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"Cooperative: un motore economico che nemmeno il duce riuscì a distruggere" di Nicola Cacace

Come ha detto Marino, presidente di Confcooperative, «è il quarto intervento di spoliazione delle cooperative attuato da Berlusconi in pochi anni» (Avvenire 1 sett.), malgrado il successo della cooperazione anche negli anni di crisi, quando aumentava l’occupazione del 5,5% mentre l’occupazione nazionale si riduceva del 3%. Oggi la cooperazione è un motore di sviluppo e di coesione sociale, con 1,5 milioni di occupati, il 7% dell’occupazione e 127 miliardi di fatturato, l’8% del Pil. La cooperazione è andata in controtendenza anche rispetto al nanismo industriale, essendo nel decennio il peso delle GI coop (+ di 1000 occupati) passato dal 4% all’8% del totale occupazione nazionale. Ed oggi che il paese ha estremo bisogno di rilanciare la crescita, come chiesto anche da Bruxelles, Berlusconi tenta di realizzare un obiettivo perseguito da anni, colpire quelli che, stupidamente, considera avversari di classe. E lo fa con la motivazione che le cooperative «godrebbero di vantaggi fiscali rispetto alle società di capitale».
Questi famosi vantaggi fiscali, che in sintesi si riducono ad un’aliquota del 10% sugli utili reinvestiti invece del 33% sono la contropartita della “mutualità” cioè del fatto che il socio-azionista, mentre deve ripianare le perdite e deve rinunciare ai Capital Gain, che resteranno alla Cooperativa vita natural durante o andranno allo Stato in caso di cessazione di attività. Perciò la Costituzione, all’art.45 recita: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità…e ne promuove e favorisce lo sviluppo con mezzi idonei».
I valori della cooperazione sono tre: democrazia (una testa, un voto), indivisibilità del patrimonio sociale, giusta remunerazione del capitale e del lavoro.
La mutualità che li comprende significa che il socio investe in un’impresa che considera un bene per se medesimo, per il territorio ed i suoi figli, e il profitto è un mezzo, non il fine dell’impresa. Perciò la formula «cooperativa» è quella che si sta dimostrando di maggior successo in epoca di globalizzazione e di crisi. Quanti capitalisti sono disponibili a prestare lavoro e capitali a queste condizioni, essere responsabili delle perdite ma non padroni degli utili e non delocalizzare mai?
È significativo che quando Luigi Marino e Giuliano Poletti, presidenti di Lega e Confcooperative, hanno proposto di estendere le agevolazioni fiscali delle cooperative alle SpA purchè accettassero di di reinvestire gli utili senza distribuirli, nessuna risposta sia venuta da Confindustria.
Le Coop sono sopravvissute in Europa agli attacchi del nazismo e del fascismo. Non penso che uno screditato primo ministro come Berlusconi riuscirà ad imitare Mussolini, che nella sua furia classista, trasformò la Banca della Cooperazione in Banca nazionale del lavoro.

L’Unità 03.09.11