attualità, politica italiana

"Qualche idea per il nuovo ministro", di Carlo Federico Grosso

Alfano si è dimesso, rinunciando al doppio incarico, ministeriale e politico, che lo assillava. Abbiamo, pertanto, un nuovo Guardasigilli: l’ex magistrato Nitto Palma. Se la legislatura dovesse durare fino alla sua scadenza naturale del 2013, egli avrebbe, al massimo, poco più di un anno e mezzo per lasciare la sua impronta al ministero. Quale impronta, tuttavia, egli potrebbe, davvero, imprimere in questo non lunghissimo lasso di tempo? Noi abbiamo bisogno di riforme incisive in grado di dare nuovi ritmi ed efficienza sia alla giustizia civile che a quella penale. Le carceri stanno d’altronde scoppiando, e anche su questo terreno (più che aprire nuove prigioni come si sta cercando di fare) sarebbero urgenti interventi sulla legislazione penale e penitenziaria in grado di risolvere il problema del sovraffollamento utilizzando un ampio sistema di sanzioni alternative al carcere.

Non credo che un anno e mezzo, o poco più, siano tuttavia sufficienti per realizzare riforme dei codici in grado di fornire risposte convincenti alle esigenze di giustizia della gente e/o risolvere il problema carcerario. Tanto più che nessun progetto di questo tipo è stato elaborato dal Guardasigilli che si è appena dimesso. Tutt’altri erano, infatti, i suoi pensieri.

Per capire che cosa potrebbe succedere, guardiamo dunque, piuttosto, ai progetti elaborati fino ad ora e al dibattito in corso sui temi della giustizia. Il panorama è deludente. Nessuno dei temi di fondo di una riforma utile per i cittadini è stato infatti messo in cantiere dal governo nel corso di questa legislatura, e fra i politici si è discusso, soprattutto, di come risolvere per legge i problemi giudiziari di qualcuno e di come modificare i rapporti di forza con la magistratura. Cercherà, NittoPalma, di modificarequest’impronta?

Egli dovrà, innanzitutto, decidere come affrontare i temi caldi della riforma costituzionale della giustizia (in discussione davanti alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera) e dei numerosi progetti di riforma di legislazione ordinaria che modificano alcuni profili altrettanto caldi del processo penale.

E’ quasi certo che la riforma costituzionale della giustizia, che esige un doppio passaggio in entrambi i rami del Parlamento, non potrà essere approvata nel corso dell’attuale legislatura. Sarebbe, comunque, un bel segnale se il nuovo ministro dovesse in qualche modo frenare.

Sarebbe, d’altronde, un segnale ancora migliore se il nuovo ministro dovesse frenare su altri disegni di legge che pendono in Parlamento: il disegno di legge sulla prescrizione breve, quello, ancora più dannoso, sul processo breve, quello sulle intercettazioni, quello che prevede il divieto per il giudice di sfoltire gli elenchi dei testimoni predisposti dalle parti (che già oggi dovrebbe essere discusso, e forse votato, in Senato).

Non spero ovviamente in tanto. Ciascuno di tali disegni di legge è destinato ad aiutare il premier in uno dei suoi processi, ed è pertanto giocoforza che un ministro indicato dal presidente del Consiglio in sostituzione di altro ministro che, di quei progetti, era stato acceso paladino, segua la linea tracciata con la dovuta dedizione, anche se essa rischia di recare grandi danni all’ordinato esercizio della giustizia quotidiana. Come accadrà, ad esempio, se il progetto che vieta di sfoltire la lista dei testimoni presentati dalle parti dovesse essere approvato, poiché ogni avvocato sarebbe, a quel punto, inevitabilmente spinto a gonfiare la lista, cercando così di allungare i tempi del processo in modo da ottenere la prescrizione del reato di cui è accusato il suo assistito.

Al di fuori dei menzionati settori sui quali si articola ormai da tempo, e in maniera incattivita, il dibattito quotidiano in materia di giustizia, che cosa potrebbe qualificare comunque, oggi, l’attività di un nuovo Guardasigilli che si affaccia sulla scena del governo in un momento assai poco positivo per l’immagine del mondo al quale appartiene? Che cosa potrebbe dare, ad esempio, una grandissima caratura positiva alla sua immagine di ministro di Giustizia?

Io avrei una idea. Perché il nuovo ministro, raccogliendo il dilagare del disgusto della gente di fronte all’esplosione di una questione «corruzione» senza precedenti, peggiore, forse, di quella emersa venti anni or sono, non si fa paladino di qualche iniziativa dirompente? Perché, per esempio, non propone lui stesso, come ministro di Giustizia, di abolire l’autorizzazione per l’arresto dei parlamentari, che, giustificata un tempo, oggi non ha più nessuna ragione per essere difesa? Perché non impegna l’intero ministero a redigere un testo, finalmente efficace, per la prevenzione del malaffare in politica e per la moralizzazione dei partiti? Perché non si fa deciso promotore di una immediata abolizione di ogni privilegio della categoria di cui fa parte?

Sarebbe un modo per riuscire, nonostante il tempo non lunghissimo che egli ha davanti a sé, a lasciare un segno della sua presenza al ministero.