attualità, politica italiana

"Pagano sempre i soliti noti", di Eugenio Scalfari

Sintesi della manovra per Berlusconi: «Il mio cuore gronda sangue, ma ho dovuto farlo per il bene del Paese».
Sintesi della manovra per Tremonti: «La mia coscienza è tranquilla perché ho operato per il bene del Paese».
Sintesi della manovra per noi commentatori cattivi secondo il ministro Sacconi: «È una tardiva e inutile schifezza».
Queste sono le sintesi, ma ora andiamo alle analisi. Questo decreto-manovra che modifica dopo appena due settimane il decreto approvato in tre giorni dal Parlamento, rappresenta il combinato disposto d´un asprissimo conflitto tra Berlusconi e Tremonti nel corso del quale l´uno e l´altro si sono paralizzati a vicenda. Il primo aveva come sponda e come scusante Mario Draghi e la Bce, il secondo combatteva da solo e con un braccio legato da una catastrofe incombente da lui non prevista.
Berlusconi avrebbe voluto aumentare l´Iva di uno o due punti, Tremonti gliel´ha impedito dimostrandogli che il gettito sarebbe stato insufficiente e il rischio di inflazione elevato.
Tremonti voleva un´imposta di scopo sulla ricchezza, analoga a quella che fu varata da Prodi per l´entrata nell´euro. Berlusconi gliel´ha impedito. Berlusconi voleva sbloccare 15 miliardi che i concessionari di beni pubblici erano in grado di mobilitare subito per investimenti in infrastrutture a cominciare dalle autostrade, porti, aeroporti, ferrovie. Tremonti gliel´ha impedito.

Tremonti voleva tassare la prima casa. Berlusconi gliel´ha impedito. Bossi, terzo incomodo, non voleva che fossero manomesse le pensioni d´anzianità. In parte c´è riuscito ed ora ne mena vanto.
Il decreto esce oggi in “Gazzetta Ufficiale” ed è il risultato di questa singolarissima collaborazione tra il presidente del Consiglio e il ministro dell´Economia. Una collaborazione perversa che non è mai avvenuta in nessun Paese del mondo dove, quando si manifestano dissidi e versioni così contrapposte uno dei due contendenti (di solito il ministro) rassegna le dimissioni. Da noi no, dimettersi non si usa, c´è sempre uno Scilipoti a tenerli a galla.
Domani in tutto il mondo riaprono i mercati perché il ferragosto è una vacanza solo italiana. Noi commentatori cattivi speriamo di tutto cuore che questo aborto di manovra sia preso sul serio a Francoforte, a Parigi, a Londra, a Wall Street. Ma se così non sarà, saranno guai terribilmente seri.
* * *
C´è stato un preludio alla manovra-schifezza. Il ministro dell´Economia era profondamente offeso da come i giornali della famiglia regnante (ma non solo loro) l´avevano trattato. E ancor più offeso dal fatto che il presidente del Consiglio aveva pubblicamente assunto come sua guida il governatore Draghi che lui vive come un trave in un occhio. Chiese perciò, a tutela della sua reputazione, l´immediata nomina di Vittorio Grilli, attuale direttore generale del Tesoro e suo fidato seguace, a governatore della Banca d´Italia. Berlusconi chiamò Letta e l´incaricò di darsi da fare: voleva evitare che Tremonti si dimettesse in uno dei suoi sempre più frequenti attacchi di rabbia.
Letta non trovò di meglio che chiedere l´aiuto di Bersani, ma aveva scelto molto male l´eventuale aiutante o forse l´aveva scelto benissimo. Bersani fece quello che onestamente riteneva giusto: informò Napolitano di quanto gli veniva chiesto. La nomina del governatore è un atto complesso e il presidente della Repubblica ne è uno degli attori principali. Perciò dal Quirinale avvertirono Letta che una richiesta del genere in un momento così agitato sarebbe stata respinta. Come preludio alla manovra non c´è male.
Ma ci fu anche un altro preludio, passato quasi sotto silenzio benché gravido di presagi: la Banca d´Italia diramò venerdì la notizia che il nostro debito sovrano aveva toccato la sua punta massima, pari a 1.900 miliardi, un rapporto del 120 per cento rispetto al Pil valutato per quest´anno all´1,1. Se il Pil dovesse ulteriormente scendere come probabilmente avverrà, quel rapporto sarà ancor più elevato.
* * *
Di buono nel decreto-schifezza c´è una sola cosa e ci sembra doveroso darne atto: l´abolizione d´una trentina di Provincie e dei relativi Prefetti e Questori, più i loro cospicui “indotti”. E l´accorpamento dei Comuni piccoli e piccolissimi.
Era un progetto da tempo allo studio, dall´epoca del governo Prodi del ´96, ma mai approdato in Parlamento. È stato tirato fuori dal ministro Calderoli col forcipe dell´emergenza. Si tratta d´una riforma vera e strutturale. Bravo Calderoli. A sentirlo ieri nella conferenza stampa con Tremonti e Sacconi, sembrava uno statista al punto da farci dimenticare il ministro che disse d´aver abolito 476mila leggi semplificando lo Stato. Di quella semplificazione nessuno si è accorto, nessun cittadino, nessun contribuente, nessun utente e nessuna istituzione. Il ministro che ieri parlava da statista ha avuto la dabbenaggine di ricordarcelo. Dia retta: non ne parli mai più, consideriamolo un videogame e cerchiamo di scordarci tutti di quella pagliacciata.
Una parola viene qui acconcia a proposito del ministro Sacconi il quale durante la conferenza stampa di ieri ha più volte attaccato il governo Prodi per aver anticipato anziché postergarla l´età dei pensionati. Mancava però il contesto in cui quell´attacco andava collocato. Prodi si era trovato di fronte allo “scalone” di Maroni e l´aveva trasformato in altrettanti scalini per renderlo equamente accettabile.
Egregio ministro, lei appartiene ad un governo di cui c´è solo da vergognarsi. Ma noi, commentatori cattivi, cerchiamo di collocare nel contesto perfino lei. Pensi dove arriva la nostra pietà cristiana e cerchi – se può – di fare altrettanto.
* * *
La manovra-schifezza per anticipare il pareggio del bilancio ha bisogno di almeno 20 miliardi subito e li ha trovati in questo modo: 8 miliardi e mezzo di tagli ai ministeri nel biennio 2011-12; 10 miliardi e mezzo di tagli a enti locali e Regioni; 1 miliardo dalle rendite tassate al 20 per cento, un altro miliardo dal contributo dei redditi oltre i 90mila e i 150mila euro. Il totale fa 21 miliardi, dei quali 19 da ministeri ed enti locali. Questi ultimi significano semplicemente altre tasse locali e/o azzeramento dei servizi.
Non parliamo della macelleria sociale, per altro notevole; parliamo del fatto che, dopo questi 21 miliardi ne restano ancora da reperire 27 per arrivare al totale dell´operazione. Dove andarli a cercare? La risposta c´è: nella delega assistenziale, nello sfoltimento delle detrazioni, nelle pensioni di invalidità, di reversibilità, nei costi della Sanità.
Tutto spremuto e ridotto all´osso si arriva sì e no a 7-8 miliardi. Ne restano altri 20, sui quali c´è il buio assoluto.
Schifezza perché pagano solo i meno abbienti e i soliti noti. Insufficienza perché questa schifezza non basta. E infine non c´è assolutamente niente che finanzi provvedimenti di crescita. Il Tremonti della conferenza stampa rispondendo alla domanda di un giornalista ha detto: «Io sto alle previsioni dell´Istat: il Pil crescerà quest´anno dell´1,1 per cento. Le liberalizzazioni che faremo potranno aumentare questa cifra dello 0,1 nel breve periodo. E poi la crescita non dipende da noi ma dall´America e dall´Europa».
Questa è l´analisi della manovra.
* * *
La sorpresa di ieri è il contropiano di Bersani. Fatti salvi i suoi giudizi politici su un governo irresponsabile, sugli errori macroscopici di previsione, sul mancato ascolto di quanto da molti mesi propongono le opposizioni e le parti sociali, giudizi sui quali coincidono quelli dei cattivi commentatori, il contropiano si articola così:
1) prelievo “una tantum” sui capitali illecitamente esportati e poi rientrati in Italia con uno scudo fiscale ottenuto pagando soltanto il 5 per cento dell´ammontare. Negli altri paesi europei che fecero analoghe operazioni il prelievo fu mediamente del 30 per cento. Il Pd propone ora una tassa del 20 per cento che frutterebbe all´erario 15 miliardi.
2) Una lotta all´evasione seguendo lo schema che fruttò, quando Visco era ministro delle Finanze, 30 miliardi in un anno, basati sulla tracciabilità dei pagamenti e sull´elenco dei fornitori.
3) Una descrizione del patrimonio da effettuare ogni anno come allegato alla dichiarazione dei redditi.
4) Un´imposta ordinaria sui cespiti immobiliari ai valori di mercato, con ampie esenzioni sociali e inglobando le imposte comunali relative agli immobili.
5) Dimezzamento dei parlamentari dalla prossima legislatura.
Questi sono solo alcuni dei punti ai quali si affiancano liberalizzazioni negli ordini professionali, della Rc auto, dei mutui e dei conti correnti bancari, dei servizi pubblici locali (acqua esclusa) nonché la separazione della Rete gas dalla Snam.
Il pacchetto poggia interamente sul presupposto che debbano esser messi a contributo i ricchi e gli evasori e non le famiglie, i lavoratori e le imprese che sono già oberati oltre misura.
* * *
Sarà interessante assistere al confronto tra queste due filosofie. Berlusconi ha fatto molte aperture all´opposizione. È la prima volta. Se accettasse di ritassare i “patrimoni-scudati” sarebbe una vera bomba. L´accetterebbe anche Tremonti? E come l´accoglierebbero i mercati?
Maledetti benedetti mercati. Avete svegliato i dormenti, ridato l´udito ai sordi e la vista ai ciechi. Ma purtroppo non possedete la magia di evitare la recessione ed è questa la vera minaccia che grava su tutto l´Occidente e non solo.
Sta calando la domanda globale e il rigore che i mercati pretendono aggraverà quel calo. Della crescita questo governo se ne infischia. A noi sanguina il cuore. A Sacconi no, lui sogna di poter mandare la Camusso in galera e solo allora si addormenterebbe in pace nella convinzione d´aver operato per il bene del paese.

La Repubblica 14.08.11

******

Il Cavaliere: “Giulio mi ha imbrogliato”, di FRANCESCO BEI

Alla fine, con Giulio Tremonti, il Cavaliere ha siglato ieri una tregua armata. Complice la paura di un lunedì nero, quando riapriranno le borse mondiali, non conviene a nessuno alimentare altre tensioni nel governo.
Berlusconi sa bene che la situazione, nonostante la maxi-stangata da 45 miliardi di euro, resta appesa a un filo. Un ministro dà voce al terrore che serpeggia nella maggioranza: «E se lunedì ci accorgiamo che la speculazione continua ad attaccarci cosa facciamo? Un´altra manovra è impossibile, resterebbe solo lo scudo della Bce. Ma per quanti giorni potrà reggere?». Così, a pranzo a palazzo Chigi, i due rivali, di fronte a Gianni Letta, si stringono la mano. Dimissioni di Tremonti? «Se qualcuno continua a scriverlo – scherza a tavola il ministro dell´Economia – è la volta buona che lo denuncio per aggiotaggio». Paolo Bonaiuti conferma: «Anche oggi girano strane voci di dimissioni di Tremonti. Sono voci ri-di-co-le, ci ridiamo sopra».
Insomma, se per il momento il ministro resta al suo posto, almeno fino all´approvazione definitiva del decreto in Parlamento, Berlusconi non ha affatto rinunciato ad ammorbidire una manovra che non sente «sua». Ad andargli di traverso è soprattutto il “contributo di solidarietà”, la nuova imposta che colpisce i redditi (tutti i redditi) sopra i 90 mila euro lordi. I giornali d´area sono scatenati, Vittorio Feltri ha scritto che con quella tassa «si strozzano i medio-borghesi». Insomma proprio l´elettorato di Berlusconi. Oltretutto il premier era convinto che dovesse durare soltanto due anni, così quando ieri ha scoperto che Tremonti l´ha prevista per tre anni, a partire dal 2011, è andato su tutte le furie. Si è sentito ingannato: «Mi aveva detto una cosa e poi nel decreto ne ha scritta un´altra di nascosto! L´una tantum doveva partire dal prossimo anno». Così, per restituirgli lo scherzetto, Berlusconi sta architettando un piano: servirsi della rivolta in corso ai piani bassi del Pdl per cambiare le parti più indigeste del provvedimento, a partire dal passaggio a palazzo Madama. I “quattro moschettieri” iniziali – Crosetto, Stracquadanio, Malan e Bertolini – sono infatti già lievitati a nove, con la firma pesante di Antonio Martino. Altri se ne stanno aggiungendo in queste ore. «Siamo tempestati di telefonate», assicura Stracquadanio. Si dice che l´area che fa riferimento a Claudio Scajola sia in mobilitazione generale, così come i parlamentari vicini a Gianni Alemanno (che ha stroncato a caldo il decreto definendolo «insostenibile»). Lo stesso Schifani, il presidente del Senato, ieri ha parlato della manovra come di un «cantiere aperto», lasciando intendere che sarà cambiata. In quale direzione? Sembra che i ribelli affonderanno il colpo sul contributo di solidarietà, ormai un simbolo della “tosatura”, dal quale è previsto un gettito di un miliardo di euro. Ma, visto che si tratta di trovare analoghe coperture, da qualche altra parte bisognerà intervenire. E l´idea è appunto quella di alzare di un punto percentuale l´Iva, dal 20 al 21 per cento. Guarda caso proprio l´ipotesi caldeggiata con forza dal premier, poi sconfitto da Tremonti che invece teme l´effetto di una misura del genere sull´inflazione. L´aumento di un solo punto dell´Iva, che in Germania è al 22%, farebbe incamerare allo Stato 6 miliardi di euro secondo i calcoli del Cavaliere. In realtà nel Pdl anche su questa ipotesi non tutti la pensano allo stesso modo. Maurizio Gasparri, ad esempio, si giocherebbe la carta dell´Iva non per abolire il contributo di solidarietà ma solo per ridurre l´impatto negativo della riforma dell´assistenza: «Meglio chiedere qualcosa ai 500 mila contribuenti benestanti che andare a togliere risorse per gli invalidi».
Per cambiare la manovra Berlusconi conta anche sul contributo delle opposizioni. Anzi, proprio il passaggio parlamentare del decreto consentirà di riannodare il dialogo con Pier Ferdinando Casini, ancora imbufalito per essere stato strapazzato da Tremonti in commissione. «Concorderemo con l´Udc qualche emendamento a favore delle famiglie – anticipa un ministro del Pdl – e così prenderemo due piccioni con una fava: rimedieremo al rigore di Tremonti e allargheremo il perimetro della maggioranza». Anche nel Carroccio, nonostante gli ukaze di Calderoli, sono decisi comunque a non lasciare intatta la manovra, limando il taglio da 6 miliardi agli enti locali. Tanto resistenza al rigore è dovuta anche alla diffusa consapevolezza che il prossimo anno, con molte probabilità, ci saranno elezioni anticipate. L´ipotesi, in tempi di austerità, è di accorpare le politiche con le provinciali (andranno al voto decine di amministrazioni, da Como fino a Ragusa) in un unico “election day”.

La Repubblica 14.08.11