attualità, politica italiana

"Il vuoto di leadership e l'azione costante del Quirinale", di Stefano Folli

Il piccolo ritardo con cui Berlusconi si è presentato alla colazione del Consiglio europeo di Bruxelles, con gli altri commensali già seduti a tavola, ha un suo valore simbolico. Fotografa la scarsa rilevanza dell’Italia in un consesso dove Germania e Francia esibiscono un duopolio che non ha nemmeno bisogno di salvare le apparenze.
Così la borsa di Milano è risalita ieri in modo travolgente, grazie al nuovo piano di salvataggio della Grecia, ma tutti capiscono che il governo di Roma ha un ruolo davvero minimo nel processo decisionale. Il problema è la credibilità della leadership. In Europa ne sono convinti da tempo, in Italia la percezione si è diffusa di recente anche in una certa opinione pubblica vicina al centrodestra. Il logoramento del rapporto Pdl-Lega, che il caso Papa ha fatto esplodere, ha messo davanti agli occhi di tutti e in forme abbastanza drammatiche questa crisi alla testa del governo. Non sappiamo quanto durerà, se settimane o mesi. É probabile che gli strappi della Lega siano destinati a proseguire, dai rifiuti di Napoli al finanziamento delle missioni militari. Ed è vero, peraltro, che il Carroccio non ha interesse a far precipitare le cose. Il punto è che i terremoti politici non sono sempre controllabili.

É evidente a tutti che stiamo vivendo le fasi convulse e tormentate che chiudono una lunga stagione. Anche dal punto di vista fisico, l’impressione è plastica: da un lato un Berlusconi distratto e silenzioso, oppure iracondo e sfiduciato; dall’altro un Bossi che non arriva a Roma per il consiglio dei ministri e se ne resta al Nord, magari per giustificati motivi. Il binomio “B&B” che ha segnato un’epoca sembra evaporare un giorno dopo l’altro.

Eppure sappiamo che un’assenza di leadership come quella che l’Italia sta sperimentando, sia in Europa sia all’interno della nazione, non potrà essere sopportata a lungo. La politica tende sempre a colmare i vuoti e accadrà così anche in questa circostanza, benché in forme e modi ancora sconosciuti.

Del resto, la presenza costante, persino quotidiana del presidente della Repubblica sulla scena ha anche questo significato: rassicurare e garantire. Dare il segnale preciso, si potrebbe dire, che al vertice delle istituzioni c’è chi ha in mano il timone. In altri termini, non siamo all’8 settembre. Anche se forse ci avviciniamo al 25 luglio (e non solo per via del calendario). Ieri Napolitano ha inteso mettere un freno allo scontro distruttivo fra politica e magistratura. Lo ha fatto all’indomani dell’arresto di Papa, ammonendo i magistrati a restare nei limiti e quindi a non alimentare le inquietudini anti-politiche. In una parola, a non destabilizzare.

Qualche rischio che il gioco sfugga di mano c’è e il capo dello Stato ha voluto tranquillizzare le forze parlamentari. Certo, il ’92 è lontano e dovrebbero esserlo anche i fantasmi di una nuova Tangentopoli. Eppure la paura serpeggia nelle due Camere, incrocia i fermenti di cui le cronache sono piene, rischia di diventare una psicosi soprattutto in qualche ambiente della maggioranza. La psicosi delle «monetine», il timore di essere bollati come Casta e trattati di conseguenza.

Anche questo è il prodotto della politica debole, di scelte non fatte quando era necessario, di promesse non mantenute. Come quella, recentissima, di tagliare sul serio e non a parole i costi del cosiddetto Palazzo. L’estate è calda e forse continuerà a esserlo.

Il Sole 24 Ore 22.07.11