attualità, politica italiana

"La beffa dello scudo", di Massimo Riva

Dicono in coro due ministri (Calderoli e Rotondi) e un capogruppo (Gasparri) che dell´ipotesi di un nuovo scudo fiscale per i trafugatori di capitali all´estero non s´è mai parlato. Queste smentite possono anche essere considerate un buon segnale perché testimoniano che anche nelle file della maggioranza c´è chi arrossisce e si vergogna di una simile enormità. Ma un conto è negare che di un tale provvedimento si sia discusso, tutt´altro sarebbe dichiararlo improponibile ovvero negare in radice la possibilità di ricorrervi.
Dopo tanti e reiterati condoni in favore degli evasori, chi abbia buona memoria delle manipolazioni comunicative alle quali è avvezzo il governo berlusconiano quando si tratti di preparare il terreno a qualche schifezza legislativa oggi ha più di un motivo per stare in allarme. Sarà anche un segno di reale smarrimento il fatto che proprio dai partiti di governo giunga una caterva di proposte, le più stravaganti e contraddittorie, sugli emendamenti alla manovra. Ma occorre fare attenzione che alcune di queste rientrano nella ben nota tecnica del lanciare il sasso per smuovere lo stagno dell´opinione pubblica: quel che i francesi chiamano ballon d´essai.
Il chiacchiericcio sul nuovo scudo fiscale ha tutte le caratteristiche per rientrare in tale categoria. Basta riguardarne la genesi. Tutto comincia con l´idea avanzata da Pierluigi Bersani secondo il quale per fare cassa si dovrebbe cominciare col rivedere i termini dell´indecente regalo fatto dal duo Berlusconi-Tremonti agli esportatori di capitali un paio d´anni fa.
Operazione realizzata anche in altri Paesi, ma con la non piccola differenza che in Italia si è potuto sanare il maltolto con un obolo del 5 per cento, mentre altrove si è arrivati fino al 30.
Per un minimo di equità, ha argomentato il segretario del Pd, chiediamo agli evasori di versare almeno un ulteriore 15 per cento. In modo da allinearsi alla nuova imposta sulle rendite finanziarie portata ora al 20 per cento.
Visto il vasto consenso popolare raccolto in breve da questa proposta, Berlusconi & C. si sono guardati bene dal segnalarne subito il tallone d´Achille giuridico: ovvero il rischio di impugnative per violazione del principio di non retroattività delle misure fiscali. Per distrazione, forse? No, per calcolo: perché se ci si appiglia alla regola della non retroattività anche la sovrattassa chiamata contributo di solidarietà dovrebbe finire alle ortiche per quasi otto/dodicesimi del 2011 essendo stata varata a metà agosto. Ecco perché, in un primo momento, l´ipotesi Bersani non è stata lasciata cadere, anche se si è voluto subito svuotarne la portata con l´idea di ridurre l´aggravio a un´insignificante bagatella nell´ordine dell´uno/due per cento.
Dopo di che, valutato l´effetto barzelletta di una simile trovata, si è di colpo riscoperta l´obiezione di incostituzionalità contro la proposta Bersani.
Il tutto, però, solo al fine di spianare la strada alla mossa finale: se la via indicata dal segretario Pd ha controindicazioni giuridiche, usiamola come trampolino per lanciare comunque a favore dei ladri d´imposta un altro condono nuovo di zecca.
Questo oggi lo stato dell´arte con buona pace del ministro Calderoli e colleghi. C´è chi dovrebbe fare chiarezza e rendere pubblica la posizione del governo. Ma Tremonti non parla e Palazzo Chigi non dice né sì né no.
Berlusconi tace in attesa di capire se può fare l´affondo o se questo ennesimo insulto agli italiani onesti rischia di dare il colpo di grazia alla sua popolarità già in rapido declino. Un silenzio scandaloso al riparo del quale il marasma della classe di governo si trasferisce all´opinione pubblica, investita da uno tsunami di sciocchezze demagogiche alimentato quotidianamente da ministri ed esponenti della maggioranza. Ma è possibile che un premier sedicente imprenditore lasci circolare indisturbate, per esempio, anche ipotesi assurde sulle liquidazioni di fine rapporto? Non è chiaro a chi sia venuta in mente per primo la scemenza di anticipare a rate mensili in busta-paga gli accantonamenti per il Tfr. È viceversa chiarissimo che una tale sciocchezza può essere immaginata soltanto da chi ignora il peso e il ruolo assunto da tali cespiti sia nella struttura finanziaria di una qualunque azienda sia nel nuovo sistema della previdenza integrativa. Gli spettacoli da ora del dilettante hanno smesso di divertire anche sulle reti Mediaset.

La Repubblica 19.08.11