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Costi della politica: il PD li vuole tagliare, il governo mette la fiducia e lo impedisce. Libero e Il Fatto non se ne accorgono

Libero scrive che nella notte PD e PDL si accordano per aumentarsi lo stipendio, ma non è vero. Il Fatto riprende l’articolo. I senatori Marilena Adamo, Paolo Baretta e Francesco Sanna spiegano come sono andate le cose. Alcuni quotidiani “vicini” a Berlusconi (Libero e Il Giornale) ed Il Fatto ieri hanno pubblicato degli articoli sulla discussione in Senato della manovra economica del Governo, in particolare sulla riduzione dei costi della Politica, che – oltre a diverse inesattezze- travisano totalmente la realtà e assimilano la posizione del PD a quella di PDL e LEGA.
Invece il Governo ha messo la fiducia su un maxiemendamento predisposto da Tremonti e dalla maggioranza. Su quello ha deciso di votare avendo i numeri per approvarlo. Il PD, l’IDV e l’UDC che avevano presentato emendamenti alternativi sui costi della politica (vitalizi, accorpamento dei comuni, accorpamento delle province, accorpamento delle società comunali, niente doppi incarichi, stipendi dei parlamentari in linea con la media europea da subito) se li sono visti vanificare dalla fiducia, che ha impedito qualsiasi modifica al testo del Governo.

Il senatore Paolo Giaretta ha risposto così alle e-mail ed ai commenti :
Forse se il giornale Libero avesse visto il resoconto della Commisssione Bilancio non avrebbe potuto dire “nella notte e lontano dalle telecamere, ecc.” nella notte abbiamo lavorato per forza, visto che non c’era altro tempo per consentire di andare in aula il giorno dopo. Ma avrebbe visto che le opposizioni hanno presentato emendamenti che prevedono la cessazione dei vitalizi e l’immediato adeguamento delle retribuzioni alla media europea. Mi sembra che sia invece una cosa di buon senso paragonare le retribuzioni ai parlamenti dei maggiori paese che sono omogenei a quello italiano, per dimensioni e funzioni. Sono intervenuto ed insieme a me altri senatori del PD, alquanto indignati per questa sordità della maggioranza. i voti si sono conclusi 12 a 13. Tutti i senatori dell’opposizione a favore degli emendamenti, tutta la maggioranza contraria. Questa è la verità dei fatti desumimbile del resto dal resoconto dei lavori della commissione.

La senatrice Marilena Adamo ed il senatore Francesco Sanna hanno scritto una lettera a Il Fatto Quotidiano:

cara redazione del Fatto Quotidiano, ci spiace molto aver visto sulla vostra pagina online che riprendete tout court un articolo di Bechis su Libero che riporta una ricostruzione falsa di quanto dibattuto e votato in Commissione Affari Costituzionali al Senato, martedi e mercoledì scorso. Vi preghiamo quindi di pubblicare queste nostre righe perchè ci spiacerebbe davvero che i lettori fossero tratti in inganno. Schematicamente:
1. Il parere della Commissione è appunto un parere, essendo la manovra materia della V Commissione-Bilancio
2. Non si sono svolte riunioni segrete e notturne, ma una martedì pomeriggio e l’altra mercoledì mattina;
3. Gli interventi compiuti sulla manovra di Adamo e Sanna li trovate sul resoconto di martedì. L’audio integrale di Sanna anche sul suo sito www.francescosanna.com.
In questi interventi, come in quelli degli altri senatori PD, le nostre proposte sono state chiarissime su: tagli degli emolumenti e proposte di modifica delle pensioni, richiesta di anticipare le decisioni al 1 gennaio 2012, che la manovra rinvia a dopo il 2013, in quanto hanno fatto esplicito riferimento all’emendamento presentato dal PD con le altre opposizioni e respinto dalla maggioranza in Commissione Bilancio. L’intervento di Pancho Pardi fa difatti riferimento alle medesime nostre posizioni e vi si associa.
4. Nella seduta di mercoledì le frasi da voi citate si riferiscono solo ad una richiesta di modifica venuta dal senatore Pastore al testo del Parere presentato dal relatore che non condivevamo: cioè i parametri da usare per calcolare la media europea degli emolumenti. Tra l’altro facciamo notare che la decisione assunta poi dalla maggioranza nel suo maxi emendamento, cioè nel testo definitivo, va esattamente nel senso opposto da quello da noi indicato: cioè si fa la media solo con i paesi più ricchi e con gli emolumenti più alti.
5. La questione poi è rintracciabile nella prima parte del parere, quella a cui noi abbiamo votato contro,mentre abbiamo votato a favore delle cosiddette “osservazioni”, cioè suggerimenti dati alla commissione bilancio, che non ne ha tenuto conto, perchè riprendevano le nostre proposte: anticipare i tagli dei “costi della politica”, accorpare le province, rivedere scelte sulla scuola perchè anticostituzionali ecc.
Insomma se Libero si affanna a cercare di dimostrare l’indimostrabile, ci aspettiamo che Il Fatto dia conto, appunto dei fatti. Fatti che potrete facilmente trovare sul parere votato e sui due resoconti, quello del 12 e quello del 13, con preghiera di dare ai lettori i link giusti perche, sicuramente per una svista, se si apre il vostro link “apri il resoconto del Senato”si apre invece l’articolo di Libero, da alcune settimane impegnato a gestire la fine del ciclo politico di Berlusconi al grido di “sono tutti uguali”.
Grazie per la cortese ospitalità
Marilena Adamo e Francesco Sanna, senatori e lettori.

Lo stesso Francesco Sanna ha scritto anche a Franco Bechis, autore dell’articolo:

Caro Bechis, mi faccia provare a spiegare ai lettori di Libero cosa ho sostenuto per il PD nella Commissione Affari Costituzionali del Senato sul taglio dei costi delle istituzioni nella manovra economica, il 12 ed il 13 luglio scorsi. L’audio del primo intervento è disponibile sul mio sito internet, il sommario verrebbe così: 1) Rimandare alla prossima legislatura i “tagli” ai costi della politica è improponibile. Facciamo le riforme e le riduzioni un minuto prima di imporre i sacrifici al Paese e spieghiamo come si utilizzano i soldi pubblici per il funzionamento della democrazia. I tagli partano dal 1° gennaio 2012, non dalla seconda metà del 2013 come dispone il decreto legge.
2) Più trasparenza e dovere di rendicontazione di come usa i soldi pubblici il Parlamento ed ogni singolo parlamentare. Altrimenti, fuori di qui, si crederà che si vive tutti … alla Milanese ! 3) Il vitalizio parlamentare italiano non ha corrispondenti nei sistemi istituzionali europei. Proponiamo di abolirlo e di equiparare le pensioni dei parlamentari a quelle degli altri lavoratori dipendenti. Sia per consistenza economica (applicando il metodo contributivo), sia per età.
4) Auto blu. Gli annunci roboanti di Brunetta non hanno sino ad oggi prodotto la riduzione nemmeno di una Panda arrugginita. Voli di Stato. Appena tornato al Governo, il centrodestra cambia le regole e moltiplica per tre le ore di volo. Da subito le nuove regole.
5) Bisogna accorpare le diverse consultazioni elettorali per risparmiare. Ma perché non farlo anche per i referendum ? Argomento tabù per la maggioranza, che deve far dimenticare di aver dissipato 300 milioni di euro non più tardi di due mesi fa per evitare che si raggiungesse il quorum al referendum sul legittimo impedimento.
Il giorno dopo, nella discussione del parere che rendiamo alla Commissione Bilancio, diversi senatori della maggioranza liquidano queste proposte come “populismo”.
Replico: il populismo è del Governo. La Costituzione dice che la legge fissa l’indennità parlamentare, la manovra rimanda invece a commissioni di studio e medie europee senza indicare criteri che rendano determinabili i valori. Prendiamo i 17 paesi dell’Area Euro di cui parla il decreto legge, li pesiamo demograficamente e facciamo la media. Assumiamo il valore di quanto spende il popolo europeo per le sue istituzioni, facciamo la media e non sbagliamo.
Il mio suggerimento è per accelerare, non per frenare o tornare indietro. Viene messo tra le osservazioni della Commissione. Il PD vota comunque contro il parere, e a favore delle osservazioni che ha contribuito a formulare.
Tutto questo accade nella mattina del 13 luglio ( e non durante la notte senza testimoni).
In Commissione Bilancio, la maggioranza si accorda con il Governo per cambiare la norma. Si prenderanno i trattamenti economici dei parlamentari non dei diciassette paesi dell’area euro, ma solo dei sei “più importanti” tra questi (e con istituzioni più costose, aggiungo io). E facendo riferimento al loro PIL, cioè alla loro ricchezza, e non al numero dei lori cittadini. Io non sono d’accordo perché non sempre un paese con grande popolo è molto ricco e mentre invece in Europa lo sono quelli con poca popolazione.
Insomma, con il sistema prescelto dall’accordo tra maggioranza e governo, che ha escluso le opposizioni, la riduzione dei costi – se ci sarà – sarà lievissima.
Il PD ha votato contro queste modifiche, che rischiano davvero di innalzare lo status economico dei parlamentari, sia in Commissione Bilancio, sia nel voto di fiducia.
Le cose sono andate così. A suoi lettori il giudizio.
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Le ricostruzioni pelose della destra fatte trapelare attraverso Libero devono fare i conti con questo dato di fatto. Chi abbocca cade in un tranello studiato a tavolino.

Mar. Lau.

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