attualità, economia

"La crisi e le democrazie", di Jean-Paul Fitoussi

In questo momento, viviamo una lenta regressione della democrazia nei Paesi ricchi e particolarmente in Europa. Per il momento niente di essenziale è ancora in gioco perché le libertà individuali sono dappertutto garantite, ma l´ascesa degli estremismi politici, la tentazione protezionista, il riemergere dei nazionalismi europei, trovano un terreno fertile nella crescente precarizzazione della società, nel declino delle classi medie, nell´aggravamento della disoccupazione e delle disuguaglianze. Oggi va di moda dire che siamo in questa situazione perché dobbiamo confrontarci con un “trilemma” politico, ma io piuttosto parlerei di un “teorema dell´impossibilità”. I tre quesiti del trilemma riguarderebbero democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione: dovremmo rinunciare ad almeno uno perché non sono compatibili, secondo una tesi enunciata anche recentemente da Daniel Rodrik su Repubblica. Ma credo che sia un modo un po´ retorico di vedere le cose, piuttosto i tre elementi sono concatenati. Se rinunciamo alla democrazia rinunciamo alla sovranità nazionale perché non vedo come la democrazia possa esistere senza sovranità nazionale. Si dice anche che la sovranità nazionale non può essere compatibile con la globalizzazione. Invece dobbiamo superare l´immagine antica di una sovranità e di una democrazia onnipotenti e di una globalizzazione che ne limita la portata: la globalizzazione è un fenomeno che oggi esiste in un mondo popolato di Stati nazione. Piuttosto il compito di questi Stati è di proteggere le popolazioni, e proteggere la gente non significa protezionismo bensì sistemi di sicurezza e di assicurazione sociale che consentono a queste popolazioni di sopravvivere agli shock dell´economia mondiale.
Bisogna superare tutti questi schematismi e concentrarsi sul vero problema che oggi esiste, la crescita delle disuguaglianze, che rompe questa sì i parametri delle democrazie al punto che minaccia anche il suffragio universale, già oggi a rischio perché esposto alle pressioni dei ricchi che controllato i think-tank, le scuole, le università, i media. Al punto che anche se l´uguaglianza formale è rispettata ci sono classi di cittadini che hanno un´influenza sul voto molto maggiore della loro importanza numerica.
Ecco, questo è il vero problema su cui concentrarci, e il banco di prova per qualunque governo che voglia dirsi tale. La disuguaglianza è aumentata molto di più in America che in Europa, ma adesso il presidente Obama ha proposto al Congresso un piano per il lavoro da quasi 500 miliardi di dollari che, se sarà approvato, darà un forte colpo alle disuguaglianze. Invece in Europa rischiamo di scivolare indefinitamente lungo questa china per la mancanza di un governo europeo e per l´assenza di provvedimenti comuni. Abbiamo creato la moneta senza un principe: a questo punto la democrazia è incompleta e lo resterà fino a quando gli elettori francesi, tedeschi, italiani e tutti gli altri non riusciranno ad esprimere un governo europeo dotato di una vera sovranità su tutto il continente. Un governo dovrà essere in grado anche di imporre e far rispettare delle regole precise, e quanto queste regole siano indispensabili lo dice il comprovato fallimento dell´ideologia dei mercati, secondo la quale il mercati sono perfetti e non hanno bisogno di norme. Fin dal Medioevo abbiamo imparato che un mercato per funzionare ha bisogno di leggi e di una forza polizia che le faccia rispettare, e si è visto che i mercati senza regole non possono funzionare e anzi fanno solo guai. Per risolvere questo problema occorre limitare la potenza dei mercati, e l´unico modo per farlo è imporre precise regole. Questo aumenterà la potenza delle democrazie attribuendo ai popoli la scelta fra diversi modelli di sviluppo senza aspettare che siano i mercati a scegliere per essi. Se oggi un mercato non può funzionare senza legge, questa legge non potrà mai esserci senza una sovranità europea. Finché non avremo un vero governo europeo non ci sarà stabilità.

La Repubblica 20.09.11