attualità, politica italiana

Berlusconi prepara un vertice dei big "Costringeremo Giulio a cambiare linea", di Carmelo Lopapa

«Processare» Tremonti. Un ufficio di presidenza Pdl da convocare entro la settimana, subito dopo il voto di mercoledì sulla sfiducia al ministro Saverio Romano, è l´ultima mossa studiata dal presidente del Consiglio per tentare di rompere il muro di gomma, infrangere le resistenze del responsabile dell´Economia rientrato oggi da Washington.
Il Cavaliere vuole riprendere il pallino della situazione. Non solo economica. Ai suoi dice che è l´ora di passare al contrattacco e che lo farà come di consueto in prima persona. Scagliandosi contro i giudici che lo «assediano», contro i media che lo tengono da settimane sulla graticola delle intercettazioni. Oggi vorrebbe intervenire telefonicamente a due feste del Pdl in programma nel Cuneese, in mattinata, e a Bisceglie, in serata. Poi, in settimana, un´uscita televisiva forte (Porta a Porta?) o una serie di interviste ai tg. Per raccontare agli italiani che «l´economia del Paese è solida», anche grazie alle manovre appena approvate. Che solo gli attacchi degli speculatori stanno destabilizzando i mercati. Che le toghe lavorano per farlo fuori e che qualcuno lavora nell´ombra con «giochi di palazzo» per disarcionarlo e dar vita a un governo tecnico «che equivarrebbe a un golpe». Lui invece andrà avanti, forte di una maggioranza parlamentare che anche mercoledì dovrebbe trovare il conforto dei numeri in aula, concentrandosi ora sullo sviluppo e sulle riforme, come gli intima Confindustria.
Ma dovrà fare i conti anche con gli equilibri interni che risentono dell´instabilità complessiva. È di queste ore il crescente malessere che matura dentro il partito dopo l´annuncio del segretario Alfano del progetto di nuova legge elettorale, con tanto di ritorno alle preferenze. «Vorrebbe dire ridare fiato ai ras del consenso clintelare al Sud» protestano in anonimato dirigenti di peso. Formigoni che in pubblico sostiene sia meglio a questo punto lasciare tutto com´è e tornare al voto nel 2012, è solo uno dei tanti insoddisfatti. Altrettanti si dicono perplessi per quella linea a dir poco cauta sposata da Angelino Alfano nel dichiarare archiviata la premiership berlusconiana, quanto meno nella corsa alle prossime politiche.
Prima di affrontare i nuovi ostacoli, Berlusconi si è concesso poco più di 24 ore di relax a Villa Certosa in Sardegna. Prima di partire, ha allertato lo stato maggiore del partito in vista dell´ufficio di presidenza che intende convocare dopo aver incassato anche la fiducia su Romano. Ufficialmente per discutere di rilancio dell´economia e decreto sviluppo, in realtà con l´obiettivo di affrontare nel sinedrio pidiellino il ruolo di Tremonti, finito nel mirino dopo l´assenza al voto su Milanese. Ieri non i soliti deputati ma Il Giornale di famiglia ha chiesto in un fondo le dimissioni dell´inquilino di via XX Settembre. Il ministro, come nulla fosse, ha parlato nella serata italiana da Washington al termine dei lavori del Fmi, guardandosi bene dall´accennare alle polemiche interne. «Ora pensiamo alla crescita» dice quasi ricalcando il mantra del presidente del Consiglio tutto concentrato sul decreto sviluppo. Un provvedimento al quale ha deciso di far lavorare Palazzo Chigi, esautorando o quasi il responsabile dell´Economia. Dirigere la politica generale del governo «spetta al premier, me lo riconosce anche l´articolo 95 della Costituzione» va ripetendo Berlusconi.
Per quasi tutta la giornata di ieri Gianni Letta si è dato un gran da fare per mantenere i contatti con i ministri più interessati al dossier economia. Soprattutto Brunetta, Sacconi, Paolo Romani. Pezzi di quella sorta di direttorio che il Cavaliere ha in mente. E che dovrà affrontare come prima grana, il taglio da 6 miliardi ai ministeri contenuto nella manovra appena approvata. Le voci circolate ieri, sull´affidamento del Tesoro a Brunetta e sull´affiancamento a Tremonti di un vice come Crosetto, suo acerrimo avversario, o addirittura dell´economista di Fli Baldassarri (per riportarlo in maggioranza) fanno parte della strategia del logoramento messa in atto in queste ore da Palazzo Chigi. Sullo sfondo, non passa inosservato in queste ore di attacchi concentrici al fortino di via XX Settembre, il silenzio della Lega.

La Repubblica 25.09.11

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Galan chiede di commissariare il ministro “Mi stupisco che non si sia ancora dimesso”. di Paolo Griseri

Gli ho detto: finiremo con i conti in ordine e senza un voto. E lui: ma i conti non sono in ordine
Ritrovarsi sul tavolo un tomo da 800 pagine del ministro senza discuterne è un metodo sbagliato
Tremonti? Un ministro da commissariare. Il collega della Cultura, Giancarlo Galan, concede al titolare dell´Economia solo l´onore del giro di parole: «Commissariare è un po´ brutto. Chiamiamola nuova collegialità».
Ministro Galan, come giudica gli attacchi a Tremonti?
«Sa che mi ero ripromesso di tacere?».
Come mai?
«Perché quando si realizza quel che hai chiesto da tanto tempo, è meglio gioire in silenzio».
Che cosa si sta realizzando?
«Che finalmente molti si rendono conto di quanto sia stato sbagliato lasciare a Tremonti la regia quasi unica delle scelte economiche».
Non è sempre stato così in Italia?
«Quando si è trattato di compiere scelte difficili, penso alla scala mobile, c´è stata una regia a Palazzo Chigi con molti ministri coinvolti. Non si è lasciata la scelta al solo ministro delle Finanze».
Invece oggi?
«Da via XX settembre le decisioni calavano a palazzo Chigi. La prima manovra, quella di agosto, l´ho letta sui lanci di agenzia che mi portavano durante il Consiglio dei ministri, due minuti prima che parlasse lui».
Rapporto difficile con Tremonti?
«Pensavo che il Consiglio dei ministri fosse un organo collegiale, non un uomo solo al comando».
Ha mai protestato per questo?
«Certo. Appena arrivato l´ho fatto con due colleghi del governo».
Quali?
«Non glielo dico».
Che cosa le hanno risposto?
«Io mi lamentavo: dicevo, non sono venuto qui per fare il sottosegretario di Tremonti. Uno di loro mi ha risposto: sei un presuntuoso, certi sottosegretari contano più di te».
I ministri che devono spendere se la prendono con quello che deve tagliare. Fisiologico no?
«C´è modo e modo. La strategia delle cose fatte è la peggiore. Arrivare a Palazzo Chigi e trovarsi sul tavolo un tomo da 800 pagine con le indicazioni del ministero senza averle potute discutere, prendere o lasciare, è un modo sbagliato».
Altri errori secondo lei?
«Non dimenticherò mai la scena di Bondi che in Consiglio dei ministri si lancia in un appello accorato (lui faceva sempre appelli accorati) a difesa del Fus, diceva guardate che i musei stanno per chiudere».
E Tremonti?
«Niente. Salvo poi una sera incontrare Muti e Alemanno e uscirsene con “veni, vidi, capii”. Bondi è un signore e ha trangugiato. Ma se fosse capitato a me…».
Se fosse capitato a lei?
«Beh, gliene avrei cantate quattro».
Lo ha mai fatto?
«Una volta gli ho detto: “Guarda che se vai avanti così finiremo con i conti in ordine e senza un voto”. Lui mi ha risposto: “Ma i conti non sono in ordine”. Capito? Abbiamo fatto un sacrificio inutile».
Non è quello che chiede l´Europa di mettere i conti in ordine?
«L´Europa ci chiede di fare quel che abbiamo promesso agli elettori: meno burocrazia, più privatizzazioni, meno tasse per favorire la ripresa. Se si abbassano le tasse la gente le paga di più».
Tremonti non fa questo?
«Tremonti è un socialista statalista. Fa il contrario di quel che abbiamo promesso ai nostri elettori. Per questo perdiamo consensi. Non è che le ragazze e tutto il resto ci aiutino, ma questo è il vero problema, la politica economica».
Se non ci fosse la crisi internazionale, avrebbe chiesto le dimissioni di Tremonti?
«Tremonti sarebbe un ottimo ministro delle Finanze. Se ad affiancarlo ci fosse un ministro del Tesoro».
Lei avrebbe chiesto le dimissioni di Tremonti?
«Devo dirle la verità: mi stupisce molto che non si sia ancora dimesso lui».
Pensa al caso Milanese?
«No, penso al fatto che nel governo le sue scelte di politica economica non sono apprezzate»
Con la «nuova collegialità» in economia arriverete al 2013?
«Sono contrario al voto anticipato. Così abbiamo 18 mesi di tempo per ripartire con slancio con scelte coerenti con il nostro programma elettorale».
E nel 2013 pensate di vincere?
«Se siamo stati coerenti possiamo giocarcela. Poi scelgono gli elettori. Anche Churchill perse le elezioni».
Sì ma lui aveva vinto la seconda guerra mondiale…
«Effettivamente il paragone è un po´ ardito».

La Repubblica 25.09.11