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"Famiglie troppo colpite, intervenite" di Gabriele Isman

Vescovi e associazioni chiedono modifiche. E Giovanardi cerca una mediazione. Cei, Caritas, Acli non allentano la pressione sul governo e chiedono modifiche. I cattolici all´attacco della manovra. La scomunica ufficiale è arrivata ieri con un editoriale sulla prima pagina dell´Avvenire: «L´abbiamo ingoiata senza fare troppe storie – scrive il giornale della Cei – . Questa manovra economica è stata necessitata prima ancora che necessaria. L´attacco speculativo era stato troppo grave, la situazione troppo instabile e incerta. Il risultato complessivo più che distribuire in maniera equa i pesi del rigore necessario continua a caricare sulle famiglie e sui ceti medio-bassi l´onere del risanamento, toccando solo marginalmente i ceti alti e certe corporazioni». E nell´editoriale non mancano le critiche ai mancati tagli ai costi della politica. Il giorno prima il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aveva detto: «La famiglia deve essere difesa a tutti i costi perché è la base della società civile». E inevitabilmente le sue parole erano sembrate un richiamo al Parlamento.
Ma l´attacco dei cattolici alla Finanziaria era partito già nei giorni precedenti: il governatore Roberto Formigoni ieri ha spiegato che in Lombardia si stanno verificando «le compatibilità di bilancio» per abbassare il ticket da 10 euro sulle visite specialistiche. Anche a RepubblicaTv Formigoni qualche giorno fa era stato molto critico, spiegando che «vengono chiesti alle Regioni sacrifici assolutamente sproporzionati. Contano per il 20 per cento nella spesa pubblica, e i tagli insistono per circa il 50, con nove miliardi abbondanti, soprattutto nel comparto sanità. Serve un riequilibrio: i ministeri già l´anno scorso hanno pagato pochissimo». Poi le critiche erano arrivate dalle Acli – «scandaloso l´accanimento sulle famiglie e il disinteresse per i poveri che emerge da questa manovra economica» aveva detto il presidente Andrea Olivero – e dalla Caritas che, attraverso il vicedirettore Francesco Marsico, aveva chiesto di «mettere in sicurezza almeno le famiglie con situazioni di povertà assoluta».
Ieri qualche cattolico Pdl ha provato a difendere la manovra: per Osvaldo Napoli «quello delle famiglie è un problema di cui dobbiamo farci carico, al di là delle necessità del momento che ci vengono riconosciute da tutti. Con maggiore calma una riflessione sul quoziente famigliare è necessaria». Napoli però non concorda sulle critiche ai mancati tagli ai costi della politica: «La discussione sconta un eccesso di qualunquismo che ora rischia di diventare persino noioso. Nessuno parla mai degli stipendi dei magistrati o di quelli di altre categorie. La politica ha già tagliato moltissimo e che oggi l´Italia ha il minor costo complessivo per parlamentare rispetto ai grandi Paesi europei. In Francia un parlamentare costa 5-6mila euro in più che in Italia». Un membro del governo come Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Famiglia, cerca una mediazione tra l´editoriale di Avvenire e la linea dell´esecutivo: «Se le cose restassero così sarebbero inaccettabili. Non si può trattare allo stesso modo chi deve mantenere due, tre, quattro figli e chi non ne mantiene nessuno. Ma tutto va visto nella prospettiva dell´approvazione della delega e della riforma fiscale. Il giudizio va dato su quello». Giovanardi confessa di non aver avuto «modo di leggere la manovra nel dettaglio e vedo che i grandi quotidiani hanno riportato dati totalmente inesatti, equivocando sui grandi numeri. Ma c´è un dato che balza agli occhi: se queste misure che entreranno in vigore nei prossimi anni verranno compensate dalla riforma fiscale, dalla delega che ridisegna il fisco con la possibilità di introdurre il fattore famiglia, ci sarà un riequilibrio del sistema a favore delle famiglie».

La Repubblica 17.07.11

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“SE LA MANOVRA RISPARMIA I PARADISI FISCALI”, di GIORGIO RUFFOLO
È un coro quello che si leva sul costo della politica. Effettivamente in Italia quel costo è particolarmente elevato a causa dell´invasione della società politica nella società civile, che dà luogo a una rendita contaminata da inquinamenti mafiosi.
Si parla della politica come di una corporazione. Magari! Le corporazioni avvertono i pericoli che le minacciano e sono pronte, quando quelli diventano imminenti, a pagare il costo di un ripiegamento: come sarebbe da noi la riduzione del numero dei deputati (promessa da secoli) o l´abolizione delle province.
La politica italiana sembra invece priva anche dell´istinto di conservazione. Non è una corporazione. È una consorteria.
Ciò detto è incredibile e anche vergognoso che si punti il dito sulla invasione senza dire una parola sulla evasione. Sul fatto che un terzo del reddito reale, quello dei più ricchi, si sottrae ai propri doveri fiscali.
Pochi numeri rendono l´idea. Stime dell´Istat collocano il tasso di evasione medio nazionale al 13,5 del reddito dichiarato. Medio, significa benefici praticamente nulli per i dipendenti e i pensionati, stratosferici per gli autonomi e i rentiers che presentano un tasso di evasione rispettivamente del 56 e dell´84 per cento del reddito. In parte cospicua anche se non accertabile quelle ricchezze evasive affluiscono nei paradisi fiscali.
Secondo un calcolo dell´Ocse, che dovrebbe sorvegliarli e contrastarli, a fine 2008 i capitali accolti in paradiso ammonterebbero globalmente a circa 7 mila miliardi di dollari. Lo Scudo fiscale eretto dal nostro governo apre ai capitali italiani peccatori le porte del paradiso: una provvidenziale via di redenzione.
Chiudere i paradisi? Anche per Nostro Signore sarebbe difficile: non ci si può sottrarre al ricatto capitalistico della migrazione dei capitali “altrove”. Verrebbe voglia di dire: è il capitalismo, stupido. Ma c´è modo di non subire interamente il ricatto.
Primo, denunciandolo, come si fa con la mafia. Ora, l´Italia è il solo paese al mondo in cui un presidente del Consiglio dichiara invece pubblicamente di comprendere le ragioni degli evasori.
Secondo: il rapporto tra Stato e capitalismo, che può essere declinato in modi assai diversi. Si va dalle repubbliche di banane dei Caraibi al compromesso socialdemocratico o cattolico democratico tra democrazia e capitalismo.
Il livello del confronto dipende in primo luogo, ovviamente, dal rapporto di forze. Per i “mercati” altro è avere a che fare con l´Italia o con l´Europa: e qui si misura il costo della fiacchezza europea. Dipende poi dalla competenza e dalla qualità dei governi nazionali.
Ci sono due aspetti che possono aumentare il grado di autonomia della politica dal ricatto capitalistico per i governi nazionali: i conti in ordine e l´autorevolezza. In Italia purtroppo non disponiamo né degli uni né dell´altra.
I conti sono pessimi. Quanto all´autorevolezza siamo piuttosto lontani da quella del generale de Gaulle (proprio in tema di paradisi fiscali non dimentichiamo che il generale minacciò di intervenire militarmente a Montecarlo. Solo Bossi potrebbe farlo con le sue baionette padane) e più vicini a una repubblica di banane.
Un soprassalto di dignità è quello che il presidente della Repubblica, il solo vero garante della dignità del Paese, ha ottenuto dal senso di responsabilità delle opposizioni con il via libera all´approvazione di una manovra disapprovata. Ma non basta certo.
Affidare una manovra economicamente sconnessa e socialmente iniqua alla gestione di un governo rissoso? È questo che ci aspetta nei prossimi due anni?

La Repubblia 17.07.11