attualità, cultura

"La bellezza e i barbari", di Corrado Augias

Qualche pezzo d´orecchio staccato, può sembrare poca cosa. Possiamo dirci: si riparerà. Non è così. Suona forte l´allarme per un problema ormai cronico e che, a volerlo affrontare senza ipocrisie, è questo: molte nostre città, Roma in particolare, sono disseminate di capolavori, grandi e piccoli ma tutti significativi. Per secoli queste opere sono rimaste affidate alla pubblica fede, all´aura della loro provenienza e del loro passato che in qualche modo le proteggeva. Quell´aura non c´è più, è svanita. Le opere, grandi o piccole, non sono più esposte alla pubblica fiducia ma al rischio del pubblico oltraggio. Diciamo la verità, sgradevole o scorretta che sia: molti italiani non si meritano più le città che abitano.
Vogliamo tentare un elenco? La fontana dei cavalli marini, a villa Borghese, è stata danneggiata tempo fa da un´auto che è entrata di notte a tutta velocità nella vasca spezzando le zampe a un cavallo. Possiamo immaginare chi fosse alla guida e in quali condizioni. La stessa villa è disseminata di statue neoclassiche. Sono state quasi tutte decapitate e molte sono rimaste così; le poche teste che si vedono sono quasi sempre repliche in gesso. La balaustra in travertino che fronteggia l´Accademia britannica a valle Giulia per tre volte è stata sfondata dalle solite vetturette ubriache che girano di notte. Le prime volte è stata restaurata; poi non più, da anni il buco è tamponato da quattro ponteggi rugginosi e qualche tavolaccia da cantiere. L´obelisco Flaminio a piazza del Popolo, il secondo più antico della città, arrivò a Roma nel 10 d.C. per ordine di Augusto dopo la battaglia di Azio. I tifosi che escono dallo stadio lo hanno più volte ricoperto di scritte con le bombolette azzurre. La bella fontana della Najadi a piazza Esedra è stata danneggiata da un ubriaco; i busti degli eroi risorgimentali al Gianicolo, e quelli del Pincio, sono stati più volte deturpati, rovesciati, mutilati, così le erme di villa Sciarra; il mosaico del Gladiatore sull´Appia antica è stato semidemolito da qualche bruto; i gradini di una delle scalinate più famose del mondo, quella di piazza di Spagna, vanto ed emblema della città, appaiono in più punti spezzati o scheggiati.
Il travertino è una pietra porosa e fragile, ci vuol poco a sconciarlo. Specie se si permette a qualche imbecille di percorrerli in automobile com´è avvenuto; uguale sorte del resto è toccata all´adiacente scalinata di piazza Mignanelli, lì con l´aggravante che si trattava di un film e che la troupe aveva regolare permesso rilasciato dal Comune. Vennero girati diversi ciak, ad ogni ripresa l´auto veniva giù a rompicollo e saltava qualche pezzo di gradino. All´angolo tra via Canova e via delle Colonnette sorge un basso edificio che è stato uno degli studi di Canova. Sui muri sono infissi piccoli resti di sculture romane, dal doppio valore: quello dell´antichità e quello neo-classico. Alcune sono state smurate e rubate.
Volendo si potrebbe continuare, purtroppo.
Si può fare qualcosa per arrestare questo lento scempio? Non lo so. L´amministrazione comunale certo non aiuta. Vero che non si può mettere un carabiniere per ogni angolo artisticamente pregevole, anche vero però che luoghi-simbolo come piazza Navona o la scalinata di piazza di Spagna dovrebbero essere sorvegliati con più severità. Invece non si riesce nemmeno ad arrestare il passaggio e la sosta delle auto in luoghi dove non dovrebbero proprio arrivare. Per altro verso sarebbe ingiusto scaricare l´intera colpa sull´amministrazione della città. Troppo vasto il fenomeno, troppo numerose le cause che lo determinano. L´incultura, l´aggressività, la circolazione notturna di alcol e droghe, l´inconsapevolezza di troppi che non si rendono nemmeno conto di quale tesoro siano molte nostre città, Roma più d´ogni altra. Quale delitto rappresenti sconciare con una bomboletta spray pietre cariche di millenni, demolire con una sbadata manovra in auto la cantonata di un palazzo, mutilare per una stupida bravata un´erma o un´antica tomba. Ho sfogliato i giornali degli anni passati. Ho visto i fieri propositi di varie amministrazioni dopo ogni colpo: faremo, impediremo, proporremo, provvederemo. Parole al vento, nessuno ha fatto, nessuno ha provveduto. Forse era troppo difficile, forse è mancata l´energia. La sola verità è quella che già Marcel Proust aveva denunciato un secolo e passa fa: “I veri popoli barbari non sono quelli che non hanno mai conosciuto la grandezza ma quelli che, avendola conosciuta in passato, non sono più in grado di riconoscerla”.

La Repubblica 04.09.11