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L’attacco di Bersani «La manovra? Oramai è figlia di nessuno», di Maria Zegarelli

Le opposizioni concordi: prioritario combattere l’evasione e tassare i grandi patrimoni. Per Casini la manovra è «invotabile», meglio riformare le pensioni e alzare l’Iva, ma niente contributo di solidarietà. Certo non è facile fidarsi di Silvio Berlusconi per il segretario Pd Pier Luigi Bersani. E non c’entra niente quella frase «scherzosa» del premier che, rivolto ad un suo fan sul molo di Porto Rotondo che gli aveva detto che era appena passato il segretario Pd, ha risposto: «Eh, però se è passato potevate buttarlo in mare». La difficoltà a fidarsi dell’annuncio di non mettere la fiducia alla manovra deriva dai precedenti: ce ne sono state 47 dall’inizio della legislatura. «Se adesso parla così, se dice che stavolta non vi ricorrerà – spiega Bersani – è perché deve dare un messaggio di tranquillità al suo pollaio, perché un sacco di gente del centrodestra che vorrebbe cambiare la manovra», ma di sicuro, quando «saremo sotto, per problemi interni alla maggioranza, ci ripenserà».
LA MANOVRA ORFANA
Una manovra che ormai è anche orfana, perché «visto che il decreto è stato approvato all’unanimità, viene da chiedersi: in cdm c’erano le controfigure? Possibile che dopo poche ore la manovra non sia più figlia di nessuno? La verità è che un governo di sopravvissuti può solo scrivere le sue decisioni sulle sabbia».
E allora davanti al continuo mutare degli eventi sul fronte maggioranza, il leader dei democratici pone due condizioni per iniziare qualunque discorso in Parlamento: «Questa volta il contributo di solidarietà devono darlo gli evasori, questa volta ci deve essere nella manovra qualche cosa di strutturale per l’equità fiscale e per la crescita e il lavoro. Se non c’è questo, faranno da soli e con una opposizione che si farà sentire».
Un concetto che da Ponte di Legno il Senatur Umberto Bossi dice
di non riuscire a capire. «Non ho capito cosa vuole, lo capirò quando
gli parlerò a Roma». «Prima gli dico di non fare il furbo – replica il segretario Pd – perché ha capito benissimo…». Però nel dubbio, meglio rimettere in fila i paletti su cui si fonda la contromanovra dei democratici:n far pagare il 20% a chi «ha pagato il 3 o il 4%, e sono 15 miliardi. Quei soldi li metto alla pubblica amministrazione perché paghi le piccole imprese che sono in crisi di liquidità, poi li metto sulle deroghe dei Comuni ai Patti di stabilità perché facciano investimenti per creare un po’ di occupazione». E poi tracciabilità per contrastare l’evasione fiscale; alienazione dei beni pubblici, liberalizzazioni… Cose «che capisce anche un bambino. Il problema è se c’è la volontà politiche di farle». Dal Pdl fanno trapelare che si sta ragionando sulla tassazione dei capitali illegali rientrati in Italia, ma si parla di un 1%, un 2% in più al massimo. Lontanissimo dal 20 proposto dai democratici. E mentre la Cgil ragiona sulla data dello sciopero generale e Bersani a domanda risponde che il Pd dà
valutazioni politiche e il sindacato si muove in autonomia, le opposizioni si preparano alla battaglia parlamentare. Si lavora ad un fronte comune, Antonio Di Pietro è convinto che sarebbe il caso di «presentare un pacchetto di proposte unitarie, per dimostrare che un’alternativa c’è e questo potrebbe essere il tuorlo d’uovo di una futura alternativa di governo». Dall’Udc Pier Ferdinando Casini ritiene la manovra «invotabile» e punta a spazzare via il contributo di solidarietà, riformare le pensioni e alzare l’Iva di mezzo punto, salvaguardando ceti medi e famiglie. Fli punta ai costi della politica e alla rimodulazione delle pensioni. Tutti concordano sulla necessità di calcare la mano sulla lotta all’evasione e la tassazione dei grandi patrimoni.

L’Unità 17.08.11