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"Esperimento italiano fra Ginevra e il Gran Sasso: in dubbio la teoria della relatività", di Giovanni Bignami

Chissà cosa è successo davvero tra Ginevra e il Gran Sasso. Certo i neutrini non si sono fermati a bere un caffè, anzi, sembra che, come nei fumetti, siano andati più veloce della luce. Ci vorrà un po’ di tempo per capire cosa è successo davvero. Perché, anche se piccola, i neutrini una massa ce l’hanno. Anzi, proprio questa è stata una scoperta recente, premiata con un Nobel nel 2002.
Ma Einstein ci ha insegnato che un corpo con massa non può andare al di là della velocità della luce, anzi neanche uguagliarla. E allora? Ai posteri l’ardua sentenza. Il risultato, se di risultato si tratta, si gioca sulla precisione della misurazione dei tempi di transito. E qui la fisica non perdona: la luce avanza a 300 mila km al secondo e, per decidere chi arriva prima tra fotoni e neutrini, bisogna avere un fotofinish di straordinaria precisione.
Per il momento, si tratta di un passa-parola tra fisici a metà tra lo scettico e l’entusiasta. Noi, però, non possiamo non notare l’importanza sempre maggiore dei neutrini per il futuro della comprensione dell’universo. Se i neutrini italo-svizzeri fossero davvero superluminali, cambierebbero non solo fondamentali paradigmi della fisica, ma forse anche alcune nostre idee sulla formazione e composizione dell’universo. Penso soprattutto alla materia oscura, il grandissimo problema della cosmologia moderna. Ma penso anche ai neutrini viaggiatori, portatori di messaggi ancora non letti dal cielo.
Finora abbiamo visto solo due sorgenti celesti di neutrini: il nostro Sole ed una Supernova nella Grande Nube di Magellano. Proprio dalle osservazioni del Sole abbiamo capito che i neutrini devono avere una massa e che perciò, fino a ieri, non potevano andare alla velocità della luce. Vien da pensare al risultato annunciato due giorni fa a Bradford, Inghilterra, da Carlos Frenk, grande cosmologo anglomessicano, che mette in dubbio le poche idee che ci eravamo fatti sulla natura delle particelle responsabili della materia oscura. Potrebbero non essere quello che pensavamo e potrebbero anche non essere alla portata del Cern. E allora? Non ho la minima idea se i due risultati siano connessi e comunque entrambi hanno bisogno di conferma. Certo, parlando dei neutrini e delle loro strane proprietà, viene voglia di spalancare il cielo ad una nuova astronomia, fatta appunto con i neutrini, dopo che da migliaia di anni ci accontentiamo dei messaggi portati dal fotone viaggiatore.
E’ la fine del monopolio dell’astronomia elettromagnetica, cioè quella fatta con i fotoni che anche i nostri occhi possono vedere? Sarebbe affascinante fare astronomia con i neutrini, perché intorno a noi c’è un universo dove vanno e vengono neutrini senza che riusciamo a cogliere il messaggio che portano. Se poi fossero più veloci della luce, sarebbe anche più divertente. Ma attenzione: tutte le volte che abbiamo messo seriamente alla prova la relatività generale di Einstein, il vecchio Albert è uscito vincitore.

La Stampa 23.09.11

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“Relatività in crisi? Così potrebbe cambiare la concezione del cosmo. Nuove dimensioni e strane curvature dello spazio-tempo”, di Barbara Gallavotti

Non sono giorni normali per i fisici. Da qualche tempo si sussurrava di risultati importanti ottenuti dall’esperimento «Opera». L’attesa per la presentazione ufficiale dei dati era palpabile, ma il sentimento predominante era una sorta di entusiastico scetticismo. Nessuno si lasciava andare ad analisi tecniche, perché la collaborazione «Opera» non aveva ancora terminato di analizzare i dati e la prima comunicazione ufficiale è prevista per oggi. Ciò nonostante, poteva capitare che qualcuno accettasse di immaginare cosa avverrebbe della nostra visione dell’Universo, se i risultati fossero confermati e, dunque, si scoprisse che i neutrini possono viaggiare più veloci della luce.
Ad essere in gioco è uno degli assunti fondamentali della Relatività, quello secondo il quale nulla può viaggiare più veloce della luce, perché, se così fosse, cambiando il sistema di riferimento dell’osservatore, potrebbe avvenire di vedere un fenomeno prima del verificarsi delle sue cause (il che è assurdo). I neutrini sono particelle speciali, le uniche nel mondo dell’infinitamente piccolo ad essere dotate di massa, seppur minuscola, ma prive di carica elettrica. Questa peculiarità non basta però a giustificare il risultato di «Opera» e dunque, se fosse confermato, bisognerebbeimmaginare delle drastiche correzioni alla Relatività (cancellarla sembra impossibile, perché sono troppe le prove a favore della sua validità). Si dovrebbe quindi pensare all’esistenza di nuove dimensioni o a strane curvature dello spaziotempo che permettano ai neutrini di prendere inedite scorciatoie. Un po’ come se, dovendo unire su un atlante L’Aquila e Ginevra, anziché tracciare una linea sulla carta si piegasse il foglio, portando le due città a coincidere, e poi le si congiungesse, forando il foglio con una matita.
Dopo la fuga di notizie, l’atmosfera fra i fisici è cambiata e ieri era praticamente impossibile trovare qualcuno che accettasse di toccare ufficialmente l’argomento della velocità dei neutrini prima del seminario di oggi. L’entusiasmo per una possibile scoperta che cambierebbe il volto della fisica è stato soverchiato dall’urgenza di non farsi travolgere dagli eventi e di procedere nel valutare con cura i dati. Del resto, anche se i fisici del Gran Sasso saranno convincenti, bisognerà attendere che altri analoghi esperimenti confermino l’esistenza del fenomeno. Negli Usa e in Giappone si stanno probabilmente attrezzando a ripetere la misura, ma occorrerà aspettare almeno un anno prima di sapere se l’Universo è tanto diverso da come pensavamo. La scienza ha tempi lunghi e anche a Stoccolma sono abituati ad attendere.

La Stampa 23.09.11