cultura

"Altro che restauri, l'acciaio incombe sulla Domus Aurea", di Luca Del Fra

La residenza di Nerone, chiusa dal 2005, va in rovina. Un progetto
del commissario Marchetti e dei Beni Culturali prevede 45 pali conficcati tra gli affreschi per reggere un «tetto», 3 ascensori e un museo pensile. La damnatio memoriae rischia di abbattersi nuovamente sulla Domus Aurea di Nerone: se negli anni successivi al suicidio dell’imperatore avvenuto nel 68 d.C. per dimenticarlo i suoi concittadini ne sotterrarono la reggia, stavolta a sommergerla rischia di essere una colata di metallo. È quanto prevede il nuovo progetto di restauro, che porta la firma del commissario Luciano Marchetti e lo sponsor politico del sottosegretario
ai Beni Culturali Francesco Maria Giro (PdL): ben 45 pali d’acciaio confitti nella carne viva delle antiche vestigia, la presenza di tre ascensori e addirittura un museo pensile. Uno stupro archeologico o, se volete, un progetto in stile Las Vegas, dai costi altissimi e non risolutivo dei problemi che hanno portato alla chiusura e al commissariamento del monumento.
Dopo 19 secoli di interramento la Domus è riaperta nel 1999 grazie a uno scavo dal basso, senza alleggerire la collina sopra l’edificio che, svuotato, non è più in grado di sostenerla. L’incongruità strutturale è nota ma si pensa di aprire ai visitatori e in breve di avviare i lavori di alleggerimento, da allora però i cantieri restano chiusi. Presto la legge di gravità e le intemperie bussano alla reggia neroniana, che nel 2005 viene chiusa per le infiltrazioni d’acqua e gli evidenti segni di cedimento.
L’anno dopo l’allora ministro dei Beni Culturali Rutelli commissaria la Domus affidandola alle cure di Marchetti: scelta forse non lungimirante, già direttore regionale in pensione, il commissario comparirà nella lista Anemone, dice di stimare Angelo Balducci, è lambito dallo scandalo della ristrutturazione con fondi Arcus del palazzo di Propaganda Fide a piazza di Spagna – in cui compare la compagna Francesca Nannelli –, e vive al centro storico di Roma in una casa presa in affitto proprio da Propaganda Fide.
Ma il compito di Marchetti appare in discesa: nel 2007 è pronto un progetto del Ministero, approvato da soprintendenze e comitati, che rispondeagli obiettivi del commissariamento: «l’eliminazione di situazioni di pericolo per le cose e le persone». Costo 15 milioni di euro, che vengono anche stanziati. Benché nel giugno 2009 con il solito trionfalismo Giro annunci il progetto appaltato, in un mese l’inizio dei lavori e in due anni l’apertura del sito, l’unica cosa evidente è il crollo nel 2010 di una parte del complesso, la galleria Traianea. Nel 2011 invece della riapertura Marchetti porta una troupe del Tg3 nella Domus e senza volerlo ammette il suo fallimento: dichiara che lì dentro piove ancora e le immagini mostrano lo scorrere dell’acqua sugli affreschi. Negli stessi giorni il direttore per le antichità del Ministero, Luigi Malnati, sottolinea che delle 150 stanze solo 2 sono state impermeabilizzate. Siamo a 5 anni dall’inizio del commissariamento: a questo ritmo vorticoso l’impermeabilizzazione durerà 370 anni. La débâcle del commissario è funzionale a soddisfare appetiti e voglia di visibilità: ecco la nuova mirabilia, con45 pali d’acciaio infilzati nella Domus per sorreggere una copertura, poi ben 3 ascensori, vecchia mania di Marchetti, che da direttore regionale ne ha piazzato uno al Vittoriano causando non poche polemiche poiché sbuca ben oltre il tetto del monumento. Giro già da tempo parla ed esalta il progetto e il 14 luglio assieme a Marchetti dichiara che è cosa fatta, aggiungendo un museo pensile, ma alla stampa non sono presentate planimetrie o simulazioni dell’impatto. Poco importa se tra i compiti del commissariamento non compaiano né coperture, né musei pensili, né ascensori, e dunque Marchetti non avrebbe mandato per realizzarli: il capolavoro siderurgico costerà tra i 35 e i 50 milioni di euro, con un incremento di spesa del 300%. Il tutto avviene prima che la soprintendenza e i comitati ecnico-scientifici del Ministero abbiano espresso il loro vincolante parere, in un chiaro tentativo di forzargli la mano.
Si è scatenata un’aspra polemica col Pd in prima linea: per il senatore Marcucci è «un progetto invasivo da apprendisti stregoni» e presentato un’interrogazione parlamentare, mentre per il coordinatore del settore cultura del Pd Matteo Orfini: «La Domus Aurea è l’ultimo di una serie di scempi perpetrati durante il governo Berlusconi. Per Pompei il ministero aveva garantito risultati inesistenti, è finita nel dramma e nel discredito internazionale».
Nei giorni scorsi con cautela la soprintendenza ha sottolineato come il nuovo progetto non abbia sufficienti consolidamenti e dà via libera solo ai lavori compresi nel primo progetto, rimandando ai pareri dei comitati tecnico scientifici, dove molti prevedono scontri gladiatori. Piuttosto che la salvezza della Domus Aurea, per ora ha prevalso la voglia di appalto – che in regime commissariale avviene senza bando, in stile Protezione civile. Stile che Marchetti conosce bene come vicecommissario per la ricostruzione di l’Aquila con deleghe ai Beni Culturali.

L’Unità 22.07.11

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“LA REGOLA D’ORO? PIÙ KOLOSSAL È L’APPALTO, MEGLIO È”, di Vittorio Emiliani

l Ministero per i Beni Culturali agonizza per mancanza di risorse, di
tecnici, di custodi? Niente paura. Il sottosegretario Francesco Giro – che si è fatto una fama (pensate un po’) durante la latitanza di Sandro Bondi – sostiene il costosissimo progetto di risanamento della Domus Aurea del suo quinquennale commissario, sinora a secco di risultati, ingegner Luciano Marchetti. Sono 35-50 milioni. Da pescare nel solito «tesoro» degli incassi del Colosseo. Che però, per una parte, alimentano il vastissimo bacino archeologico Roma-Ostia. Al quale – notizia di ieri – sono stati sottratti, con un colpo di mano, 5 milioni di euro per esso vitali e che rientrano in un bilancio da approvare, al massimo, entro marzo e che a fine luglio non lo è ancora. Andranno a coprire i debiti del Polo Museale di Napoli… Quello dell’ingegner Marchetti, commissario senza risultati, dal 2006, è un progetto «pesante» (acciaio+cemento). Dall’esito certo? No. Si sa però che installerà nella Domus neroniana, o marchettiana, ben tre ascensori, speciale passione dell’«ingegnere». Suo è quello che da tutta Roma si «ammira», e si maledice, in cima al Vittoriano. Al suo costosissimo progetto se ne contrappone uno della Soprintendenza, più soft e meno costoso, ovviamente. Ma il sottosegretario Giro non ci sta, vuole «chello ca costa ‘e cchiù», forse per passare alla storia. Una volta, nell’Italia dei beni culturali vigevano almeno criteri di dirittura morale e di efficienza tecnica (in Tangentopoli non ci fu un solo Soprintendente
inquisito). Ora, da una parte il Ministero agonizza e dall’altra si varano appalti kolossal. Più kolossal è l’appalto, meglio è.
Ecco la regola. Aurea, è il caso di dirlo. Il grottesco è senza fine. Dal 2006 la Domus Aurea è commissariata con Marchetti. Dal 2009 lo è pure l’intera area archeologica Roma-Ostia, prima con Guido Bertolaso e poi con Roberto Cecchi che è pure il segretario generale del MiBAC.
Chi è che ora ha spostato 5 milioni di euro dall’archeologia di Roma-Ostia ai Musei di Napoli? Lo stesso Cecchi, immagino. Che, in veste di segretario generale, toglie quella cifra importantissima dalla
matrioska Cecchi commissario per l’archeologia romana. Si sperava che il nuovo ministro, Giancarlo Galan, sciogliesse il groviglio, congedando chi aveva avuto – all’Aquila o altrove – rapporti con Angelo Balducci leader della famigerata «cricca». Nulla di tutto ciò. Ognuno resta dov’è. Semmai sono gli uomini di Galan a restare fuori. Giorni fa, nel cuore di Roma, mi si è materializzato davanti, di colpo, il direttore generale che tanto criticammo anni fa, Francesco
Sisinni. Mi ha chiesto secco: «Mi rimpiangete, eh?» E sorrideva, vendicativo e soddisfatto. Già, chi l’avrebbe mai immaginato?

L’Unità 22.07.11

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Dumus Aurea, indietro tutta dopo la denuncia de L’Unità
di Luca Del Fra

I commissariamenti delle aree archeologiche come ha certificato una relazione della Corte dei Conti, sono atti politici. Dunque sfuggono a qualsiasi motivazione che non sia politica».

Il professore Pier Giovanni Guzzo, archeologo già soprintendente a Napoli e Pompei e premiato dai Lincei per il suo lavoro nell’area flegrea, interviene sulla questione della Domus Aurea. Lo fa nel giorno in cui il sottosegretario Francesco Maria Giro del PdL, dopo la denuncia de l’Unità, compie una brusca marcia indietro sul nuovo e fantascientifico progetto di risistemazione della Domus Aurea firmato dal commissario straordinario Luciano Marchetti e da lui sponsorizzato politicamente.

Spariti i pali d’acciaio, spariti gli ascensori, sparito il museo pensile, in un comunicato stampa Giro fa sapere che in settembre saranno avviati due cantieri sperimentali, per la messa in sicurezza di alcune parti della reggia neroniana e di studio per i futuri interventi: poi si vedrà. Il tutto avviene a 5 anni dall’inizio del commissariamento della stessa, affidato a Marchetti, che aveva come motivazione l’urgenza e in cui pochissimo è stato fatto ma una galleria dell’edificio è crollata.

Nel 2008 sono state commissariate anche le soprintendenze di Roma e Ostia, con l’intento di riunire sotto un solo comando aree archeologiche confinanti ma assoggettate da entità diverse. Ma proprio la Domus Aurea è rimasta invece indipendente creando la surreale situazione per cui la parte occidentale dell’edificio ricade sotto la giurisdizione del commissario Roberto Cecchi, e la parte orientale, dove sono avvenuti i crolli, sotto quella del Commissario Marchetti, che usa criteri opposti.

Chiediamo a Guzzo com’è possibile una tale disparità di comportamenti?
«La conclusione della relazione della Corte dei Conti, come dicevamo prima, parla chiaro: se i commissariamenti sono un’ esigenza solo politica è evidente che al Governo vanno bene anche comportamenti così difformi. La Corte ha anche sottolineato che questi commissariamenti, come quello di Pompei, fossero ingiustificati e poco utili».

L’ordinanza di commissariamento della Domus Aurea autorizza la messa in sicurezza, come si giustifica un progetto così pesante come quello di Marchetti?
«Benché si sia parlato parecchio di questo progetto per la Domus Aurea non è stato ancora reso pubblico dunque si può fare un discorso generale. L’unico obbiettivo dei commissariamento è la conservazione che implica la messa in sicurezza, come spiegava l’ archeologo Cesare Brandi, l’intervento può estendersi in certi casi alla ricostruzione di parte di un monumento funzionale appunto alla sua preservazione. Occorre tenere presente però che la percentuale di quanto viene ricostruito e la pesantezza dell’intervento siano funzionali alla conservazione».

In questo caso, invece, si vorrebbero fare altri scavi.
«Per seguire una buona norma il progetto dovrebbe essere pensato ed eseguito dopo che gli scavi sono stati completati e le conoscenze elaborate avendo una base di partenza il più completa possibile. Visto così, non mi sembra un buon metodo».

Quindi la Domus Aurea non è ancora conosciuta completamente?
«Questo è un punto centrale: siamo di fronte a una costruzione assai complessa, con molte stratificazioni successive del periodo imperiale, una specie di grande palinsesto la cui conoscenza dovrebbe essere portata al massimo compimento possibile per decidere come intervenire. Lo studio comunque non impedisce che siano messi in sicurezza i settori dove esistono rischi di crollo, o dove effettuare nuovi scavi».

Quale è il primo grande problema della Domus?
«La storia ci dice che alla reggia aurea di Nerone sono state sovrapposte altre costruzioni per cancellare la memoria di questo imperatore. Nel corso del Medioevo il complesso delle costruzioni imperiali si è andato interrando, tanto è vero che durante il Rinascimento, quando è stata riscoperta, la Domus era una grotta sotterranea: di qui il nome di grottesche per quel tipo di motivi decorativi vegetali. Al suo interno il microclima era un misto di umidità e oscurità che ha conservato le pitture murarie: aprirle senza precauzioni comporta un grave rischio, le pitture si possono staccare dal loro supporto».

Che bisogna fare?
«Oltre alla complessità dell’architettura, gli affreschi sono l’elemento qualificante della Domus Aurea, dunque il microclima andrebbe studiato a fondo, con strumenti il più possibile sofisticati e che consentano di ricrearlo dopo il recupero».

Come si prospetta il progetto coi 45 pali di ferro nella muratura romana, gli ascensori e i pensili, oltreché alle imprese che le realizzano, sono utili?
«Nei monumenti antichi è preferibile usare metodologie adeguate alle tecniche tradizionali antiche: calce, pozzolana, legno e così via, con l’impiego di maestranze abituate alle tecniche tradizionali. Altra cosa è l’impiantistica, dove nell’illuminazione e nel condizionamento del clima la tecnologia ha un ruolo decisivo. Tradizione e innovazione non sono in contrasto».

Nel progetto è pure presente un museo pensile, ma nella Capitale di luoghi espositivi dedicati all’antichità romana ce ne sono già parecchi: ne serve un altro?
«Aggiungerei che la riduzione del personale e delle risorse al Ministero dei Beni Culturali rende sempre più difficile la gestione di un nuovo istituto museale. Inoltre resto perplesso e mi chiedo come questa nuova realizzazione si inserisca nell’ambiente architettonico della Domus Aurea».

L’Unità 23.07.11