attualità, politica italiana

"Napolitano: attacchi inaccettabili alle toghe", di Umberto Rosso

“Attenti agli umori antidemocratici”. Berlusconi: con Bossi tutto a posto, governo saldo. Il capo dello Stato “bacchetta” il premier: sul nuovo Guardasigilli non sono pronti. Napolitano che sulla finanziaria ha “commissariato” il governo? E che esercita ormai un presidenzialismo di fatto? «Interpretazioni dietrologiche, fanta-istituzionali del mio operato». Il capo dello Stato liquida così le polemiche, ricevendo il tradizionale Ventaglio della stampa parlamentare, spiegando che «non c´è nulla di serio in queste ricostruzioni, perché non ho invaso alcuno spazio o ruolo che non fosse il mio». Un suo preciso «dovere», precisa Napolitano, quello di spingere per far passare in tempi record la manovra, con un´importante «prova di coesione» fra le forze politiche che però non deve restare l´unica. «È indubbiamente servita, come sa bene chi segue l´Eurozona e i mercati finanziari, ma quella prova di coesione non è stata risolutiva perché molto resta da fare». Invito rivolto a tutti i partiti, ma poi a margine della cerimonia, chiacchierando con i giornalisti, il presidente della Repubblica spedisce un messaggio al governo sulla telenovela della sostituzione del ministro Alfano: «Io ero e sono pronto, ma il governo mi pare abbia altre preoccupazioni… ». Rivela: «Non ho ricevuto alcuna rosa di nomi. Quella l´ho vista pubblicata sui giornali, una lista con una dozzina di candidati. E come va individuato il nome giusto? Che facciamo sorteggiamo il numero? L´uno, il tre, il sei oppure il nove?». Non passa molto dalla tirata d´orecchie, ed ecco che Berlusconi assicura che il nome arriverà in settimana, «e sono sicuro che avrà il sì del Quirinale». Il premier garantisce che con la Lega è tutto ok, «sento Bossi al telefono, non c´è nessuna preoccupazione per la tenuta della maggioranza», e annuncia l´approvazione in Consiglio dei ministri della proposta di riforma costituzionale. Però per il dopo-Alfano Berlusconi dovrà tenere conto di quel che Napolitano ha aggiunto spiegando di «aver sconsigliato di scegliere il sostituto fra i ministri in carica, evitando un effetto-domino che si trasformerebbe in un rimpasto di governo: meglio allora per la nomina puntare su una personalità parlamentare».
Ma l´inquilino del Colle torna anche sulle polemiche dopo il suo richiamo ai magistrati, smentendo le letture forzate. E lo fa citando le parole del presidente dell´Anm, secondo il quale tanto più ci sono fatti gravi che coinvolgono il palazzo tanto più i magistrati devono essere inappuntabili e professionali nel perseguire i reati. «Anche così – dice Napolitano – si vanificano attacchi inammissibili alla magistratura e si disinnesca un fuorvianti conflitto tra politica e magistratura». E gela anche l´esultanza di chi, nel centrodestra, aveva letto in quelle parole contro l´abuso di intercettazioni una bordata contro l´inchiesta sulla P4 che ha portato la Camera a dire di sì all´arresto di Papa. «Non commentavo – tiene dunque a precisare il capo dello Stato – libere decisioni del Parlamento che sempre rispetto». E lascia partire una secca replica a Di Pietro, non citato per nome ma chiaramente riconoscibile nei «difensori d´ufficio della magistratura» chiamati in causa da Napolitano. Ai giovani uditori il capo dello Stato ricorda di aver parlato dell´obbligo di intervenire di fronte ad ogni episodio di corruzione, abuso di potere, attività truffaldine. «Come da ciò si possa invece ricavare di aver messo sullo stesso piano chi commette i reati e chi li combatte, lascio a voi giudicarlo». Sui costi della politica, mette in guardia da «pericolosi umori antidemocratici», ma ricorda di auspicare da tempo una semplificazione dell´architettura istituzionale e «tangibili correzioni del costume politico». Comunque, buone vacanze del capo dello Stato ai giornalisti. «Non vedo cose clamorose come l´anno scorso», ovvero quando Berlusconi e Fini ruppero.

La Repubblica 23.07.11

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Ma il Cavaliere sfida il Quirinale “Martedì subito la norma salva-Ruby”, di Francesco Bei e Liana Milella

Nei sondaggi crolla al 25% la fiducia nel premier e al 26 quella del governo. Il Colle sale al 90%. Approvare la norma blocca-Ruby subito, prima della chiusura estiva delle Camere. Per lanciare un segnale preciso sulla giustizia, in controtendenza rispetto alla sconfitta su Alfonso Papa e alle voci insistenti di procure in movimento all´assalto del palazzo. Questo pretende Berlusconi prima delle vacanze. Questo sta chiedendo ai suoi ormai da giorni. «Dobbiamo opporre resistenza e far capire con nettezza che non piegheremo la testa di fronte a questa nuova ondata di giustizialismo dilagante».
Niente di meglio, per riuscirci, che un´altra delle sue leggi ad personam. Quella ribattezzata “processo lungo”, che contiene già due zeppe per rallentare i dibattimenti, in particolare i suoi a Milano, Ruby, Mills, Mediaset, Mediatrade. Più poteri alle difese nell´imporre ai giudici la lista dei testi, divieto di usare le sentenze definitive già nei processi in corso. Ma soprattutto l´assist, quella piccola regola che impone, sempre ai giudici, di fermare le udienze in presenza di un conflitto di attribuzione. Giusto il caso di Ruby e di Mediaset.
La Lega già rumoreggia perché l´originario disegno di legge Lussana sul divieto di ottenere il rito abbreviato per i reati da ergastolo è stato stravolto. Ma anche a costo di andare, come per certo si andrà, a un nuovo scontro con il Quirinale, il Cavaliere ha imposto al gruppo del Pdl di piazzare il “processo lungo” nel calendario d´aula la prossima settimana, da martedì, sfidando il centrosinistra e giusto in tempo per essere approvato prima delle ferie. Il premier non è riuscito, come avrebbe voluto, nell´originaria pretesa di chiudere la partita addirittura anche alla Camera. Gli hanno spiegato che avrebbero dovuto tenere i deputati incollati alla sedia fino a Ferragosto e questo avrebbe prodotto un altro risultato negativo: far chiudere subito anche la partita sull´arresto di Marco Milanese. Berlusconi conta ora sul fatto che l´approvazione del ddl in un solo ramo del Parlamento – palazzo Madama – possa consentire ai suoi avvocati di premere in Tribunale per fermare i processi.
Il braccio di ferro con il Quirinale e con l´opposizione è comunque assicurato, in questo scorcio di luglio caldo. Potrebbe coincidere anche con l´ultima settimana da Guardasigilli di Angelino Alfano. Lui vuole andare via a tutti i costi dal governo. Vuole mani totalmente libere sul Pdl. A Napolitano ha detto «sto per lasciare». Ma la transizione è difficile. La carta giusta ancora non c´è. E ai vertici del Pdl c´è chi assicura che il cambio di guardia si farà all´inizio della prossima settimana (anche perché Napolitano a metà settimana andrà in vacanza) e chi invece è certo di un rinvio a settembre. Potrebbe anche diventare necessario imporre la candidatura a chi, per esempio il vice presidente della Camera Maurizio Lupi, preferisce fare quello che sta facendo e occuparsi del partito. Finisce nel grottesco questa sostituzione. Tutti smaniano solitamente per fare il ministro, ma adesso nel Pdl nessuno vuole diventare un “Guardasigilli breve”, di breve durata se ad ottobre matura la crisi, con più oneri che onori, soprattutto nel pieno di una nuova Mani pulite. E con un governo che, come rivelano gli stessi sondaggi di palazzo Chigi, non ha mai toccato punte così basse di gradimento. L´ultima rilevazione, planata sulla scrivania del Cavaliere tre giorni fa, dà la sua fiducia al minimo storico con il 25 per cento, mentre quella del governo nel suo complesso è scesa al 26%. Numeri da brivido, a cui fa invece da contraltare la popolarità al 90% del capo dello Stato.
In questa situazione il premier non è riuscito, come invece avrebbe voluto, a ottenere da Umberto Bossi alcuna assicurazione circa le intenzioni del Carroccio. Ieri la prevista telefonata tra i due leader non c´è stata e con la Lega resta il gelo. Lo dimostra, da ultimo, la contrapposizione sul disegno di legge Calderoli di riforma della Costituzione. Nel Pdl infatti non ne vogliono sapere, lo ritengono pieno zeppo di errori. I senatori di Berlusconi non hanno alcuna intenzione di dare il via libera a un testo che lascia ai soli deputati il privilegio di votare la fiducia al governo. Con palazzo Madama che, di fatto, sarebbe ridotto a una sorta di Conferenza Stato-Regioni più larga. Per questo ieri in Consiglio dei ministri il ddl è stato approvato «salvo intese», ovvero resta sospeso in un limbo finché non sarà trovato un accordo dentro la maggioranza. Calderoli non l´ha presa bene e si è rifiutato di scendere in conferenza stampa insieme a Berlusconi.

La Repubblica 23.07.11