partito democratico, politica italiana

"Ferie lunghe, scontro in aula. No Pdl al taglio proposto dal Pd", di Susanna Turco

Costi politica: La Camera approva il taglio da 150 milioni. Parlamento chiuso per 45 giorni.
Franceschini: «Troppi, si torni prima». Cicchitto: «Impossibile, 100 deputati in pellegrinaggio».

L’aula chiusa dal 3 agosto al 12 settembre. Protesta il Pd: «Visto il momento avevamo chiesto di anticipare la ripresa dei lavori». Cicchitto: «La prima settimana del mese circa un centinaio di parlamentari in Terra Santa».

Oggi, salvo ripensamenti, la Camera chiude per cinque settimane e l’esempio più lampante di una classe politica in fortissima difficoltà sta forse già tutto qui: nessuna prontezza (magari solo propagandistica) nell’accorciarsi le ferie in un momento tanto difficile e, ancor di più, nessuna capacità di gestire mediaticamente la faccenda.
Ieri, per dire, proprio al momento di decidere il calendario dei lavori in conferenza dei capigruppo, il Pd Dario Franceschini ha proposto di ricominciare il 5 settembre invece del 12, «con unasettimana d’anticipo, perché lo riteniamo doveroso».
Ma il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, surreale: «I primi giorni di settembre tradizionalmente ci sono cento parlamentari che fanno pellegrinaggio in Terra Santa. Per rispetto nei loro confronti riteniamo di iniziare dopo le sedute dell’Aula». Fine del discorso, almeno in quella sede – perché intanto sui blog si è scatenato il putiferio di indignazione. In Aula, a sera, Franceschini ha provato a riaprirlo: «Rispettiamo le decisioni, ma in questo momento serve senso di responsabilità, per questo chiedo di rivedere la decisione attraverso un’altra conferenza dei capigruppo, affinché si dia un preciso segnale al Paese».MaFini: «La decisione è stata presa non più di otto ore fa, e non ravviso l’opportunità di convocare la capigruppo per esaminare un tema già trattato». Nel corso della giornata, del resto, il presidente della Camera aveva avuto modo di esprimere in via riservata il suo convincimento: «Che senso ha riaprire una settimana prima, e magari poi ritrovarsi con un’Aula semivuota, dando del Parlamento una pessima immagine?». Pragmatismo e buon senso che tuttavia in questa fase non vanno molto per la maggiore. Tant’è che a sera, dopo l’ennesima richiesta del Pd, per bocca di Roberto Giachetti («visto che il tempo aiuta in tutto, faccia un’ulteriore iniziativa per verificare se magari questa decisione può essere rivista»), Fini ha deciso oggi di sondare di nuovo i capigruppo della maggioranza, per capire se è possibile modificare il calendario. Ora, è chiaro che una settimana in più o in meno di lavori parlamentari non cambia le sorti dell’Italia, così come è chiaro che l’annuale pellegrinaggio bipartisan in Terra Santa non è – né può essere – ragione per rimandare l’apertura della Camera: ma ciò che filtra dal Parlamento quanto a scarsa capacità di modificare la tradizione (i lavori d’Aula di solito riprendono la seconda settimana di settembre), così come di gestire mediaticamente il tutto (il pellegrinaggio), raccontano quanto poco la politica, in questo momento, riesca a fare per se stessa.

D’ACCORDO
Tutto ciò, peraltro, è avvenuto alla fine di una lunga seduta dedicata al dibattito sull’approvazione di un bilancio che vorrebbe essere una cura dimagrante (tagli per 150 milioni in tre anni) epperò dominata da una polemica sui vitalizi che costituisce un altro ottimo esempio della confusione regnante. Basti dire, per esempio, che alla fine l’Italia dei Valori, che pure aveva annunciato che avrebbe votato contro, in polemica con Fini, per errore ha votato a favore del bilancio 2011 (492 sì, un astenuto e sei no dei radicali), e contro il consuntivo 2010. La forte polemica del partito di Di Pietro era dovuta al fatto che il presidente della Camera non aveva ammesso l’ordine del giorno dei dipietristi per abolire il vitalizio dei parlamentari (è passato, invece, quello del Pd che supera i vitalizi a partire dalla prossima legislatura).
Fini, infatti, ha spiegato anche in Aula di aver preso questa decisione in quanto l’ordine del giorno sarebbe stato in contrasto coi principi generali dell’ordinamento, perché avrebbe intaccato i diritti acquisiti dai parlamentari che già godono del vitalizio. E qui, colpo di scena: «Ma presidente, si tratta diun intervento a gamba tesa a gioco iniziato: perché lo scorso anno lo stesso ordine del giorno è stato ammesso, discusso e votato. Cosa è cambiato da allora?», ha domandato l’Idv Antonio Borghesi. Già, cosa, visto che se ne è già parlato senza costrutto un anno fa? Soprattutto l’aria, si direbbe.
In un Parlamento che a tratti vorrebbe interpretare la fase attraversata dal Paese, ma che – tra la tentazione di abolirsi il vitalizio e quella di rivendicare la sua sostanziale legittimità costituzionale, come ha mirabilmente spiegato ieri Castagnetti tra gli applausi bipartisan – non ha ancora chiara quale è la strada da imboccare.

da L’Unità