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"Quei vicepresidi costretti a tornare in classe", di Roberto Carnero *

I guasti della Gelmini

Con una mano dare, con l’altra togliere: il governo non è nuovo a comportarsi così con la scuola di Stato. Al peggio non c’è mai fine: mentre il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini annuncia per settembre nuove assunzioni di docenti a tempo indeterminato, la legge finanziaria appena approvata decreta ulteriori tagli agli organici. Una norma prevede che i vicepresidi degli istituti con meno di 55 classi non potranno più avere, come avveniva fino a oggi, il distacco dall’insegnamento, ma dovranno tornare in cattedra. Ciò significa, per loro, un doppio carico di lavoro (insegnante e vicepreside) e il taglio – si prevede – di un migliaio di docenti precari che in questi anni li avevano suppliti. È l’ennesima spallata al funzionamento e all’efficienza della scuola. Il vicepreside ha un ruolo fondamentale nell’organizzazione del lavoro scolastico. Per una cifra irrisoria, qualcosa come 1000 euro lordi all’anno (si badi, non al mese!) in più rispetto al suo stipendio di insegnante, lavora per un numero di ore settimanali sostanzialmente maggiore rispetto alle18 di una normale cattedra. Nella maggior parte delle scuole, il vicepreside ha diverse deleghe: si occupa dell’orario, della sostituzione dei docenti assenti, spesso anche di gestire i rapporti con le famiglie, di collaborare con la segreteria, di seguire i progetti. Insomma, è un lavoro a tempo pieno, decisamente impegnativo. Che cosa succederà ora che i vicepresidi dovranno tornare in classe? I vice sollevano i dirigenti scolastici di molte incombenze pratiche e amministrative, consentendo loro di dedicarsi alla gestione didattica, all’organizzazione scientifica, alla ricerca dell’innovazione. Senza l’aiuto fondamentale del suo vice, un dirigente non sarebbe in grado di svolgere al meglio il proprio lavoro. In questi giorni ho parlato con diversi dirigenti scolastici. E sono tutti sconfortati. Come un preside di lungo corso, Valeriano Dell’Era (attualmente dirige il Liceo scientifico statale “Antonelli” di Novara): «Di fronte a notizie di questo tipo, provo grande delusione. È da tempo che aspettiamo da chi ci governa investimenti qualificanti sulla scuola, invece arrivano continuamente segnali che vanno nella direzione opposta. Se è comprensibile la necessità di contenere la spesa pubblica, è assurdo che si riducano le risorse a un settore strategico come quello dell’istruzione. Strategico proprio per il rilancio del nostro Paese ». Nella quotidianità della vita scolastica sono anche altri i disagi che si continuano a sperimentare. La riduzione degli organici, decisa sempre per risparmiare, ha determinato un innalzamento del numero di alunni per classe, con conseguenze negative per la didattica e il profitto dei ragazzi. Mancano poi i fondi per pagare supplenze e corsi di recupero. Sarebbe bello che per denunciare questo stato di cose le famiglie degli studenti scendessero in piazza con gli insegnanti.

* Insegnante e scrittore, da L’Unità