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"Visco: ero un innominabile ma ora Tremonti mi copia", di Tonia Mastrobuoni

Onorevole, il governo sta riesumando le misure «alla Visco». «Da una vita sono abituato ad avere ragione postumo, anche se non sono morto. Che vuol farci, la politica funziona così, con le emozioni. Se uno imposta un discorso razionale, serio, organico ed equilibrato su come bisogna fare una vera lotta all’evasione…».
Perde le elezioni. «No, più che altro sia nel 1996-2001 sia nel 2006-8 ho rischiato di passare per persecutore, per matto. Sono stato attaccato non solo dalla destra che adesso ripropone a tozzi e bocconi le cose nostre. Ma sono stato isolato anche dai miei, da quella parte che si definisce “liberal”».

Ci faccia indovinare. Si riferisce a Morando?
«Non faccio nomi. Mi limito a dire che erano i liberal. È che per alcuni l’idea che le tasse debbano essere un’oblazione volontaria è talmente radicata. Adesso l’emergenza costringe addirittura la destra a fare la lotta all’evasione. Pensare che anche nel 2006-8 avevamo recuperato evasione come pazzi».

Come Dracula lei ha avuto un discreto effetto deterrente.
«È innegabile. A furia di descrivermi come terribile e cattivissimo, certo, la gente si spaventava. Ma erano loro a non rendersi conto del fatto che io non gestisco il fisco in materia tattica, che faccio le cose perché le ritengo giuste, senza mediazioni. È questo il deterrente terribile».

Anche politico.
«Diciamo che tutte e due le volte non sono riuscito a portare a termine il mio compito».

Ma non è problematico calcolare il gettito da evasione ex ante per coprire i «buchi» della manovra come sta facendo Tremonti?
«Ma certo. Io non l’ho mai fatto. E sono abbastanza sicuro che l’Europa gliele boccerà. Con noi le misure antievasione erano contabilizzate zero. Ecco perché, una volta recuperate cifre pazzesche, abbiamo avuto il famoso “tesoretto”…».

Quello che a Bruxelles non veniva neanche tradotto in inglese…
«Esatto. La verità è che il governo Berlusconi si dimenticherà tutto non appena le acque si saranno calmate un po’. Nessuno ricorda che a un certo punto ci provò anche Siniscalco a combattere l’evasione. Berlusconi disse subito “no, no, per carità, è una cosa alla Visco!”. E pensi un po’, adesso stanno talmente con l’acqua alla gola che devono persino fare cose “alla Visco”. Ma tanto domani, quando i mercati si tranquillizzeranno, vedrà che tornerò a essere un innominabile».

Non si butti giù.
«No, ma l’importante per me è che l’abbia capito anche il centrosinistra. La responsabilità del governo è non aver messo in sicurezza i conti pubblici. Ma io e Tommaso Padoa Schioppa faticavamo anche con i nostri, su questo fronte».

Ma come si fa a fare la lotta all’evasione seria?
«Intanto, anche in queste misure manca una visione organica del problema. In Italia la fonte dell’evasione è una sola. In parole semplici: mentre il reddito mio e il suo sono tracciati perché siamo lavoratori dipendenti, altri non lo sono. Serve un sistema di monitoraggio e di controllo che renda più simile chi ha la ritenuta d’acconto e chi non ce l’ha. Dunque l’elenco clienti-fornitori, la tracciabilità dei pagamenti, l’uso limitato dei contanti… perché l’altro principio forte di una lotta seria all’evasione è: “follow the money”, segui i soldi».

A proposito dei suoi, cioè del Pd. Ma perché ritassare lo scudo? Il fisco non dovrebbe avere una parola sola?
«Sì ma non necessariamente un’aliquota sola. Inoltre quelli sono ricchi, è giusto che diano un po’ di soldi. Sa cos’è? Che quando si tratta di fare un po’ di giustizia, tutti si comportano come delle verginelle offese».

Ma oggi sarebbe facile incrociare i dati redditi-patrimoni e beccare molti più evasori?
«È molto più facile individuarli oggi che dieci anni fa, indubbiamente. Il problema è che se Sogei invece di occuparsi di queste cose affitta appartamenti al ministro…».

La Stampa 03.09.11