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"Il governo aiuta le famiglie con più tasse e meno servizi", di Marco Ventimiglia

La paradossale vicenda della restituzione del bonus bebè è l’ultimo “colpo” del governo alle famiglie. Dalla promessa non mantenuta del quoziente familiare allo smantellamento dei servizi e delle agevolazioni. Non accennano ad esaurirsi lo sconcerto e le polemiche relativi alla paradossale vicenda della restituzione del bonus bebè per i nati del 2005, innescata dalle lettere inviate dal ministero dell’Economia alle famiglie che non avrebbero avuto titolo a riceverlo poiché percepivano un reddito complessivo superiore a quello massimo previsto, 50.000 euro.
Una missiva che non solo chiede la restituzione dei mille euro ma intima il pagamento di una sanzione amministrativa tremila euro da effettuarsi solo dopo «che il giudice penale si sarà pronunciato in merito alla punibilità della falsa autocertificazione». Un salasso, accompagnato dalla spiacevole prospettiva di subire un procedimento giudiziario, che riguarda ben ottomila famiglie, anche se sulla cifra crescono i dubbi. Sull’argomento basta una rapida navigazione sulWeb, ancora una volta motore della protesta, per rendersi conto che i numeri potrebbero essere maggiori.
Vicenda paradossale, si è detto, anche perché riaccende i riflettori sul
provvedimento in modo ben diverso da quello a suo tempo utilizzato dal centrodestra a fini propagandistici ed elettorali. Una lista, quella delle misure varate dagli esecutivi guidati da Berlusconi a beneficio dei nuclei familiari, davvero misera e con un denominatore comune, quella parola bonus che sottende un’elargizione contenuta ed una tantum senza alcun effetto di lungo periodo. Una breve lista a cui fa invece da contraltare il lungo cahier de doléances relativo ai danni che il centrodestra ha provocato negli stessi anni alle famiglie italiane.
Bastano le vicende dell’ultimo triennio per fornire un quadro inequivocabile. La promessa elettorale di introdurre un quoziente familiare sul modello francese, formulata dall’attuale premier e regolarmente non mantenuta,non rappresenta nemmeno il danno principale, anche perché a seconda della sua formulazione il provvedimento avrebbe potuto rappresentare un enorme aggravio per le casse dello Stato piuttosto che un beneficio a vantaggio soprattutto dei redditi più alti. A questa promessa, nel 2008 il centrosinistra replicò conla cosiddetta “Dote per i figli”, ovvero l’unificazione delle detrazioni e degli assegni familiari che si proponeva fra l’altro di spostare i benefici anche alla vasta platea degli “incapienti”, circa 11 milioni di persone, ovvero coloro che dichiaravano un reddito troppo basso per godere delle agevolazioni fiscali. Al governo andò poi il centrodestra, che non solo ha cancellato la parola incapienti dal suo vocabolario, ma ha di fatto rovesciato i termini del problema considerando la famiglia non più un soggetto da aiutare, quanto un limone da spremere per assicurarsi quelle risorse economiche non più garantite da altre entrate tributarie. Una politica che si è concretizzata non solo sotto il profilo fiscale, con nessuna detassazione per le famiglie e semmai maggiori imposte come quelle previste dall’ultima manovra, ma anche su altri fronti cruciali, quello dei servizi e delle politiche di conciliazione.

SORRISO BEFFARDO
«Con i 696 milioni stanziati per il bonus bebè avremmo potuto riempire l’Italia di asili nido”, dice Manuela Ghizzoni, la deputata democratica che sta seguendo in prima persona l’incresciosa vicenda della restituzione. E quello dei servizi negati alle famiglie è in effetti parte importante del problema. L’aveva affrontato l’allora ministro del governo Prodi, Rosi Bindi, con il cosiddetto “Piano Nidi”, scaduto nel 2010 e non riproposto dall’attuale governo. Quello stesso esecutivo di centrosinistra varò nel 2006, a sostegno degli anziani, il “Fondo per la non autosufficienza”, anch’esso scaduto e non rifinanziato dall’attuale governo… Quanto alle politiche di conciliazione, vengono descritte puntualmente nel sito governativo delle Politiche per la famiglia: «Rappresentano un fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali e si ripropongono di fornire strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e familiare, consentano a ciascuno di vivere i molteplici ruoli che gioca all’interno di società complesse». A fianco la foto del
ministro Giovanardi con un sorriso che a taluni appare beffardo. Sono le mamme ed i papà che a causa dell’ abolizione del tempo pieno a scuola hanno dovuto abbandonare le attività lavorative pomeridiane per accudire i figli.

L’Unità 26.07.11

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