politica italiana

"Berlusconi nella palude", di Claudio Tito

Chi deve valutare la capacità del sistema-Italia di affrontare l´emergenza, non può fare a meno di mettere nel conto la paralisi che accompagna l´esecutivo di Silvio Berlusconi. Che domani si presenta in Parlamento per illustrare le sue proposte. Ma lo fa solo dopo aver subito l´iniziativa di tutte le parti sociali. Dopo aver ascoltato le urla dei rappresentanti di industriali, banchieri e lavoratori. Che all´unisono invocano uno scatto o più semplicemente una decisione. Soprattutto lo fa dopo aver subito ieri una drammatica giornata sui mercati finanziari. Questo esecutivo si rivela sempre più incapace di gestire l´emergenza.
Le divisioni nella maggioranza, lo scontro aperto con il ministro dell´Economia, la difficoltà personale che vive lo stesso Tremonti e l´inidoneità complessiva ad assumere decisioni all´altezza, sono tutti fattori che fanno sprofondare l´Italia in un vortice inarrestabile. Un virus che si è insinuato nei gangli di larga parte degli apparati produttivi indebolendo l´intero sistema.
Nella palude di Palazzo Chigi si è levato un grido d´allarme drammatico: si è ricompattato il fronte sindacale e, come nella crisi del 1993, si è schierato sulla stessa barricata di Confindustria e Abi. In assenzadi un governo in grado di presentarsi come il centro di propulsione per un cambiamento, è stato il presidente della Repubblica a svolgere un ruolo di supplenza imponendo al premier di dare un segnale.
A questo punto, però, serve di più. Il fronte berlusconiano si presenta in Parlamento solo ed esclusivamente come maggioranza numerica. Nel Paese invece appare evaporato. Incapace di intercettare le esigenze nazionali e di interpretare gli umori dei cittadini. Un esecutivo sfiduciato dall´”Italia reale” e attaccato a una sola ancora di salvataggio: la coalizione di centrodestra che punta ad autoperpetuarsi. Senza contare che molti – anche dentro la maggioranza – temono le risposte che il Cavaliere fornirà domani. Sono terrorizzati dall´effetto boomerang. Sicuri che la reazione dei mercati possa il giorno dopo addirittura peggiore.
Berlusconi non prende atto di una circostanza molto semplice: coniugare i nostri deficit strutturali con l´impasse politica costringe tutti gli analisti a declassarci. Naturalmente nessuno può nascondere che la tempesta in questi giorni abbia lanciato i suoi primi fulmini negli Stati Uniti. Ma quella tempesta è riuscita a infiltrare i suoi rivoli di paura soprattutto negli edifici con le crepe più profonde. E la nostra “casa” è segnata proprio dalla paralisi di questo governo e dall´impressionante debito pubblico. A cui Berlusconi e Tremonti non riescono a porre un argine. Anche quando – come ieri – si compie un piccolo passo avanti con la riduzione del fabbisogno, quello sforzo viene vanificato dalla crescita dei tassi sui titoli di Stato. La spesa annua solo per interessi passivi supererà ormai gli 80 miliardi. E da qui alla fine dell´anno arrivano a scadenza – quindi con la necessità di nuove emissioni – certificati di debito pubblico per 176 miliardi. Una mole che rischia di mettere continuamente in fibrillazione l´economia nostrana. Soprattutto in assenza di un cambio di marcia.
Del resto, è proprio il presidente del consiglio a respingere la tregua. Lo scontro con il suo ministro dell´Economia è diventato il perno della sua politica. Vuole commissariare Tremonti come se fosse l´unico colpevole. La decisione di riferire alle Camere è stata presa senza un previo consulto con il responsabile del Tesoro. Tutto è stato giocato a sua insaputa. Anzi, buona parte del Pdl – il partito di maggioranza – spera di potersi liberare del suo ministro. Ritenendolo la causa della bufera finanziaria che ha investito Piazza Affari e i titoli di stato.
Perché una è la questione sul tavolo: chi deve acquistare i nostri Bot o Btp non crede alla capacità di questo governo di rimettere ordine nei nostri conti. Non si fida a tal punto che la potente Deutsche Bank ha ridotto dell´88 per cento l´esposizione con i titoli pubblici italiani. E sebbene il presidente dell´Unione europea, Herman Van Rompuy, definisca «ridicola» la possibilità di un default – ossia di un fallimento – di Spagna e Italia, chi deve impiegare i propri soldi evita con cura il nostro Paese. Una situazione che espone persino le banche italiane ai flutti dei mercati. La solidità dei nostri istituti è stata certificata dai recentissimi stress test. Ma la presenza massiccia nei loro portafogli (oltre 192 miliardi di euro) di titoli di Stato li espone a un downgrading di fatto. Non a caso, proprio le azioni bancarie hanno pagato ieri più di tutti la caduta della borsa di Milano. Il terrore di un fallimento accompagna grandi e piccoli investitori. Nella convinzione che l´Italia sia una navicella senza nocchiere. In preda ai marosi della speculazione ma anche a quelli dell´inabilità politica. Valutazioni, però, che per il Cavaliere non rappresentano un obbligo verso una svolta.
La sfiducia complessiva verso l´Europa si trasforma in casa nostra in una palese diffidenza. L´ultima manovra è stata sì approvata in tre giorni, ma è stata sostanzialmente giudicata insufficiente. Rinviando al 2013-2014 il pacchetto di misure più significativo ed escludendo provvedimenti per la crescita. Il segno che gli attuali equilibri politico-istituzionali non sono più in grado di sostenere l´emergenza. A meno di non voler colpevolmente accettare la recente profezia del premio Nobel Paul Krugman: «L´unica soluzione rimasta è fare default. E non solo da parte della Grecia». Un´evenienza di cui l´attuale governo si assumerebbe l´intera responsabilità.

da La Repubblica

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“Una mossa per arrivare all’autunno”, di Marcello Sorgi

Di fronte al nuovo lunedì nero della Borsa – la peggiore, quella italiana, in un quadro di difficoltà mondiale che neppure l’accordo Usa sul debito è riuscito ad arginare – Berlusconi ha rotto gli indugi e ha deciso di presentarsi in Parlamento mercoledì e di incontrare l’indomani le parti sociali, che lo avevano sollecitato la scorsa settimana con un documento molto duro e mirato a sottolineare l’inadeguatezza del governo alla gravità della situazione.

Con un orizzonte nero come quello di questi giorni, il premier non potrà certo fare miracoli, né parlarne, come faceva ai bei tempi. Ma la decisione di intervenire alle Camere, che ha sorpreso molti nel suo partito e ha contraddetto alcuni dei suoi più stretti collaboratori, che gli consigliavano prudenza, ha invece una logica precisa. A Berlusconi non è sfuggito che sia l’iniziativa delle parti sociali, Confindustria e sindacati in testa, sia quella della Lega, che per bocca di Calderoli ha proposto di rinunciare alle vacanze e mettere su una sorta di campus aperto alle opposizioni per studiare soluzioni per il Paese, avevano il chiaro obiettivo di spingere per un altro governo. D’emergenza, tecnico o istituzionale, non è questo il problema, dato che la scelta toccherebbe al Capo dello Stato. Più dichiaratamente le parti sociali, e un po’ meno il Carroccio (che tuttavia, da un esecutivo del genere non vorrebbe a nessun costo restare escluso) si erano mossi nella prospettiva che la crisi economica nel corso dell’estate non potrà che peggiorare, e che in autunno un Berlusconi già cotto a puntino alla fine dovrà arrendersi.

Va detto che questo è l’esatto contrario di quel che il medesimo Berlusconi ha in testa. Il Cavaliere ha accolto molto negativamente il documento delle parti sociali e le mosse dell’opposizione. S’è chiesto: ma come, proprio nei giorni in cui Tremonti, cioè il massimo responsabile della situazione economica italiana, rischia di precipitare negli abissi a causa dei suoi traffici personali, tutti ancora una volta vengono addosso a me? E, superata la rabbia per l’ultimo attacco che considera ancora una volta pregiudiziale, il premier ha deciso così di reagire. Qualsiasi cosa dirà mercoledì in Parlamento e giovedì alle parti sociali, il senso dei suoi prossimi interventi si può dunque anticipare già oggi: se pensate davvero di farmi fuori così, scordatevelo. In autunno, al massimo, se proprio volete un segno di cambiamento, vi darò la testa di Tremonti.

da La Stampa del 2 agosto 2011