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"Basta lamentarsi la scuola la salviamo noi", di Marco Rossi Doria

Al di là dell’interpretazione delle cifre, i soldi investiti nella scuola scendono da anni. Non c’è dirigente, docente o genitore che non lo avverta. Ma c’è una novità nell’aria: le scuole si domandano se questo non sia comunque il tempo di smettere di lamentarsi e innovare coi mezzi che ci sono. Da dove partire? Basilicata Lo chiedo a Pancrazio Toscano. Da poco in pensione. Maestro elementare fin da giovane e ricercatore di geografia. È di Tricarico, Basilicata, paese del quale è stato anche sindaco. Da maestro aveva inventato, negli anni Settanta, la classe itinerante. Portava i bimbi a esplorare e studiare i territori dal punto di vista geografico, storico, scientifico, letterario. Con un accordo con l’Alitalia li ha persino portati gratuitamente a volare «per vedere e disegnare l’Italia dall’alto». E’ stato dirigente scolastico a Como, in una difficile periferia romana, nei paesini e nelle città lucane.

«Si parte da cos’è la scuola dell’ obbligo, che è “il luogo intenzionalmente organizzato per apprendere insieme ad altri, non consanguinei». Il che significa che anche noi che insegniamo dobbiamo farlo. Il fulcro è il gruppo docente in azione, che riflette sul da farsi. Questo è al contempo formazione. Certo, ci vuole una manutenzione culturale, un accompagnamento. E il dirigente deve tornare ad essere – insieme ad altri facilitatori rispettosi – innanzitutto persona di scuola, attenta alla postura delle risorse umane. Sì, postura: guardare in alto per non cadere. E poi dedicarsi artigianalmente al come e al cosa si fa, ogni giorno. Con tutti i docenti. Perché solo il 5% non lo farà mai.. Ed è assurdo che solo la scuola primaria faccia due ore a settimana nelle quali ci si confronta su quel che si fa. Prima proposta: estendere questa esperienza a medie e superiori. Anche la formazione iniziale va fatta sul cosa e il come, stando a scuola, con docenti più esperti. Ci vuole molta cura delle relazioni, tempi lenti e procedure costanti. Quel che vale per i ragazzi vale anche per gli adulti. Bisogna tutti tornare a imparare. C’è un evidente calo di motivazione? Per rimotivare bisogna anche differenziare. Ma attenzione! – tenendo i gruppi uniti. Lo skipper deve tenere uniti tutti usando bene ogni differenza. Ma poi annusa il vento. Ci siano singoli docenti bravi e cattivi. Ma fermarsi a questo significa non sapere come è una scuola e non dà spazio alle parti promettenti di ognuno e alla forza pacata di un gruppo. E io ho visto che più c’è costruzione di laboratori, di invenzioni comuni, di ricerca di rigore dentro ogni novità più c’è coinvolgimento dei ragazzi e più crescono anche i docenti».

Torino Giulia Guglielmini è dirigente da 5 anni. Prima aveva insegnato in ogni ordine di scuola, dalle primarie all’ università. «Sì, ci sono incerte risorse economiche e nell’organico, mobilità degli alunni, ecc. Ma qui – zona di Porta Palazzo, Torino – sento che si è in un punto strategico, un centro vero, che induce cambiamenti. Perché apre alla multi cultura, al mondo globale. E questo spinge a cambiare i modi della scuola e alla riflessione, alla creatività: apprendimento cooperativo, laboratori, azioni personalizzate, differenziazioni senza escludere, lavoro con i genitori, sinergie continue con il volontariato. Le nostre pratiche sono altrettante riforme messe già in campo. Ma il confronto nazionale tra tante esperienze così – ecco il sogno nel cassetto può avvenire grazie a un forte sviluppo delle reti professionali di chi insegna, del confronto tra gruppi docenti e scuole attraverso il web 2.0, gratuito, comunitario, fondato sul lavoro svolto, sulle idee attuate. Vorrei scuole con più soldi perché siano sicure ed accoglienti. E per fortuna ci sono i genitori che si attivano, ridipingono le aule, tengono su la scuola. Perché la scuola pubblica è sentita come luogo di costruzione di futuro. E oggi regge alla crisi perché ci sono docenti, bidelli, genitori, dirigenti che ci credono».

La Stampa 15.09.11