranno invece quelli oculati. Si è stabilito, però, che i parametri per la valutazione dei bilanci comunali si applichino solo dall’inizio del mandato di un sindaco (o di un presidente di provincia) in maniera che una amministrazione non venga penalizzata per i comportamenti poco virtuosi di quella precedente. In questo modo, però, un sindaco, nell’ultimo anno di amministrazione, può fare quello che vuole, perché intanto non pagherà né lui (in scadenza) né il suo successore.

Costi della politica
Nessun ritocco per chi è in carica
Grandiosa furbata sui costi della politica. Mentre, per esempio, i ticket sui farmaci entreranno in vigore da lunedì prossimo, i tagli alla politica saranno irrisori e, per giunta, entreranno in vigore dalla prossima legislatura, per cui i politici oggi in carica non se ne accorgeranno nemmeno. Una commissione dovrà valutare la congruità delle retribuzioni dei nostri parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali, con quelli delle analoghe cariche negli altri paesi europei. A quel punto ci si adeguerà alla media (sempre dalla prossima legislatura). E’ previsto anche un taglio del 10% dei rimborsi elettorali (ancora e sempre per il futuro). E nel presente? Solo una stretta (ma di quanto?) sull’uso delle auto blu e dei voli di Stato, consentiti soltanto alle più alte cariche o per motivi di sicurezza.

Partite Iva
Agevolazioni per chi estingue
Nella manovra sono previste anche agevolazioni per le partite Iva inutilizzate, che altrimenti rischierebbero pesanti sanzioni. I titolari di una partita Iva che non svolgano alcuna attività o abbiano omesso di presentare la relativa dichiarazione da almeno tre anni possono chiudere la propria posizione pagando una sanzione minima. La posizione dovrà essere regolarizzata entro 90 giorni a partire dal 6 luglio, a condizione che la violazione non sia stata già contestata. Nell’ottica della semplificazione l’Agenzia delle entrate provvederà a chiudere la pratica senza che venga presentata dal contribuente la dichiarazione di cessazione attività. Chi non si avvale di questa misura rischia sanzioni fino a 2.065 euro e la chiusura forzata della partita Iva.

Sanità
Torna il ticket su visite e analisi
Torna, da subito, il ticket sulla sanità da 10 euro su visite specialistiche e analisi. E viene introdotto un ticket da 25 euro sui «codici bianchi»,ovvero gli interventi non urgenti, presso tutte le strutture di pronto soccorso. La copertura finanziaria che doveva garantire la sospensione del ticket fino al 31 dicembre 2011 viene ridotta da 486,5 milioni di euro a 105 milioni. In questo modo, stima la Cgil, un’ecografia al seno arriverà a costare oltre 45 euro. Il costo di un’ecografia addominale inferiore, invece, si aggirerà oltre i 40 euro. La Fp-Cgil ha poi calcolato che, con il ticket da 10 euro, il costo di un elettrocardiogramma passerà da 11,65 a 21,65 euro, un fundus oculi da 7,75 a 17,75 euro, un esame rx al torace da 15,50 a 25,50 euro, un esame allergologico strumentale da 6,04 a 16,04 euro e l’emocultura da 26,45 a 36,45 euro. «L’introduzione da subito dei ticket sanitari riguarda quelli previsti dal 2007 per cui ci sono categorie esenti. Non sono spalmati su tutta la popolazione sono esenti» ha precisato ieri il ministro della Salute, Ferruccio Fazio.

Bollo depositi
Resta l’aumento ma è graduale
Confermata la rimodulazione dell’imposta di bollo sui depositi titoli. Rispetto all’idea di innalzare questa tassa da subito a quota 120 euro il Senato ha votato una nuova graduazione del prelievo: il bollo, con periodicità annuale, sarà di 34,20 euro per gli importi inferiori ai 50mila euro, di 70 euro per quelli pari o superiori ai 50mila euro e inferiori ai 150mila euro; di 240 euro per importi pari o superiori ai 150mila euro e inferiori ai 500mila euro; di 680 euro per importi pari o superiori a 500mila euro. Dal 2013 l’imposta con periodicità annuale sarà di 230 euro per gli importi pari o superiori ai 50mila euro e inferiori a 150 mila; di 780 euro per importi pari o superiori a 150mila euro e inferiori a 500mila euro e di 1.100 euro per importi pari o superiori a 500mila euro. Per i manager, invece, aumenta l’imponibile delle stock option e bonus, su cui viene applicata un’aliquota addizionale del 10%. L’aliquota, finora applicata per la quota che supera il triplo della parte fissa della retribuzione, sarà ora applicata per l’intero importo che eccede la parte fissa della retribuzione.

Pensioni
Stretta “morbida” sulle rivalutazioni
Nonostante abbia suscitato molte perplessità, resta la stretta sulla rivalutazione delle pensioni per il biennio 2012-2013, anche se viene ammorbidita. A quelle superiori a 5 volte il trattamento minimo, ossia a 2.341 euro lordi al mese, non sia applica la rivalutazione. Per la quota tra tre volte e cinque volte il minimo (quindi tra 1.428 e 2.341 euro lordi) la rivalutazione scatta al 70% (contro il 45% previsto in un primo momento). Gli importi sotto i 1.428 euro non subiscono invece penalizzazioni. Nel pacchetto anche l’anticipo al 2013 dell’adeguamento triennale dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita media calcolata dall’Istat. Dal 2013 ci vorranno 3 mesi in più per ottenere il pensionamento di vecchiaia, dal 2016 al 2030 ne serviranno quattro, dal 2030 al 2050 si scende di nuovo a 3 mesi. Per coloro coloro che maturano 40 anni di contributi (indipendentemente dall’età) si parte invece già l’anno prossimo quando la decorrenza del pensionamento verrà posticipata di un mese. Il posticipo è di due mesi per coloro che maturano il requisito nel 2013 e di 3 mesi se i 40 anni di contributi si raggiungono a decorrere dal primo gennaio 2014. Tutto resta invariato per chi matura il requisito entro il 2011. Confermata la partenza nel 2020 dell’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato. Il meccanismo è graduale e si arriva a 65 anni nel 2032.

Giovani under 35
C’è più tempo per avere i bonus
Vengono aumentati i limiti temporali per le agevolazioni fiscali previste a favore di giovani, disoccupati e titolari di partita Iva che abbiano avviato un’attività di impresa dopo il 2007. L’emendamento all’articolo 27 del decreto taglia-deficit, in materia di «regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità» presentato dal ministro Meloni e inserito nella manovra economica, allungherà fino al trentacinquesimo anno di età la possibilità di poter usufruire dell’imposta forfettaria per le nuove imprese, calcolata al 5% per i cinque anni successivi all’avvio dell’attività. Chi ha meno di 35 anni potrà quindi usufruire del regime fiscale agevolato fino al limite d’età introdotto dalla modifica. Per chi ha invece superato tale limite, il regime fiscale sostitutivo dell’imposta sul reddito si applicherà comunque per il periodo d’imposta in cui l’attività è stata avviata e rimarrà in vigore per i quattro anni successivi. Per poter ottenere i benefici previsti dal decreto di legge l’attività non dovrà configurarsi come prosecuzione di una attività precedente, fatta eccezione per il periodo di praticantato previsto dagli ordini professionali. Il contribuente non dovrà inoltre aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio della medesima, alcun tipo di attività.

La Stampa 15.07.11

******

“Il superticket spinge le cure low cost”, di Paolo Russo

Le cure mediche a prezzi stracciati valgono 10 miliardi di euro all’anno. I risparmi vanno dal 30 al 60%
Aggirando le liste d’attesa di Asl e ospedali e pagando qualche spicciolo in più del super-ticket in vigore dalla prossima settimana su visite e analisi, sempre più italiani scoprono la scorciatoia della sanità low cost privata, che oramai fattura quasi 10 miliardi di euro con una crescita del 20-30% l’anno.

L’esplosione
Un vero e proprio boom, destinato a espandersi ancor di più con l’entrata in vigore con la manovra, dei 10 euro su visite specialistiche, analisi e accertamenti diagnostici, che vanno ad aggiungersi ai ticket da 36, in alcuni casi 46 euro già in vigore in tutte le Regioni. Importi destinati a crescere, nel 2014, quando con i contributi degli assistiti bisognerà ottenere il 40% dei risparmi previsti – e sono tanti- per la sanità. A quel punto curarsi nei nuovi centri medici privati low cost che stanno spuntando come funghi in tutta Italia diventerà quasi più conveniente che rivolgersi al pubblico. E i capitali privati l’hanno capito, spingendo il piede sull’acceleratore degli investimenti. Lo dimostra la scesa in campo di grandi gruppi bancari, come Intesa SanPaolo e il Gruppo Banche popolari, primi azionisti della Welfare Italia, 25 poliambulatori specialistici e odontoiatrici sparsi per l’Italia a fine anno, che diventeranno 130 tra 4 anni.

Le stime
A fornire le stime di mercato è la Assolowcost, l’associazione che rappresenta le più svariate imprese, da Ikea alla Dacia automobili, accomunate dalla politica dei bassi costi a buoni livelli di qualità. «Nella sanità è difficile fare stime – spiega il presidente Andrea Cinosi – ma essendo questo uno dei settori di punta del low cost non è azzardato stimare una incidenza pari al 6% della spesa sanitaria complessiva». Ossia un mercato miliardario che sfiora le due cifre.

I due fronti
Alla base del fenomeno c’è ovviamente la crisi, che grava sia sui pazienti che sui medici. Il centro Studi di economia sanitaria, Ceis-Tor Vergata, ha calcolato che nel 2010 in Italia più di 3 milioni di persone hanno avuto problemi economici a causa delle spese sanitarie e che oltre 2 milioni e mezzo di italiani, soprattutto famiglie con bambini e pensionati, sono stati costretti a rinunciare a visite, analisi o appuntamenti dal dentista. E così, per fermare l’emorragia di pazienti/clienti anche gli studi medici e le strutture sanitarie hanno deciso di scendere nell’arena dell’offerta a basso costo, come hanno già fatto trasporto aereo, abbigliamento ed altre professioni.

Secondo l’indagine condotta dalla Scuola di Formazione Continua del Campus Biomedico di Roma,(che non a caso sta avviando un master in imprenditorialità sanitaria) le struttura sanitarie low cost riescono in media a far risparmiare tra il 30% e il 60% rispetto alle normali tariffe di mercato. «Soprattutto concentrando più medici in un unico poliambulatorio per ottenere economie di scala sfruttando in modo intensivo le apparecchiature», spiega Fabio Capasso, direttore della Scuola di formazione dell’Ateneo.

La formula
Le strutture per ora sono concentrate soprattutto a Nord ed offrono servizi medici di vario genere, anche se dove l’offerta low cost è determinante sono i settori non coperti dal Servizio Sanitario Nazionale: cure dentarie e psicoterapia. Due campi dove circa il 90% degli assistiti è costretto a rivolgersi al privato. Ma la formula «bassi prezzi, buona qualità» si sta rivelando vincente anche per visite specialistiche e accertamenti diagnostici, dove il low cost sanitario ha affilato due armi vincenti: prezzi non di molto superiori ai ticket e tempi di attesa praticamente azzerati. Un miracolo ottenuto senza diminuire i livelli di qualità e sicurezza dell’offerta ma, spiega il Presidente di Assolowcost, Andrea Cinosi, sfrondando i costi. «Ad esempio uno studio può decidere di puntare su centrali di acquisto, risparmiando fino al 70% sui materiali sanitari».

Completamente diversa è l’analisi che fa del fenomeno Costantino Troise, segretario nazionale del forte sindacato dei medici ospedalieri Anaao, per il quale «anche il low cost è comunque un privato profit portato per sua natura ad inflazionare la domanda». Come dire: paghi di meno ma spendi di più per prestazioni non sempre necessarie. Il tutto, aggiunge Troise, «con il rischio che continuando con tagli e ticket si favorisca una privatizzazione strisciante facendo del servizio pubblico una sanità povera per i poveri».

La Stampa 15.07.11

******

“Solo tagli da manicure ai costi della politica”, di Francesca Schianchi

La Casta risparmia otto milioni sui 47 miliardi di tagli. «Meno aerei blu, più Alitalia», motteggiava non più di un mese fa il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. «Privilegi, cumuli e rendite vitalizie per chi abbia svolto un incarico politico e istituzionale, sono un costo su cui credo la collettività vedrebbe positivamente una sforbiciata», aggiungeva il collega degli Esteri Franco Frattini. Bei tempi. Quando la manovra era ancora allo studio e dai Palazzi al lavoro trapelava la formula magica: taglio ai costi della politica.

Ecco qui la manovra, pronta per il voto finale di oggi alla Camera: tra sforbiciate alle famiglie e agli enti locali, dopo aver dovuto depennare in tutta fretta la liberalizzazione degli ordini causa rivolta dei deputati-avvocati del Pdl con tanto di minaccia di non votare la fiducia, quanti tagli sono destinati a colpire la Casta? Poca roba, meno di 8 milioni di euro.

Voli di stato riservati solo alle cinque più alte cariche (ma ci possono essere eccezioni), auto blu di cilindrata non superiore ai 1600 cc (ma per le più alte cariche può anche superarla), taglio del 20% agli stanziamenti per Cnel, autorità indipendenti, Consob e organi di autogoverno della magistratura, rimborsi elettorali ai partiti dovuti solo fin quando dura la legislatura (e non più, com’è stato finora, anche quando la legislatura si interrompe). Qualche risparmio sulle generose retribuzioni dei parlamentari? Non si può chiedere al cappone di festeggiare il Natale, è massima spesso ripetuta: e infatti lo si chiede ai capponi prossimi. L’adeguamento degli stipendi alla media (ben più bassa) europea (anzi, dei «sei principali Stati dell’area euro», come specifica un emendamento approvato al Senato), così come il taglio del 10% dei rimborsi elettorali ai partiti, scatteranno solo dalla prossima legislatura. Ticket della sanità per tutti subito, stipendi più magri per i parlamentari, la prossima volta. «Ci sarebbe stato il ricorso del funzionario e tutto si sarebbe bloccato», ha giustificato la scelta Tremonti. Starà tranquillo il ministro Rotondi, che subito si era preoccupato di quei parlamentari «costretti a fare il conto della serva», con appena 4 mila euro al mese per la famiglia…

«Vi lavate la coscienza con interventi modesti sui voli di stato e le auto blu senza intervenire sui costi reali della politica, che sono gli sperperi delle tante zone grigie e la corruzione», attacca il governo il capogruppo dell’Udc al Senato Gianpiero D’Alia. «Sui costi della politica non c’è nulla, questo per l’Italia dei valori è un’autentica vergogna», insorge il presidente del gruppo Idv al Senato, Felice Belisario. Tutte le opposizioni insieme hanno presentato in Commissione al Senato 22 emendamenti, di cui parecchi sui costi della politica, sono rimasti a votarli fino alle 3 del mattino. «Un pacchetto serio, non una presa in giro», sospira il senatore Pd Giovanni Legnini, relatore di minoranza della manovra a Palazzo Madama, ma nonostante l’apertura di Tremonti, «ci aveva detto che se ne poteva discutere» sono stati «tutti bocciati 12 a 13», in Commissione siedono in 25.

Qualche esempio delle modifiche chieste da Pd, Udc e Idv insieme? Prima di tutto, appunto, anticipare al 2012 dell’adeguamento degli stipendi all’area euro, senza aspettare la prossima legislatura. Una norma sui vitalizi parlamentari, per adeguarli al sistema contributivo di tutti i lavoratori dipendenti. Inclusione del referendum nell’election day (votare a giugno su acqua e nucleare senza accorpamento con le amministrative è costato 300 milioni). Una sola società pubblica per gli enti locali, per chiuderne migliaia di altre con i loro consigli di amministrazione. Divieto di cumulo di cariche, tramite l’istituzione di alcune incompatibilità. E poi anche su auto e voli blu si prevedevano norme più stringenti: ad esempio, precluso l’uso della macchina di servizio «per i trasferimenti da e per lavoro». «Di tutto questo, il governo non ha accolto nulla», tira le somme il relatore di minoranza, «senza darci alcuna spiegazione».

Tra le proposte c’era pure quella di accorpare le province con meno di 500 mila abitanti. «Neanche questo ci hanno votato», spiega sconsolato Legnini. Ma dopo che la settimana scorsa pure il Pd alla Camera si è astenuto sulla proposta di abolirle, votata da Idv e Udc (risparmio stimato, secondo uno studio della Confesercenti, sette miliardi di euro), chi è senza peccato scagli la prima pietra.

La Stampa 15.07.11